“Ronzini” d’assalto. Su AppleTv+ la miniserie “Slow Horses” dal romanzo di Mick Herron
Una spy story tra le maglie del Servizio segreto britannico. Protagonisti Gary Oldman e Kristin Scott Thomas.
Bond di “seconda mano”. Non ci sono solo Ian Fleming e la sua celebre creatura letteraria James Bond. Si allunga infatti l’elenco di riusciti agenti speciali al servizio di sua Maestà usciti dalla penna di giallisti d’Oltremanica. Accanto a Bond, nei ranghi dell’MI6, il cui campo d’azione è quello esterno, si è aggiunto Jackson Lamb, agente tra le fila dell’MI5, dedito alla sicurezza interna del Paese, figura protagonista dei romanzi di Mick Herron, soprattutto del folgorante “Un covo di bastardi” (2010). AppleTV+ e See-Saw Films hanno prodotto l’adattamento con il titolo “Slow Horses”, miniserie in 6 episodi rilasciata ad aprile 2022. Alla regia James Hawes (“Black Mirror”), mentre tra gli sceneggiatori figura Will Smith (omonimo dell’attore), creatore di “Veep”. Punto di forza del crime è il cast, dal Premio Oscar Gary Oldman a Kristin Scott Thomas e Jonathan Pryce, insieme ai giovani in ascesa Jack Lowden e Olivia Cooke.
Nel Pantano. Londra oggi. River Cartwright è un promettente agente MI5. Per un errore compiuto in una missione sotto la direzione dell’influente Diana Taverner viene spedito nel “Pantano”, un ufficio considerato il “Purgatorio” professionale. Lì lavorano gli “Slow Horses”, gli agenti degradati (“ronzini”), coordinati da Jackson Lamb, un veterano cinico e scaltro. Il rapimento di un giovane musulmano rimescola però le carte…
Pros&Cons. Come 007, la linea portante è una fumosa spy story con pennellate crime, in questo caso anche molto cupa e violenta, intervallata da inserti di umorismo inglese corrosivo. A differenza però delle atmosfere seducenti alla Fleming, Herron ci racconta gli scartati dall’Intelligence, quelli senza glamour e fascino: agenti “bolliti” in cerca di una seconda occasione. In verità, il team risulta ben assortito e affiatato, a partire dal capofila Lamb, che seppure sembri vinto dalla vita, imbolsito e avvitato nel binomio autodistruttivo bottiglia-sigaretta, quando l’occasione chiama – un misterioso sequestro a sfondo estremista-politico –, rispolvera subito intuito, azione e genio. Gary Oldman si diverte, e non poco, a caratterizzare questo personaggio così stropicciato e malconcio ma dalle brillanti doti e risorse.
Nell’insieme “Slow Horses” – già in seconda stagione – decolla sin dal primo episodio con decisa intensità e compattezza, alternando scene d’azione da poliziesco adrenalinico con un’ambigua pista investigativa, che scava sin nel cuore dell’MI5, tra luci e (molte) ombre. Sul tracciato di “Homeland”, il racconto ci conduce nelle pieghe dell’Intelligence tra eroi solitari e mele marce. Non ci si può fidare di nessuno. E proprio questo clima di sospetto è un altro elemento chiave nella serie, che procede agile e solida sino alla chiusura. Il black humor è poi un prezioso condimento che dà un twist di gusto ricercato e godibile. Promossa a pieni voti, la serie è complessa, problematica e per dibattiti.