Salario minimo o salari minimi? Difficile stabilire a livello nazionale una cifra che soddisfi ogni esigenza
Costo della vita, disponibilità di manodopera, 46 contratti nazionali: tutti i nodi del salario minimo
Nei mesi scorsi c’è stata una sarabanda di prese di posizione politiche per introdurre anche in Italia un salario minimo orario per tutti: una montagnola che ha partorito un topolino laddove il governo non ha poi dato seguito alle varie proposte. Varie le ragioni per cui tutto s’è impantanato, la principale delle quali era: ma se l’Italia ha un ottimo sistema di contrattazione collettiva, perché stabilire ex lege un minimo salariale? Così si minano alla base le relazioni industriali tra aziende e sindacati.
Tutto vero, ma in teoria. Nel senso che l’Istat ha dato i numeri, che parlano da soli: 46 contratti nazionali in vigore per poco più di 6 milioni di lavoratori, cioè meno della metà dei dipendenti. C’è di peggio: si rinnovano solo quelli esistenti nei settori che “tirano”, dove insomma c’è l’interesse di tutti a far funzionare bene le cose. Quelli in attesa di rinnovo sono più della metà, e più della metà dei lavoratori con loro. In particolare due settori chiave come il metalmeccanico e le costruzioni.
E ancora: tanti nuovi lavori sono sprovvisti di contrattazione collettiva; esistono contratti “finti” fatti da sindacati fantasma che coprono situazioni di sfruttamento; esiste una platea sempre più ampia di lavoratori che non riesce a campare con gli scarsi guadagni. Infine: sta esplodendo la questione del costo della vita differenziato tra varie aree del Paese, laddove vivere a Torino costa il doppio che a Campobasso. Ma se le retribuzioni contrattate sono uguali…
Come al solito, i fatti stanno superando le parole. A Milano c’è chi ha proposto alle imprese del territorio di agire autonomamente, portando il salario minimo orario a 10 euro: chi lo farà, ne avrà un vantaggio reputazionale dentro e fuori l’azienda. Ma la scarsità generalizzata di personale sta comunque muovendo in alto le retribuzioni, almeno quelle individuali: se a certe cifre nessuno viene a lavorare da te, per forza di cose dovrai offrire di più.
Ci sono però anche tanti settori economici dove questa dinamica salariale è più difficile, la contrattazione sindacale inesistente, lo sfruttamento aleggiante. Ecco che un minimo per tutti taglierebbe la testa al toro. Scontrandosi però con i dati di fatto di cui sopra: il costo della vita, la disponibilità di manodopera. Difficile quindi stabilire a livello nazionale una cifra che soddisfi ogni esigenza. Ma questa non può essere una scusa per la politica di schivare un tema cruciale qual è il lavoro.