Piano Mattei. Don Carraro: “L’auspicio è che non resti una cornice vuota, ma prenda sostanza con progetti condivisi”
“La domanda più forte che ci viene fatta dai giovani è di credere in loro, investire molto su di loro e di avere il coraggio di dare loro l’opportunità di essere i primi protagonisti della propria storia. E penso sia questa la prospettiva con cui dovremmo muoverci”, dice al Sir il direttore del Cuamm
“Un ponte per una crescita comune”: questo il titolo del Vertice, che si è svolto a fine gennaio a Roma, durante il quale è stato presentato il Piano Mattei, che prevede una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro e cinque pilastri fondativi: istruzione, salute, agricoltura, acqua e energia. Ma il Piano Mattei costituisce davvero “un ponte per una crescita comune”? Abbiamo rivolto la domanda a don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm.
Missionari e organizzazioni di volontariato internazionale hanno espresso perplessità sul Piano. Don Dante, lei come giudica il Piano Mattei?
Parto dagli aspetti positivi. A causa della pandemia e delle guerre, prima in Ucraina e poi a Gaza, negli ultimi anni in Italia – a parte i media della Chiesa cattolica – non si è parlato più di Africa sui giornali. In generale, da 5/6 anni c’è pochissimo approfondimento sull’Africa, come pure pochissima consapevolezza dei danni che la guerra in Ucraina, ma non solo, ha determinato nel Continente africano. L’Africa è completamente scomparsa dai radar dell’opinione pubblica e quindi anche dalla coscienza della gente.+
Il fatto che si parli di un Piano Mattei per l’Africa quantomeno ripropone l’attenzione sul Continente più debole e più fragile. Finalmente l’opinione pubblica complessivamente, anche quella più distratta, ha sentito parlare di nuovo di Africa. Ed è un merito che va attribuito al Piano Mattei.
Una critica è il fatto che il Piano sia stato costruito senza un dialogo con la società civile…
Effettivamente, questo Piano lo si è voluto fare coinvolgendo meno la società civile, anche quella italiana: in passato i Vertici Italia-Africa coinvolgevano le ong, io stesso ero invitavo e partecipavo. Questa volta noi non siamo stati coinvolti, ma perché è stata fatta una scelta di non camminare da soli. Negli anni scorsi l’Italia si presentava nei confronti dell’Africa da sola, quest’anno assieme all’Italia era presente il Parlamento europeo, con la presidente Roberta Metsola, e la Commissione europea, con la presidente Ursula von der Leyen.
A mio avviso, il fatto che l’Italia si sia presentata insieme all’Unione europea è un elemento di forza.
E insieme all’Ue ha coinvolto parecchie organizzazioni internazionali, dalla Banca mondiale ad alcune agenzie delle Nazioni Unite, a dare forza a questo momento. Lo considero un elemento positivo perché il presentarsi insieme dà più forza alla spinta politica ed economica. D’altra parte, anche la scelta simbolica del luogo dove si è tenuto il Vertice, cioè in una delle sedi più prestigiose del nostro Paese, il Senato, significa che stiamo invitando a casa nostra persone a cui vogliamo dare lo stesso valore che diamo a Biden e ai grandi capi di Stato che vengono in Italia. Ospitare il Vertice al Senato dice, dunque, che c’è una volontà politica forte di interagire con il Continente africano.
Il presidente del Consiglio ha parlato di “un approccio da pari a pari” con i Paesi africani…
Sì, al Vertice si è parlato di partnership: il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha detto di non voler avere un approccio predatorio, ma da pari. Poi vedremo se questo si realizzerà, ma il dirlo pone un punto su cui dopo potremo fare una verifica se il nostro approccio è stato veramente paritetico, di collaborazione, di partnership e non predatorio, magari usando formule diverse da una volta, ma mettendo in atto un atteggiamento predatorio più nascosto. E poi è positivo che si voglia coinvolgere il Paese, fare sistema con il Piano Mattei, quindi non è la singola ong, non è la singola impresa, non è la singola università che sarà privilegiata, ma tutto il Paese. Questo concettualmente è un elemento positivo, bello, perché
è tutto il Paese, è tutto il Continente europeo che si approccia all’Africa considerando la cooperazione come un elemento chiave dello sviluppo futuro che vogliamo costruire.
C’è un ultimo aspetto positivo.
Ci dica…
Penso a un’immagine fornita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un Vertice Italia-Africa qualche anno fa: “Dobbiamo lavorare per costruire un Continente verticale”, cioè un Continente che ha al Nord una regione grande, con 500 milioni di abitanti che si chiama Europa, abbiamo al Sud una regione ancora più popolosa, con un miliardo e 300/400 milioni di abitanti che si chiama Africa, in mezzo c’è il “laghetto” del Mediterraneo. Dovremmo imparare a convivere insieme, a elaborare insieme, imparare a costruire un futuro insieme.
Ora il fatto che si consideri nel Piano il sistema Paese, il sistema Continente europeo che si approccia nei confronti dell’Africa, secondo me, segna un elemento di discontinuità rispetto al passato.
Quindi, il Piano Mattei può funzionare?
In realtà, gli elementi negativi emergono con altrettanta evidenza. Il presidente della Commissione dell’Unione africana Faki Mahamat ha manifestato disappunto perché l’Ua – il luogo dove i 54 Paesi africani sono rappresentati – non è stata coinvolta nell’elaborazione del Piano. È un’osservazione sacrosanta, ma vorrei anche fare una precisazione: al momento non esiste ancora un Piano Mattei già elaborato, esistono dei temi che sono stati individuati: istruzione e formazione, possiamo dire globalmente educazione, agricoltura, salute, l’energia, l’acqua. Sono temi che considero buoni ma su cui tutto è da costruire. Quindi
la critica di Faki Mahamat è giusta, ma un Piano elaborato non esiste ancora e, almeno da quello che si è capito, dovrebbe essere costruito nel periodo a venire.
Inoltre, le voci del mondo missionario e della cooperazione non sono state considerate…
Qui c’è un aspetto di peso della critica al Piano. Se questo Piano avesse un approccio calato dall’alto verso il basso, appoggiandosi a un’agenzia delle Nazioni Unite o a un grosso ente energetico, più soldi s’investono più si rischia di fare dei danni. È un’osservazione dei missionari, ma anche di ong come la nostra di quanto sia pericolosa una cooperazione che dall’alto scende verso il basso e aumenta tutti i meccanismi di poca trasparenza. Invece,
nell’elaborazione e nello sviluppo del Piano Mattei deve essere coinvolto tutto il mondo della cooperazione, delle ong, missionario, anche di associazioni laicali che sono radicate sul territorio. Solo così si mette in atto l’unica cooperazione che davvero funziona, che, avendo esperienza e competenza, partendo dal basso, coinvolgendo le comunità locali, fa diventare vero quel “con” che noi ci portiamo nel nome che è fatto di conoscenza dei problemi, condivisione, consapevolezza, di un cammino insieme per costruire un futuro migliore.
Questo vuol dire crescere lavorando “con”, senza la fretta di risultati facili e immediati. Bisogna essere molto lucidi. Serve molta costanza e determinazione in una prospettiva di lungo periodo. Il fatto che il Piano si sviluppi in 4 anni va bene, ma ugualmente non saranno sufficienti perché il processo di sviluppo è un piano decennale, ventennale, accettando la fatica dello sviluppo e anche la pazienza dell’attesa di un risultato. Quindi, non servono proclami, ma un lavoro che parte dal basso, molto tenace, molto radicato, molto paziente, molto consapevole, costruito insieme, è l’approccio tipicamente dei missionari, che fanno una cooperazione silenziosa, molto efficace, molto inserita dentro il clima sociale, culturale e antropologico dei popoli presso i quali vivono.
Anche sui fondi è stata espressa qualche preoccupazione…
L’Italia mette i 5,5 miliardi, in cui 2 non sono soldi aggiuntivi, erano fondi già destinati alla cooperazione. Tre invece sono del Fondo del clima da cui saranno spostati per dare gambe alla cooperazione. Quello che ritengo interessante è che la presidente del Parlamento europeo ha detto che se l’Italia mette questi 5,5 miliardi, l’Europa impegnerà 150 miliardi. Sarebbe un contributo prezioso.
Allora, complessivamente esprime un giudizio positivo sul Piano Mattei?
Io ho in mente questo Continente verticale di cui ha parlato Mattarella, tutti noi dobbiamo lavorare per costruirlo. Nello sforzo fatto in questi giorni del Vertice e con il Piano Mattei, mi è sembrato di cogliere anche degli elementi positivi, dobbiamo anche avere la capacità di sognare, di porci un obiettivo grande, alto, bello, finalmente proclamato. Il Papa dice che l’Africa non va sfruttata ma promossa. Tutto questo è bello, ma se il Piano Mattei diventasse una cornice vuota, sarebbe un’ulteriore delusione, un’ulteriore amarezza, un’ulteriore umiliazione per il Continente africano e anche per chi – come noi – spende la vita per l’Africa.
Il nostro auspicio, come Medici con l’Africa Cuamm, è che il Piano Mattei possa prendere sostanza vera, con progetti condivisi, a lunga gittata, promuovendo il Continente africano.
La domanda più forte che ci viene fatta dai Paesi africani, dai giovani africani, è di credere in loro, investire molto su di loro e di avere il coraggio di dare loro l’opportunità di essere i primi protagonisti della propria storia. E penso sia questa la prospettiva con cui dovremmo muoverci.