Settimane sociali. Il racconto conta molto. La testimonianza di più

Lo ammetto. Sono vittima di deformazione professionale, ovvero quella tendenza a giudicare e valutare il mondo secondo i principi – e la materia – del mio lavoro, cioè il giornalista e il comunicatore.

Settimane sociali. Il racconto conta molto. La testimonianza di più

Per questo, partecipando nei giorni scorsi alla 50a Settimana sociale dei cattolici in Italia – per lavorare, appunto, alla sua comunicazione – non ho potuto far altro, incontrando e intervistando testimoni di buone pratiche, esperti e delegati da tutta Italia, che pensare ai risvolti comunicativi di partecipazione e democrazia. Anche nelle (lunghe) chiacchierate con persone impegnate, nonché veri e propri testimoni di dottrina sociale della Chiesa incarnata, mi sono ritrovato, quasi senza volerlo, a condurre ogni riflessione, ogni problema, ogni fronte aperto e ogni soluzione allo storytelling, all’informazione (e alla disinformazione) all’immagine che i media danno della politica, agli effetti che social e ora le intelligenze artificiali inducono nella creazione di consenso, nella partecipazione democratica (o nella sua assenza). Ma, incontro dopo incontro, stand dopo stand, storia dopo storia, mi sono accorto che la ricchezza della realtà da cui ero circondato non poteva essere riassunta da uno schemino chiuso fatto di flussi, di cause ed effetti; che una comunicazione malata, a tratti persino tossica, spesso è un effetto, più che la causa, delle polarizzazioni, della perdita di legame sociale, della sfiducia e dell’isolamento individualistico. Gigi De Palo mi ha dato la risposta che cercavo: «Servono persone che vogliano dare la loro vita come Cristo anche oggi». Ho avuto modo a Trieste di incontrare alcune di queste persone. Ne servono di più, anche in politica: saranno loro a scardinare, semplicemente con forza della loro testimonianza, le bolle mediatiche e la contrapposizione perenne che inaridiscono la nostra società.

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