Rapporto Svimez. Salari, “lavoro povero”, emigrazioni giovanili le questioni più urgenti per il Paese

Il Rapporto 2023 dell'Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno è stato presentato a Roma martedì 5 dicembre. L'analisi stima per quest'anno un aumento del Pil per le regioni meridionali pari allo 0,4

Rapporto Svimez. Salari, “lavoro povero”, emigrazioni giovanili le questioni più urgenti per il Paese

Salari, “lavoro povero” e migrazioni giovanili. Secondo la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) sono queste le questioni più urgenti per il Paese.

Il Rapporto 2023, presentato oggi, martedì 5 dicembre, a Roma, stima per quest’anno un aumento del Pil delle regioni meridionali pari allo 0,4% a fronte del +0,8% del Centro-Nord e di una media nazionale del +0,7%. Il dato però presenta forti differenziazioni regionali: si va dal +1,1 della Lombardia e dal +1% dell’Emilia Romagna allo +0,2% di Calabria e Sardegna.

Per il 2024 la previsione è di un andamento allineato tra Centro-Nord e Sud mentre nel 2025 si riaprirà il divario. Molto dipenderà comunque dall’attuazione del Pnrr, a cui la Svimez attribuisce un’importanza decisiva nell’evitare una recessione nelle regioni del Mezzogiorno: attualmente la quota di progetti messi a bando e delle aggiudicazioni presenta delle differenze molto significative rispetto al Centro-Nord, rispettivamente 31% contro 60% e 67% contro 91%. Il Rapporto mette quindi in evidenza “le criticità in ordine ai limiti di capacità amministrative delle amministrazioni locali meridionali e all’urgenza di rafforzarne organici e competenze”.

Intanto il Sud continua a perdere popolazione, soprattutto giovani qualificati.

Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord. Al netto dei rientri, il Sud ha perso oltre un milione di residenti.

La Svimez stima che tra il 2022 e il 2080 la popolazione del Mezzogiorno, oggi pari al 33,8% di quella italiana, si ridurrà al 25,8%. In particolare le regioni meridionali dovrebbero perdere più della metà (-51%) della fascia più giovane (0-14 anni) e diventare l’area più vecchia del Paese. “Occorre mettere in campo politiche attive di conciliazione di vita e lavoro e rafforzare i servizi di welfare”, sottolinea il Rapporto, secondo cui

“il potenziamento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno è cruciale per contrastare il declino demografico”.

Una donna single nel Sud ha un tasso di occupazione del 52,3%, comunque lontanissimo dalla media europea del 72,5%. Ma se ha figli di età compresa tra i 6 e i 17 anni il tasso scende al 41,5% e precipita al 37,8% se i figli hanno fino a 5 anni (61,5% al Centro-Nord).

La Svimez rileva inoltre che nel 2022 l’inflazione ha eroso soprattutto il potere d’acquisto delle fasce più deboli, concentrate nel Mezzogiorno, dove il reddito disponibile delle famiglie è sceso del 2,9%, oltre il doppio rispetto al -1,2% del Centro-Nord. Né l’incremento dell’occupazione, che rispetto a prima della pandemia ha segnato una ripresa maggiore nel Sud rispetto al resto del Paese, è stato in grado di alleviare il disagio in un contesto di diffusa precarietà e bassi salari. Nel 2022 si contavano nel Mezzogiorno 2,5 milioni di famiglie in povertà assoluta, con un aumento di 250 mila rispetto al 2020 (-170mila nel Centro-Nord).

La Svimez guarda con grande preoccupazione alla prospettiva dell’autonomia differenziata che “espone l’intero Paese ai rischi di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche chiamate a definire una strategia nazionale per la crescita, l’inclusione sociale e il rafforzamento del sistema delle imprese”, aggravata da “un congelamento dei divari territoriali di spesa pro-capite già presenti” e da “un indebolimento delle politiche nazionali redistributive”, sia tra le persone che sul piano territoriale.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir