Ragnatele di fili colorati per trattenere energie positive: le installazioni di Sara Celeghin nei parchi dell'Arcella

Nella tradizione messicana, gli intrecci di spago colorato sono talismani che trattengono nel luogo le energie positive per far passare, invece, la negatività da un'unica fessura. Da inizio febbraio, l'artista Sara Celeghin, all'interno dei parchi del quartiere Arcella, sta incastonando queste ragnatele tra rami e alberi. Il segno del filo che lega e congiunge in un momento dai rapporti umani fortemente slegati e con un pizzico di curiosità nella quotidianità. 

Ragnatele di fili colorati per trattenere energie positive: le installazioni di Sara Celeghin nei parchi dell'Arcella

“Sono fili che ci reggono
Fili che ci strangolano
Come ragnatele corrono fra te e me
Sono fili che sottendono parole in equilibrio instabile
Come tante ballerine tra le nuvole”

L’incipit del brano “Fili” del 1997 di Frankie Hi-Nrg racchiude, se vogliamo, la nostra attuale e recente esistenza tra chiusure, lockdown, l’impossibilità di tessere relazioni, di abbracciarsi. Un equilibrio instabile, sorretti da fili ora benevoli ora maligni. E di fili colorati sono fatte le installazioni sbucate da inizio febbraio in alcuni punti dei parchi del quartiere Arcella di Padova, incastonati tra tronchi e rami.

Come nella tradizione messicana, ragnatele per trattenere nel luogo le energie positive

L'artista Sara Celeghin, che il quartiere ha conosciuto e apprezzato per la scultura “Guardare oltre” realizzata modellando un ceppo malato, questa volta è passata dal materico proprio del legno, resistente e impassibile, alla leggerezza e caducità di ragnatele fatte con spago di iuta. Un transfert non solo simbolico, in un momento in cui tutto è sottosopra, un pensiero nato osservando la tradizione messicana della tessitura come talismani che raccolgono le energie positive nella rete per mantenerle nel luogo e far passare, invece, la negatività dall’unica fessura più larga:

«Ripensavo anche agli indiani d’America che fuori dalle loro capanne avevano installazioni simili e ogni differente colore indicava un mestiere: di fatto erano le prime insegne – racconta Sara – Questo misto mi affascinava, mi piace l'idea del filo che lega in un momento in cui siamo slegati, distanzianti. Questo, invece, congiunge e a livello metaforico mi piace collegarlo con la natura, metto dei punti di domanda: una signora è passata e si è fermata incuriosita, cos'è? Perché è lì? Chi l'ha messo? Tutto si muove dalla curiosità e adesso che i teatri sono chiusi, non ci sono piazze artisticamente vive magari si può accendere un po' di sorpresa, semplicemente sotto casa e non da uno schermo, televisione o pc che sia».

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Dove si trovano le opere?

Al parco Milcovich c’è “Hope”, un intreccio dai colori sgargianti, una speranza alimentata anche dal primo sole riscaldante; al parco Piacentino, invece, su un albero è possibile osservare “Drop”, una tensione di fili color verde acqua e gialli racchiusi da un ramo di legno elastico a forma di goccia. Infine, l’ultimo intervento in ordine cronologico, è nel parchetto Quadrifoglio su via del Giglio: spago bianco, si chiama “La forza” e Sara l’ha composto in un paio di ore pensando a una cara persona che sta affondando un momento delicato della sua vita.

Nella mente di Sara c’è l’idea di portare avanti il progetto, espandendolo di luoghi e dimensioni, un dialogo costante con la natura nella forma più pura di land art, per arrivare un giorno chissà alle immense installazioni di Toshiko Horiuchi MacAdam e per ritrovarci come i bambini che ci giocano all’interno davvero sottosopra, ma questa volta uniti.

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