Sostenibilità: ora o mai più. Verso la Settimana Sociale di Taranto. Sabato 3 luglio convegno del Nord Italia a Padova
Il 3 luglio a Padova una tappa della 49a Settimana sociale si svolge nella città del Santo. L’occasione per fare il punto tra i delegati del Nord Italia su lavoro, salute e ambiente, temi oggi ancora in conflitto. Esiste, però, una strada verso l’ecologia integrale
La direzione verso Taranto e la 49ª Settimana sociale è segnata e ha nel 3 luglio la sua tappa padovana, giorno in cui si incontrano i delegati del Nord Italia per un seminario dal titolo “La transizione ecologica: il contributo del mondo delle imprese e del lavoro”. Una prima occasione per discutere insieme intorno alle proposte formulate in vista della plenaria di Taranto, città che più di ogni altra in Italia è divenuta simbolo del conflitto tra lavoro, salute e ambiente. L’incontro di Padova rappresenta anche un primo momento di confronto fra tutti i partecipanti, attraverso la presentazione dei dossier redatti nei mesi scorsi dai vari gruppi tra lavoro, salute e ambiente secondo le direzioni indicate dall’Instrumentum laboris, documento che fa da sfondo valoriale e di contesto.
«All’improvviso nel mondo globalizzato ha fatto irruzione il Coronavirus sorprendendo tutti per il carico di morti che ha procurato, per il dolore e le sofferenze che ha seminato, per la paura che ha insinuato, per le certezze che ha distrutto»: inizia così l’Instrumentum, il testo redatto dal Comitato scientifico delle Settimane sociali dei cattolici italiani, rimettendo al centro di tutto l’esperienza della pandemia e le riflessioni che da questa sono scaturite.
Nei due o tre momenti di confronto avvenuti nei mesi di marzo e aprile, la quindicina di delegati del Nord Italia ha potuto mettere in comunione le esperienze e le buone pratiche di ciascuno, ma anche riflessioni sulle fatiche e le lentezze nel vivere la transizione ecologica. A guidarli un gruppo di coordinatori scelti fra docenti universitari, sindacalisti ed esponenti del terzo settore. «Siamo partiti dal documento – spiega Matteo Mascia, curatore assieme a Davide Maggi del gruppo di lavoro sull’economia circolare – poi nei tavoli abbiamo coinvolto una serie di realtà che ci interessava sollecitare: il mondo dell’impresa, dell’università, quello sociale e sindacale ma anche alcune figure giovani che avessero in qualche modo partecipato all’incontro “The Economy of Francesco”. Nella scheda abbiamo riassunto i due momenti di confronto, andando a evidenziare tanto gli aspetti problematici quanto le proposte per cogliere le opportunità dell’economia circolare».
«Il lavoro dentro al gruppo è stato un coinvolgimento appassionato delle persone e per questo grandemente efficace – gli fa eco Giovanni Teneggi, impegnato a fare il punto sul gruppo capitale umano e capitale sociale – Abbiamo risultati e sintesi interessanti in termini di praticabilità e pertinenza per quanto riguarda la transizione ecologica e avviene quando le persone sono completamente coinvolte e c’è un impastamento complessivo di competenza, consapevolezza civile e personale. L’impresa che tiene insieme istante comunitarie, personali e ambientali dentro un mercato nell’ottica della sostenibilità economica è possibile, non è una scommessa residuale rispetto alla vicenda del mondo. Un recupero pieno anche sotto l’aspetto economico che implichi una riconciliazione di temi come sussidiarietà, beni comuni dentro una transizione immaginata tenendo in mano quella visione integrale e responsabile esplicitata dalla Laudato si’ e dalla Fratelli tutti».
La giornata del 3 luglio si prefigge quindi d’essere un giro di boa essenziale per fare sintesi e integrare le esperienze degli ultimi mesi, racchiuse nelle schede: utile strumento su cui costruire occasioni d’incontro e dialogo con tutte le realtà operanti nelle diocesi per fornire nuove e più fresche energie a quel grande dibattito che si va costruendo nel Paese anche intorno al Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Il lavoro adesso è capire come le tante buone idee emerse dai gruppi saranno poi effettivamente realizzabili: come collegarle, per esempio, la realtà del Pnrr che le ha mediate con quella economico-finanziaria del Paese – ragiona Giorgio Santini, del gruppo riduzione del consumo di natura nelle attività imprenditoriali, introducendo anche al grande tema dell’ecologia integrale – Il vero punto non è se fare la transizione ecologica ma come e quando farla. Il messaggio che emerge da questi gruppi è che serve una cultura diversa rispetto a quella che ci ha accompagnato finora. Dobbiamo ricostruire la gerarchia delle nostre priorità in un’ottica di sostenibilità, anche per le prossime generazioni perché se le risorse finiscono e utilizzandole diamo vita a grandi distruzioni, come possiamo andare avanti?».
Una visione totale dei problemi non può prescindere dall’impatto che hanno le tecnologie, – necessarie per la transizione – sulla vita delle persone come sperimentato in questi mesi con il lavoro da remoto. «Questo è un tema che mi sfida molto, essendo anche uno dei miei ambiti di ricerca e una questione che vivo sulla mia pelle – mette subito in chiaro Teresina Torre, curatrice della scheda digitalizzazione e dematerializzazione— Il tema che non è mai stato affrontato è quello della consapevolezza personale: le potenzialità di questo modo di lavorare sono enormi ma è altrettanto vero che si rischia di scivolare in un continuum lavorativo, con il lavoro che ingloba la vita. Non è tanto la professione il problema quanto l’atteggiamento del singolo verso la tecnologia: mi colpisce sempre molto quando vedo le mamme ai giardinetti molto più concentrate sui loro cellulari, sui social, che sui bambini che hanno intorno. Con la tecnologia bisogna convivere, bisogna averla in mano, capirla fino in fondo ma occorre un’educazione al suo utilizzo e non a farsi usare, questo è un ritardo cronico del nostro mondo educativo. Credo questo sia il vero problema: non dico che non bisogna tutelare il diritto alla disconnessione in ambito lavorativo, dico solo che è il terreno su cui bisogna muoversi in modo meno ideologico».
Il nodo della transizione diventa quindi tutto legato all’accettazione e all’inclusione di tutta la comunità nel percorso di costituzione di un futuro completamente sostenibile. «Ora, mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia – ha detto papa Francesco durante l’omelia nella ricorrenza della Divina Misericordia – si insinua proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso».
Non lasciare indietro nessuno è il completamento naturale di quel «nessuno si salva da solo» pronunciato il 27 marzo 2020, quando il papa – da solo in una piazza San Pietro gremita solo virtualmente di fedeli – affidò al Signore le sofferenze della pandemia: «Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, chiamati a remare insieme e a confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme».
L’ecologia integrale sotto la lente
Portata agli onori delle cronache dall’enciclica Laudato si’ promulgata nel 2015 da papa Francesco, l’ecologia integrale vuole mettere in relazione l’ambiente naturale, la società e le sue culture, le istituzioni e l’economia in un’ottica di integrazione e connessione.
Il grande bluff dell’ecologismo di facciata
Il greenwashing è una strategia di comunicazione di imprese, organizzazioni o istituzioni politiche per costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi. Giovanni Teneggi spiega che «il greenwashing è una presa in giro, dare una mano di verde per nascondere dalla realtà. Questi argomenti non vanno affrontati in termini furbi o propagandistici, non vanno aggirati: il problema è reale, ruvido. Il Pnrr si concentra molto sulla produzione delle energie rinnovabili: sicuramente bisogna sfruttare al massimo il potenziale dell’energia eolica e solare ma bisogna responsabilizzare di pari passo le persone».
Gli incontri in programma. Le proposte verso Taranto
La sede prescelta per l’incontro padovano è quella del complesso del Beato Pellegrino, esempio virtuoso di rigenerazione urbana condotto dall’Università nel cuore della città in quello che fu per decenni ospedale geriatrico. Una storia lunga quella del complesso che ora ospita 18 aule e una biblioteca da oltre 356 mila volumi. Iniziata con la chiusura nel 1806 del monastero femminile benedettino che ne aveva fino a quel momento animato i chiostri è proseguita fra alterne vicende, bombardamenti e occupazioni, fino ai giorni nostri.
L’incontro preparatorio alla Settimana sociale è poi soprattutto una prima occasione per discutere insieme intorno alle proposte formulate in vista della plenaria di Taranto del 21-24 ottobre 2021. II seminario inizia quindi con la relazione dell’arcivescovo di Modena e vescovo di Carpi, Erio Castellucci, dal titolo “Per una cultura della cura, della bellezza e dell’incontro dalla Laudato si’ alla Fratelli tutti”. Segue successivamente la presentazione delle schede tematiche e il dibattito fra i partecipanti ai tavoli di lavoro.
A separare i due momenti, un concerto del quartetto d’archi composto da Chiara Zatterin, Francesca Baldo, Ludovica Mayer e Vasil Angelov. Dopo il pranzo offerto da Coldiretti, Giuseppe Tripoli, segretario generale Unioncamere, introduce il dibattito del pomeriggio con un intervento dal titolo “Le imprese e la transizione ecologica: a che punto siamo nel Nord Italia”.
Nel corso della giornata, poi, è in programma una tavola rotonda a tema “Il contributo del mondo delle imprese e del lavoro per la transizione ecologica” a cui partecipano Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna; Maria Cristina Piovesana, presidente e amministratore delegato di Alf Group e vicepresidente nazionale Confindustria; Alessandro Vandelli, amministratore delegato Bper; Stefano Granata, imprenditore e presidente Federazione nazionale cooperative sociali di Confcooperative. Conclude la giornata Marco Arnolfo, vescovo di Vercelli e membro del Comitato scientifico delle Settimane sociali dei cattolici italiani.
Padova è anche la sede prescelta per la presentazione delle schede redatte durante gli incontri tematici dei mesi scorsi dei vari gruppi di lavoro e presieduti da docenti universitari ed esponenti della società civile. Questi documenti riassumono l’esperienza e le competenze dei vari partecipanti ai tavoli e provenienti dalle più diverse realtà ecclesiastiche, associative e professionali. Una volta condivisi, costituiranno la base per il lavoro delle diocesi e delle comunità in vista della plenaria di Taranto, quando verranno confrontate dagli analoghi elaborati provenienti dal resto d’Italia.
Le comunità devono prepararsi alle sfide future
Per affrontare e sostenere la transizione ecologica, uno dei nodi fondamentali riguarda l’educazione. Educazione che passa inevitabilmente dai più giovani con attenzione all’ecologia integrale, alle nuove sfide lanciate da un’economia che facendosi circolare arriva ad abbracciare davvero ogni aspetto del territorio e della vita delle persone. «Il termine comunità educante — spiega Giovanni Teneggi, ripercorrendo il lavoro fatto per la stesura della scheda sul capitale umano e capitale sociale — emerge come dimensione eco-sistemica di luogo in questa costruzione progressiva di un orizzonte da raggiungere. C’è una partecipazione alla creazione che si rivela a noi quando affrontiamo la dimensione dell’apprendimento».
Si torna, dunque, a immaginare una comunità che investa sulla propria formazione dal basso.
Lo sfruttamento dei dati, conseguenza dell’era digitale
La digitalizzazione spinta ha portato alla ribalta un grande numero di problematiche finora appannaggio di una ristretta minoranza di addetti ai lavori: dal diritto alla disconnessione passando per la sicurezza delle reti è forse nella gestione dei dati che si concentra l’interesse dei più.
«Chi ha capito benissimo il valore dei dati sono le imprese che lo sfruttano in maniera più spinta — spiega Teresina Torre — Tutti noi come cittadini l’abbiamo compreso molto poco e il nostro comportamento online lo dimostra. Io confido che con il Pnrr, spingendo sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione, si arrivi a una certa consapevolezza e a mettere alcuni paletti normativi sulla questione. Troppo spesso ci dimentichiamo che dietro le macchine c’è sempre qualcuno e quel qualcuno deve imparare a essere responsabile delle proprie azioni».