Poveri, cuore di tutta la comunità. Molto partecipata l’assemblea annuale di Caritas Padova del 16 novembre
Molto partecipata l’assemblea annuale del 16 novembre. Ai volontari Caritas è stato “affidato” lo slogan “Fare meno, fare meglio, fare insieme”
«Fare meno, fare meglio, fare insieme». È questo l’invito che la Caritas diocesana ha rivolto ai volontari durante la tradizionale assemblea annuale, che si è tenuta sabato 16 novembre all’Opsa di Sarmeola. «In questa assemblea – racconta don Luca Facco, direttore della Caritas diocesana – siamo partiti dal titolo “Promuovere comunità inclusive e solidali” per raccontare una Caritas capace di leggere le povertà del territorio e attivare le risorse presenti nelle sue comunità cristiane, che sono sempre più inclusive e solidali, in particolare nei confronti degli ultimi».
La scelta del tema è nata dalla volontà di recuperare l’identità della Caritas, cioè la sua prevalente funzione pedagogica nei confronti di tutta la comunità, elemento su cui, a volte, le parrocchie sono più deboli perché prediligono, all'animazione delle comunità, i servizi caritativi a favore dei poveri.
«Abbiamo avuto – spiega Lorenzo Rampon, diacono permanente presso la Caritas diocesana – più di un riscontro in questo senso da parte dei partecipanti, che hanno colto la nostra intenzione di spronare le Caritas parrocchiali a un’evoluzione, a un salto di qualità rispetto al loro ruolo di animazione delle comunità».
È stata un’assemblea molto partecipata, quella del 16 novembre, con circa 500 presenze. «Un numero leggermente superiore rispetto alle assemblee dei precedenti anni – evidenzia Rampon – forse perché, visto il tema legato allo sviluppo di comunità, abbiamo invitato anche chi non si occupa direttamente di Caritas, ma è membro dei consigli pastorali parrocchiali».
I partecipanti, prevalentemente persone di età medio-alta, sono i primi a desiderare l’innesto di forze nuove e più giovani nella Caritas. «C’è un numero crescente di preti – prosegue – che partecipa alle nostre assemblee. Crediamo che questo sia dovuto a due ragioni: da un lato vediamo i frutti di un nostro lavoro sul territorio, che sempre più si struttura; d’altro il cammino dell’iniziazione cristiana è alla ricerca, specie per il Tempo della fraternità, di modalità nuove di vivere l’appartenenza ecclesiale per i ragazzi. In questo le Caritas parrocchiali sono maggiormente valorizzate che in passato come luoghi di testimonianza e servizio per gli stessi ragazzi».
Con lo slogan #primagliultimi, lanciato in assemblea, la Caritas diocesana vuole contrapporsi idealmente al più usato “prima gli italiani”, che in questo momento storico è spesso urlato per sdoganare l’idea che ci sono categorie a cui dare la precedenza quasi che, di fronte ai diritti fondamentali, si possano fare graduatorie.
«Non serve essere straordinari per cambiare questo stato delle cose, basta essere se stessi e cominciare dai piccoli gesti – spiega il direttore di Caritas Padova – Impariamo a salutare l’altro, ad esempio, così da attivare un processo circolare di rispetto, buona educazione e giovialità che, di saluto in saluto, si estenda a macchia d’olio».
La Caritas che emerge dall’assemblea è di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, di tutti i cristiani e i battezzati, di tutti gli operatori pastorali, perché la carità non si può delegare, ma ciascuno è chiamato a viverla con parole e gesti. Alla Caritas è chiesto di attivare, suscitare e far emergere questi gesti di carità da parte di tutta la comunità, dei gruppi e degli operatori parrocchiali. «Del resto il cambiamento che ci viene richiesto – sottolinea il diacono permanente – è una piccola “rivoluzione copernicana”, si tratta, infatti, di avere a cuore i poveri attraverso la comunità e non i poveri da parte del gruppetto dei volontari che di questo si occupano».
Questi principi sono stati declinati in vario modo in tutti gli interventi dell’assemblea, iniziata con un breve discorso di don Leopoldo Voltan, vicario per la pastorale, che ha portato il saluto del vescovo Claudio in visita, in quei giorni, alla nuova missione in Etiopia; proseguita con la riflessione biblica di padre Guido Bertagna che si è soffermato sull’immagine biblica dello shabbat (il sabato) come vertice della creazione e celebrazione della festa che può essere tale solo se nessuno ne è escluso: il sabato non è tale se anche solo una persona non ha motivo di festeggiare. Don Luca Facco e il diacono Lorenzo Rampon hanno poi offerto tre suggestioni sul compito delle Caritas parrocchiali: promuovere comunità inclusive e solidali; una carità patrimonio di tutta la comunità cristiana; lo slogan “Fare meno, fare meglio, fare insieme”.
Infine, Stefano Carbone, in un vivace intervento, ha coniugato alcuni elementi dello sviluppo di comunità con suggerimenti concreti da poter mettere in atto anche a livello parrocchiale, per stimolare processi comunitari di reciproco riconoscimento partendo dal desiderio, dai bisogni e dalle competenze di ciascuno.
L’assemblea si è sciolta sulle note di Abbi, cura di me, la canzone di Simone Cristicchi che ben tratteggia la necessità di cura reciproca all’interno delle comunità. Per l’appunto comunità allargate, coese, armoniche, dialoganti, capaci di ascolto e riflessive.
Interessanti anche i risultati dei 103 questionari del sondaggio di gradimento distribuito durante l’assemblea. I partecipanti hanno valutato positiva: l’organizzazione della giornata, i contenuti degli interventi e il senso di appartenenza che l’assemblea è riuscita a suscitare. Nell'insieme, dai questionari, emerge che l'incontro è stato un’occasione di formazione utile e importante non solo per gli operatori Caritas, un'assemblea capace di infondere speranza, fiducia e incoraggiamento in tutti gli operatori.
«La risposta al questionario – conclude Rampon – rispetto anche all’intervento di Stefano Carbone, è rivelatrice della situazione: sono stati apprezzati moltissimo contenuti e modalità di esposizione, ma si è più in difficoltà a capire come ciò risulti utile per la propria esperienza di servizio. Noi operatori di Caritas diocesana abbiamo di fronte la sfida di proporre formazione e modalità concrete di intervento comunitario che supportino chi questo salto vuole provare a farlo. In questo ci è molto utile l’esperienza sul campo di qualche sperimentazione che stiamo facendo con alcune parrocchie e che ci serve per predisporre, strumento per strumento, una "cassetta degli attrezzi" che sia pienamente fruibile da tutti».