Servizio civile e certificazione delle competenze, ancora troppe le questioni aperte

CSVnet interviene sulla mozione approvata alla Camera a fine aprile. Un risultato importante per l’istituto ma restano ombre sui percorsi di tutoraggio: “Troppi aspetti tecnici ancora da chiarire, che,  insieme ai tempi stretti, possono avere conseguenze sulla presentazione dei progetti. Auspichiamo un confronto strutturato con il dipartimento”

Servizio civile e certificazione delle competenze, ancora troppe le questioni aperte

La mozione unitaria sul servizio civile universale votata alla Camera lo scorso 27 aprile rappresenta un passo in avanti per il potenziamento dell’istituto e per il riconoscimento del suo ruolo essenziale per la crescita dei giovani.

Importante l’impegno dimostrato, come sottolineato dalla stessa ministra Dadone, di superare gli aspetti macchinosi e i ritardi della normativa vigente non attraverso una revisione organica, ipotizzata in precedenza, ma con interventi specifici e puntuali sulla legge in atto.

Restano tuttavia ancora dei nodi importanti da sciogliere sui percorsi di tutoraggio, che da quest’anno sono collegati alla misura sulla certificazione delle competenze acquisite dagli operatori volontari durante il servizio, con l’obiettivo di realizzare un accompagnamento efficace dei giovani verso il mondo del lavoro.

Si tratta di un vincolo che sta generando diverse difficoltà – commenta Chiara Tommasini presidente di CSVnet, l’associazione nazionale dei centri di servizio per il volontariato - come ribadito più volte da tutto il sistema dei Csv e anche all’interno della Consulta nazionale degli enti di servizio civile di cui facciamo parte, perché orienta il servizio civile verso la formazione professionale e la ricerca attiva del lavoro più che sui valori storici della difesa non armata e non violenta del Paese e delle comunità che lo compongono”.

Ci sono poi numerose questioni aperte sulla misura – come la mancanza in quasi tutte le regioni di albi degli enti titolati a certificare le competenze – a cui si somma la assenza di tempi tecnici necessari ad inserire le azioni sulla certificazione delle competenze nei progetti, con il rischio di creare forti disparità tra le regioni e di disincentivare l’adozione della misura da parte degli stessi enti, penalizzandone fortemente i progetti nelle graduatorie, dal momento che alla misura delle competenze è associato un punteggio molto alto.

“Più volte, nei mesi scorsi, abbiamo fatto proposte in tal senso e ribadito al dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale, la necessità di ridurre gli effetti negativi che sta generando questa disposizione, sia dal punto di vista metodologico che dell’efficacia rispetto agli obiettivi che si pone” spiega la presidente di CSVnet.

“In consulta abbiamo ribadito che si sarebbe potuto facilmente intervenire separando la misura “tutoraggio” dalla certificazione e intervenendo sul punteggio.

Se non si interviene in modo deciso su queste disposizioni il rischio per il sistema dei Csv è anche quello di disperdere il percorso di sperimentazione pluriennale promosso da CSVnet per l’attestazione delle competenze dei volontari di Servizio civile universale e che attualmente coinvolge 7 centri di servizio per circa 1.000 operatori volontari”.

Viste le difficoltà già evidenziate in passato dagli enti su altri fronti, come gli accavallamenti e i tempi stretti per la presentazione dei progetti, secondo la presidente di CSVnet “sarebbe stato auspicabile un lavoro più comune e un confronto strutturato con il Dipartimento al fine di scongiurare possibili conseguenze in occasione dell’uscita delle graduatorie legate ai prossimi programmi e progetti, con il rischio ulteriore di bloccare importanti opportunità di crescita per migliaia di giovani”.

“Auspichiamo quindi l’apertura di un dialogo anche in vista della prossima legge di stabilità che prevede lo stanziamento di fondi ordinari per l’impiego 70mila giovani, risorse che potrebbero essere in parte impegnate per avere le certificazioni, con la conseguenza di ridurre il numero dei posti da mettere a bando”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)