Prodotti seduttivi. Le serie: una narrazione senza filtri che crea dipendenza
Le serie rivolte ai teen ager, per via del grande successo di pubblico, sono proliferate e si sono differenziate in vari sottogeneri.
Il binge watching si diffonde sempre più fra i nostri giovani. Si tratta della pratica, per certi versi ossessiva, di guardare senza sosta episodi delle proprie serie tv preferite. Nell’era dello streaming pare sia l’effetto collaterale più comune tra i fruitori di pay-tv.
Le serie tv hanno cominciato ad appassionare il pubblico italiano soprattutto a partire dagli anni Ottanta. In realtà, negli Stati Uniti hanno radici più lontane. Nell’ultimo decennio si può dire che nel nostro Paese siano “esplose”, in maniera particolare fra i giovani.
La caratteristica vincente di questi format è la fruibilità veloce e la trama accattivante. In effetti, gli episodi sono brevi e dinamici. I personaggi sono ben studiati e rispecchiano le aspettative di chi li segue. Gli eventi, di cui sono protagonisti, sollecitano quel pizzico di suspence – che non guasta – tra una puntata e l’altra. Insomma, sono prodotti “seduttivi” e ben confezionati. Dietro c’è un vero e proprio lavoro di marketing.
Sono nati perfino dei canali che propongono quasi esclusivamente serie e i giovani li seguono facilmente anche sullo smartphone. Gli episodi possono intrattenerli perfino nell’arco di un breve viaggio in metropolitana, oppure nell’ora di buco, tra una lezione e l’altra.
Fin qui nulla di male, se non fosse per il dilagare dello binge watching e anche per taluni contenuti non propriamente adatti al pubblico giovanile. Le serie rivolte ai teen ager, per via del grande successo di pubblico, sono proliferate e si sono differenziate in vari sottogeneri. Spesso la formula destinata al successo di pubblico prevede che trattino temi scabrosi, o apparentemente molto vicini al vissuto dei ragazzi.
Un aspetto allarmante è che le narrazioni quasi sempre non hanno filtri. Vengono presentate delle situazioni “estreme” come fossero la normalità. Gli argomenti più gettonati, si sa, sono sesso e violenza. Le situazioni che vengono proposte sono spesso fuorvianti e non adeguatamente contestualizzate. E’ vero che su molte serie appare l’avvertenza che esse non sono adatte a un pubblico minore di quattordici anni (che non sono poi molti, in realtà), ma poi questo veto viene sistematicamente ignorato a causa della facile fruibilità dei prodotti: basta un clic per accedervi.
In ogni caso, la preoccupazione non riguarda soltanto il modo in cui vengono veicolati temi pruriginosi o forti, ma anche la maniera in cui sono presentate le dinamiche relazionali fra adulti. Il mondo che queste serie rappresentano rispecchia e, in alcuni casi, amplifica certe sacche di disagio sociale senza fotografare con obiettività le cause. Ne viene fuori uno scenario esplorato con una lente deformante, che calca la mano anche su vicende morbose e con tratti disturbanti.
Il fatto che i ragazzini possano assistere a determinate scene (anche se soltanto recitate), senza la mediazione di un adulto può essere molto deleterio.
L’aspetto del binge watching richiama inoltre una forma di dipendenza. Si guardano serie senza riuscire a smettere, oppure volendo di proposito riempire il tempo che dovrebbe essere destinato anche ad altro: ancora una volta la realtà virtuale e patinata scippa ai giovani l’opportunità di fare esperienza in termini di concretezza.
Forse dipendenza sembra una parola eccessiva, ma in effetti il fenomeno potrebbe arrivare ad averne tutte le caratteristiche: come il fatto che sottrae tempo vitale e impedisce di realizzare completamente se stessi.
Inoltre, le serie alimentano la tendenza dei nostri giovani a non approfondire i contenuti e a ragionare in termini di “brevità”. Si tratta di un aspetto non secondario, perché le narrazioni brevi soddisfano soprattutto questa lacuna. Ciò che viene raccontato ha un orizzonte limitato e gli eventi si esauriscono nel momento stesso in cui si compiono, manca il respiro a lungo termine e la riflessione globale.
Insomma, ben venga l’intrattenimento “moderato” e attenzione a non farlo diventare un sistema di pensiero.