Spunti di vista. Dopo il virus tornerà la normalità. Ma una differente normalità
Da una scuola dell'infanzia con nido integrato: "La scuola è dovunque ci sia un ragazzo che vuole imparare e qualcuno con lui"
Oggi sono passato a scuola, giusto per vedere come stava, se aveva bisogno di qualcosa. «Non c’è nessuno qui», mi avvisa appena entro. «Esattamente un mese fa i bambini avrebbero dovuto rientrare da quella porta, ma non li ho più visti». «Vero, non ci avevo pensato che è già passato un mese – rispondo – Sai, i bambini sono tutti a casa, anche i loro genitori. Ognuno sta a casa, oppure si muove il minimo indispensabile. È per la faccenda del virus. È tutto strano là fuori, e tutti sono preoccupati. Qui invece, tutto bene?».
«Sì, sì, nessun problema, come vedi qui è tutto in ordine. Io aspetto, non c’è fretta. Prima o poi tornano, i bambini. Come quando facciamo pausa in estate o a Natale. Come quando li saluto il pomeriggio all’uscita e poi il giorno dopo li rivedo entrare. Lo so che una mattina, guardando verso il corridoio di ingresso, vedrò finalmente comparire una bambina per mano alla sua mamma, e poi un bambino con il suo papà, e poi un’altra e un altro ancora, e poi arriverà il pulmino ed entreranno in gruppo, correndo e gridando, e poi... poi tutto tornerà...». «Certo! – intervengo – Là fuori lo dicono tutti, non vedono l’ora che le cose tornino come prima, e ripetono che tutto andrà bene». Lei mi corregge: «Non so se tutto andrà bene, anche se lo spero di cuore. E spero anche che tutto torni, sì, ma non come prima. Non potrà tornare tutto come prima, non sarebbe giusto, non sarebbe logico. Ma secondo te, dopo una giornata di scuola, un bambino torna come prima?». Fa una pausa, io attendo, lei riprende: «Dopo una giornata di scuola un bambino è diverso, è cresciuto, è diventato… di più. Ogni lezione, ogni esperienza cambia le persone, le rende più ricche, più mature. Ecco, ti pare che una lezione come questa, un’esperienza così forte lasci tutto come prima?». Non oso interromperla. «Tornerà la normalità, sì, ma sarà una normalità diversa, in cui sapremo cose nuove, avremo visto e toccato e pensato cose nuove. Non sarà come prima, sarà meglio di prima».
Siamo arrivati al salone e le dico, a voce bassa: «Spero tu abbia ragione, mi fa piacere che tu sia ottimista. D’altra parte tu sei una scuola, e la scuola è fatta proprio per insegnare cose e per migliorare le persone. Ma non sempre le persone sono brave a imparare e a migliorare». Do uno sguardo intorno. «E poi, guarda qui, è tutto in sospeso. Aule vuote, salone vuoto, mensa vuota. La scuola è ferma e i bambini perdono un pezzo importante del loro percorso».
Sorride, mi prende per mano e mi porta davanti alla finestra che dà sul cortile. «Vedi là fuori le margherite nel prato?». Le vedo, e non c’erano un mese fa. «Ecco, ti pare che io sia ferma? Qui non c’è nessuno ora, ma io non sono ferma. Ogni margherita che nasce, ogni filo d’erba che cresce, ogni foglia che spunta è scuola. Ogni bambino che a casa sfoglia un libro o fa un disegno o scopre un gioco è scuola. Ogni mamma che inventa una storia per raccontarla a suo figlio e ogni papà che sceglie un film per vederlo con sua figlia è scuola. Ogni nonno che telefona al nipote perché non lo vede da tanto e gli mostra a parole ciò che di solito gli mostra dal vivo è scuola. Ogni persona che si ammala e guarisce e anche ogni persona che si ammala e non ce la fa, anche quello è scuola. Ogni parola, ogni emozione, ogni pensiero, ogni idea per stare vicini senza avvicinarsi, per correre senza muoversi, per volare stando in casa, tutto questo è scuola. Qui ora non c’è nessuno, ma neanche io sono qui. Io sono come la casa, come la chiesa, come i sentimenti. Io sono ovunque ci sia un bambino curioso, un genitore disponibile, un nonno affettuoso, un paziente preoccupato, un medico che non si stanca mai e un infermiere che non dice mai di no. Ti pare che adesso io sia ferma? Io sto ferma solo se tu decidi di fermarmi. Io mi fermo solo se ognuno, giorno per giorno, istante per istante, sceglie di fermarmi. Altrimenti io sono sempre al lavoro».