Prezzi in salita. Da un’inflazione zero che ci ha caratterizzato per molti anni, si è passati ad una a due cifre
Ognuno ha la sua inflazione. In generale, al ricco crea una seccatura, al povero un dramma.
Sono due anni abbondanti che i prezzi crescono, crescono, crescono. Prima la pandemia e soprattutto il post, con le difficoltà dei trasporti a livello mondiale e con una richiesta di beni che era esplosa dopo i lockdown generalizzati. Quindi l’aumento delle quotazioni degli idrocarburi, con valori schizzati alle stelle dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Infine la difficoltà di reperire diverse materie prime – sempre a causa dei costi energetici – e certi semi-lavorati come i vitali microchip. E da un’inflazione zero che ci ha caratterizzato per molti anni, si è passati ad una a due cifre in un amen.
Un problema non solo italiano, che ha costretto le banche centrali di mezzo mondo ad alzare i tassi per fronteggiarlo. Rendendo nel frattempo più cari i mutui, i prestiti, i finanziamenti in generale. E pure i buoni del tesoro, che da rendimenti annui sotto l’1% sono saliti al 4%.
Queste le grandi linee. Quelle quotidiane parlano di un’inflazione che quest’anno dovrebbe stare attorno al 5%. Ufficialmente. Ma l’aumento dei generi di prima necessità (quelli che mettiamo dentro il carrello della spesa) supera il 12%, laddove alcuni prodotti hanno tenuto e altri hanno quasi raddoppiato di costo. Basti guardare i listini dell’umile pasta o delle costose automobili.
E qui casca l’asino, perché ognuno ha la sua inflazione. In generale, al ricco crea una seccatura, al povero un dramma. A chi guadagna bene si riduce la quota di risparmio; ai redditi fissi si riduce la qualità della vita, o peggio ancora. Perché nel frattempo le retribuzioni sono rimaste ferme o quasi. Insomma ci siamo impoveriti. Non a caso per la prima volta da Adamo ed Eva i risparmi degli italiani sono in diminuzione: stiamo rompendo i salvadanai per tenere botta. Bravi noi, ma questa situazione non può durare a lungo.
Il rischio vero è un altro: che la pace sociale già in crisi in Francia e Germania (per non parlare della Gran Bretagna) si incrini pure qui. Con proteste, scioperi, malcontento generalizzato. Che non porta mai bene.
Non sono cose che si risolvono né localmente, né con la bacchetta magica, né “ci pensa il governo”. Le aziende (e si sindacati) dovranno fare la loro parte; i furbetti degli aumenti indiscriminati e dei cartelli monopolistici andranno stanati; la concorrenza darà i suoi effetti positivi. Ma pure il governo si trova di fronte alle prime, vere ambasce. Sostenere ancora le bollette energetiche degli italiani? Gli aiuti sono ormai esauriti, se rinnovati diventeranno immediatamente nuovo debito pubblico. Ma se non rinnovati, aumenteranno le difficoltà per molti italiani e accenderanno ancor di più l’inflazione. Aiuto!