Reddito di cittadinanza. Quasi la metà dei beneficiari sono lavoratori poveri
Secondo un’indagine dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) i working poor sono circa il 46%. Pesa la crisi dovuta dal Covid-19 e i ritardi dei Centri per l’impiego. Il presidente Fadda: “Basterebbe migliorare le condizioni retributive e lavorative di questi lavoratori per dimezzare l’attuale numero dei beneficiari”
Quasi la metà dei percettori del Reddito di cittadinanza sono lavoratori poveri, ma tra i beneficiari i precari non sono i più numerosi: sono molti di più i lavoratori che presentano una condizione di lavoro “standard” sia rispetto ai disoccupati che agli inattivi. È questo il dato più allarmante che emerge dall’indagine Plus riferita al 2021 dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) pubblicata oggi. La ricerca, rappresentativa dell’intero territorio nazionale su un campione di oltre 45.000 individui dai 18 ai 74 anni, affronta diverse questioni relative ad una misura che troppo spesso è stata “oggetto di interpretazioni non sostenute da evidenze scientifiche e basate su letture parziali, che ne sviliscono la funzione e il ruolo”, si legge nel report, quando invece “le stime evidenziano la portata della politica, ma anche l’importanza di regolare al meglio il suo disegno”. Dalle analisi dell’Inapp emerge ad esempio che per oltre il 77% delle famiglie beneficiarie, il Reddito di cittadinanza risulta essere una risorsa “indispensabile” e allo stesso tempo il report evidenzia come la fetta di popolazione in difficoltà sia molto più grande di quello che i numeri ufficiali del Rdc dicono: secondo l’Inapp, infatti, esiste una “domanda potenziale di RdC di 3 milioni di famiglie che, rispetto alle caratteristiche socioeconomiche risultano vicine all’1,8 milioni di famiglie già beneficiarie”. Oltre alla platea dei percettori del RdC, infatti, ci sono “circa 1,6 milioni di famiglie che intendono fare richiesta della misura di sostegno a breve e 1,4 milioni di nuclei la cui domanda non è stata accolta. La domanda evasa e potenziale di sostegno è dunque assai rilevante”.
A dare il colpo di grazia alle precarie condizioni finanziarie di tante famiglie italiane è stata la crisi sanitaria. “Oltre 814 mila cittadini, in rappresentanza di altrettante famiglie, hanno percepito il Reddito di cittadinanza già da prima dell’emergenza Covid19 - spiega una nota dell’Inapp -, pari al 45% dei percettori. Poco più di 1 milione di famiglie (il 55%), invece, ha iniziato a percepire il RdC durante la crisi sanitaria”. È proprio durante la pandemia da Covid-19 che il Reddito di cittadinanza ha “dispiegato i suoi effetti”: “Nel periodo pre-pandemico il 37% dei beneficiari erano occupati - si legge nel report -, mentre durante la congiuntura, a causa della crisi economica dovuto al distanziamento sanitario, i beneficiari working poor aumentano al 52%”. È l’impressionante numero di lavoratori poveri, quindi, a rappresentare il dato più interessante proposto dalla ricerca dell’Inapp. Secondo lo studio, infatti, nel 2021, il 30% dei percettori del Rdc ha un lavoro standard e non precario. Questa tipologia di lavoratori, quindi, è più numerosa dei precari, dei disoccupati e degli inattivi. I lavoratori standard sono 552.666, i precari 279.290, i disoccupati 451.685, gli inattivi 534.459. “Il Reddito di cittadinanza ha rappresentato un’ancora di salvezza per 1,8 milioni di famiglie, ma va notato che circa il 46% dei percettori risultano occupati con impieghi tali da non consentir loro di emergere dal disagio e da costringerli a ricorrere al RdC per la sussistenza - spiega Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp -. Si potrebbe dire che basterebbe migliorare le condizioni retributive e lavorative di questi lavoratori per quasi dimezzare immediatamente l’attuale numero dei percettori del Reddito di cittadinanza. Peraltro, anche la grande domanda potenziale (rilevata sempre tramite le risposte degli intervistati) rivela un 49,8% di simili “working poor”e ciò conferma la necessità di osservare il mercato del lavoro ben oltre il semplice aspetto del numero degli occupati per spingere analisi e interventi sul tema della qualità del lavoro, delle retribuzioni, della produttività, e della riduzione della precarietà”. Un'ulteriore conferma della debolezza del mercato del lavoro italiano viene data dai motivi addotti per il rifiuto delle proposte di lavoro pervenute ai beneficiari del Reddito di cittadinanza. Secondo l’Inapp, “il 53,6% indica l’attività non in linea con le competenze possedute, il 24,5% attività non in linea con il proprio titolo di studio, l’11,9% lamenta una retribuzione troppo bassa - spiega la nota -. Solo il 7,9% indica la necessità di spostarsi come causa prevalente del rifiuto". Il 78% dei rispondenti beneficiari del Rdc, quindi, ha rifiutato le proposte di lavoro a causa della modesta qualità delle stesse. Pesa anche il ritardo accumulato dai Centri per l’impiego. “Solo il 39,3% ha dichiarato di essere stato contattato dai Centri per l’Impiego e il 32,8% dai Comuni - si legge nel rapporto -. Ma di quel 40% circa contattato dai Centri per l’Impiego, a sua volta, solo il 40% ha sottoscritto il Patto per il Lavoro, e solo alla metà di questi è stata avanzata una proposta di lavoro (peraltro rifiutata dal 56% degli stessi)”. Tra i beneficiari contattati dai Comuni, invece, “solo il 30% ha sottoscritto un patto per l’inclusione sociale, e tra questi solo il 20% ha partecipato a Progetti di Utilità Collettiva”. Nonostante le difficoltà, i benefici di carattere psico-sociale percepiti dai beneficiari non sono da sottovalutare. Secondo l’Inapp, infatti, “il 64% dei beneficiari del Rdc dichiara di avere maggior fiducia nelle istituzioni, il 63% di aver avuto più tempo per la cura dei figli, il 61% di aver migliorato la sua condizione economica, il 58% ha fatto volontariato, il 54% percepisce un miglioramento della sua salute psico-fisica e, in generale, un beneficiario su due dichiara di aver aumentato la fiducia in sé stesso, nel futuro, nei rapporti con gli altri e nella classe politica”. Per Fadda, il Reddito di cittadinanza “si è dimostrato una misura utile per fronteggiare la diffusa povertà, notevolmente peggiorata sotto l’impatto del coronavirus, ma il perimetro della popolazione in condizione di vulnerabilità è più ampio - spiega il presidente dell’Inapp -. Una parte della popolazione resta esclusa in ragione degli stessi requisiti formali di accesso o per la scarsa informazione sulla policy. Inoltre, gli strumenti che al RdC sono stati affiancati per promuovere un miglior inserimento lavorativo e una maggiore inclusione sociale, stando ai dati sopracitati, si sono mostrati poco efficaci. È urgente guardare alle cause per giungere ad una ristrutturazione organica sia del sistema delle politiche attive del lavoro sia dei servizi sociali. Il problema non è solo, e non tanto, quello della disponibilità di risorse, quanto quello di utilizzarle in maniera efficiente nell’ambito di una pianificazione integrata delle politiche del lavoro con le politiche industriali e in genere con le politiche di sviluppo”. (ga)