Sudan: un missionario al Sir, “il popolo non accetterà il golpe in silenzio”
“Il popolo sudanese non accetterà il colpo di Stato dei militari in silenzio. Il 90% della popolazione è contraria, anche se internet è stato bloccato si stanno organizzando per scendere in piazza a protestare”: lo dice oggi al Sir un missionario che per ragioni di sicurezza preferisce l’anonimato.
Sarebbero almeno una decina, secondo la Bbc, le persone rimaste uccise in Sudan dopo le denunce sull’intervento di forze militari accusate di aver aperto il fuoco contro i manifestanti durante le proteste seguite al colpo di Stato militare di ieri. “Ora c’è molta confusione e grandi difficoltà nelle comunicazioni – riferisce -. La gente sta scendendo in strada in modo spontaneo ma nei prossimi giorni sicuramente si organizzeranno, ci saranno scioperi”. Sul rischio che le proteste vengano represse ancora di più con la forza dice: “Mi auguro di no ma è anche vero che tutte le armi del mondo non possono nulla di fronte alla reazione compatta del popolo”. Il missionario, in Sudan per 18 anni, ricorda le manifestazioni di due anni e mezzo fa, quando il popolo riuscì a dar vita ad una rivoluzione pacifica che aveva portato al governo civile ora deposto, nell’ambito di un processo che prevedeva elezioni dopo tre anni. “Anche se tra mille difficoltà stavano lavorando bene – commenta -. Quanto accaduto è il segno che non c’è la volontà di andare ad elezioni, perché i militari vogliono gestire il potere”. Nelle ultime settimane, racconta, “molte persone sono state pagate per andare a manifestare contro il governo civile. C’è stata una manipolazione che ha presentato l’operato del governo civile come incapace. Tutte le situazioni sono state esasperate per giustificare il golpe. È una lotta di potere che deriva da un retroterra di trent’anni, con i militari che hanno gestito i servizi segreti, affiancati da milizie impegnate in Darfur e sulla rotta dei migranti verso la Libia”. Secondo il missionario, il golpe militare potrebbe essere appoggiato da Paesi come l’Arabia Saudita, “che vorrebbe coinvolgere i sudanesi nella guerra in Yemen”, ma anche come la Cina, la Russia e la Turchia, che hanno interessi in loco e “stanno cercando di espandersi in Africa”. Intanto gli Usa hanno sospeso gli aiuti al governo sudanese ma il missionario avverte: “Le sanzioni hanno sempre fatto soffrire solo il popolo e non hanno mai risolto i problemi. Sarebbe invece necessaria una delegittimazione da parte della comunità internazionale. Ma ho il timore che gli Stati Uniti si tireranno fuori”.