Quale Germania dopo la Merkel? I tedeschi si preparano al voto fra pandemia e migrazioni
Domenica 26 settembre 60 milioni di elettori saranno chiamati a scegliere leader e partiti che guideranno il Paese dopo 16 anni di governo della cancelliera. Popolari, Socialdemocratici e Verdi si affiancano nei sondaggi; Linke e destra estrema appaiono distaccate. Ma le incognite non mancano
Conto alla rovescia verso il 26 settembre quando si terranno le elezioni parlamentari in Germania. Due appaiono oggi le uniche certezze in un panorama dai contorni estremamente sfumati: da un lato il fatto che ci sarà un nuovo cancelliere, essendo Angela Merkel giunta al termine della sua carriera politica; dall’altra che sarà comunque una coalizione a guidare ancora le sorti dell’economia più forte dell’Europa. Tutto il resto a oggi, e ogni giorno di più, resta ancora indefinibile: i sondaggi delle ultime settimane e mesi mostrano un andamento molto mutevole degli orientamenti degli elettori. Incognite e sorprese, quindi sì, ma senza prevedibili rivoluzioni e sconvolgimenti, ad eccezione dell’uscita di scena di Angela Merkel che di per sé implicherà una profonda mutazione nella politica tedesca, e forse anche europea.
Leader: chi sale e chi scende. Tre sono i nomi in gara per succedere ai 16 anni di cancellierato Merkel: dalle fila del partito conservatore Cdu/Csu, dopo il fallimento della guida di Annegret Kramp-Karrenbauer, e dopo mesi di discussioni, è emerso Armin Laschet, oggi presidente del Nord-Reno Westfalia il più grande Land tedesco, che a luglio è stato sconvolto e profondamente ferito da una devastante alluvione. Non è amatissimo. I socialdemocratici (Spd) propongono invece per il cancellierato Olaf Scholz, oggi ministro delle finanze e vice-cancelliere, a cui sembra da attribuire il merito di aver fatto risalire i consensi verso un partito che nel 2017 era affondato con Martin Schulz. Terzo concorrente, una donna, la quarantenne Annalena Baerbock, che oggi guida insieme a Robert Habeck il rinato partito dei Verdi (ma non ha mai ricoperto incarichi di governo, né regionale né federale). Ci fosse l’elezione diretta del cancelliere, vincerebbe Scholz; seconda, con notevole distacco, Baerbock.
Sondaggi e percentuali. Come sarà composto il Bundestag e quindi quale coalizione colorerà il governo, a oggi è difficile da capire. Se a maggio, gli orientamenti di voto dei 60,4 milioni di tedeschi aventi diritto di voto hanno visto uno scatto dell’indice di gradimento verso i Verdi, che hanno superato sia conservatori che i socialdemocratici raggiungendo il 25% dei consensi,
l’andamento ondivago dei favori mostra in questi giorni un testa a testa incredibile tra Cdu/Csu e Spd (introno 23% la prima e il 22% la seconda) e i verdi in calo al 18%.
A occupare gli scranni del Parlamento ci saranno – sempre stando ai sondaggi – anche i liberali dell’Fdp (oggi al 12%) e la destra estrema dell’AfD che viaggia intorno al 10-11%. Quest’ultima formazione è più forte nei Lander dell’est che dell’ovest, ma non fa più troppa paura (anche se quei voti fanno gola e sono stati la ragione di maldestri ammiccamenti da parte della Cdu/Csu, pagati a caro prezzo).
Giamaica o Kenya? Stabile e debole il consenso raccolto dalla sinistra dei Linke, su un pericoloso e oscillante 6-7%, quindi per ora salva rispetto allo sbarramento del 5% per l’ingresso nel parlamento federale. A fronte di questi numeri, che tanto sono mutati nelle ultime settimane e potrebbero ancora mutare con l’avvicinarsi del voto, va da sé che servirà una coalizione quanto meno tripartitica; di che colore sarà è tutto da capire: difficilmente “giamaicana” – secondo i colori dei partiti – come in passato (con Cdu, liberali di Fdp e i Verdi), forse “keniota” (con Cdu, Spd e verdi) o chissà come ancora.
Molte incognite sul voto. Nel dibattito politico di questa tornata elettorale è assodato il legame e la centralità dell’Ue, interesse condiviso dai tre candidati al cancellierato. Merkel lascia una Germania super-coinvolta nel dibattito europeo, ma
il ruolo futuro della Germania nell’Ue dipenderà anche dal destino di Emmanuel Macron che l’anno prossimo verrà deciso dal voto francese.
In Germania, e non solo, la divisiva questione migratoria è stata sostituita dalla vicenda pandemica ed infatti è proprio la salute insieme ai temi ambientali il parametro su cui sembra i tedeschi misurino oggi i programmi politici dei partiti in gara. In più c’è l’incognita della vicenda afghana, che potrebbe avere un peso sull’opinione pubblica.