Per essere autonomi c’è bisogno degli altri. L’app Vite vere, di Guido Marangoni, si aggiudica due importanti premi Google
L’app Vite vere Guido Marangoni, ingegnere informatico padovano, ha vinto due importanti premi Google per lo strumento che, grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, permette di assistere le persone con disabilità intellettive nello svolgere le attività quotidiane
«Se mi avessero chiesto a settembre se sperassi di vincere un premio con la nuova app avrei risposto “non me lo immagino nemmeno nei sogni”». È ancora incredulo Guido Marangoni, ingegnere informatico padovano, recente vincitore di due premi internazionali per l’app Vite vere, pensata per sfruttare l’intelligenza artificiale nell’assistere le persone con disabilità intellettive nello svolgimento delle attività quotidiane. Preparare la tavola, rimettere in ordine la cucina, sistemare la camera da letto, spostarsi in città con i mezzi, compiere operazioni in un ambiente di lavoro: a volte bastano alcune semplici istruzioni per garantire una grande autonomia a persone con disabilità intellettiva. Marangoni, che oltre a sviluppare app si occupa di sicurezza informatica, insegna informatica al corso di laurea in comunicazione all’Università di Padova, è autore di libri e ha portato in giro per piazze e teatri spettacoli da lui pensati e scritti, è incredulo per una notizia che ha fatto il giro della stampa non solo nazionale e che ha rafforzato la sua presenza sui social dove è noto anche per raccontare la crescita della figlia Anna, nata con la sindrome di Down. Il concorso promosso da Google ha visto la sua app Vite vere vincere sia nella categoria Most impactful app che in quella People’s choice nella gara tra nuove applicazioni che sfruttano Gemini Api, l’intelligenza artificiale di Google. Insomma, una “cosa grossa” davvero. «Direi di sì, per questo fatico a crederci e a volte mi capita di parlarne come se fosse qualcosa capitato ad altri. La soddisfazione grande viene dal fatto che l’app ha vinto il primo premio tra le app scelte dal pubblico ed è stata considerata la migliore anche dagli esperti che hanno valutato le proposte di oltre 3.100 sviluppatori di tutto il mondo».
Da dove nasce l’dea?
«Gli spunti vengono dall’osservazione di Anna, mia figlia, che ha iniziato un percorso verso un’autonomia crescente. Una soddisfazione, ma insieme una fase che porta a tante domande che abbiamo condiviso con altri genitori ed educatori su Facebook e altri social. In tanti nella cooperativa Vite vere ci siamo interrogati sulle possibilità di offrire strumenti che possano aiutare a supportare il cammino verso una maggiore autonomia, che è ciò a cui tutti aspiriamo. E poi c’è l’aiuto di Sara, protagonista del video di lancio dell’app, che svela il segreto: per essere davvero autonomi abbiamo bisogno degli altri».
L’intelligenza artificiale, che spaventa molti, sembra essere stata una risposta adeguata.
«Di intelligenza artificiale si parla tanto e molti manifestano la loro paura. Dal confronto con alcuni amici con la sindrome di Down, con operatori e genitori è nata l’idea di sfruttare le potenzialità dell’Ai in modo positivo, senza lasciarsi spaventare. Credo che un po’ di timore possa aiutare a prendere le misure con ciò che è nuovo, ma non dobbiamo, non possiamo buttare via tutto perché l’Ai è un’opportunità per realizzare anche cose buone. È possibile governarla e non abbiamo alternative che cercare di sfruttarne positivamente le potenzialità».
Ecco che il concorso Google arriva a proposito...
«Io ci stavo lavorando prima che arrivasse l’opportunità del concorso. Ma la gara mi ha dato stimoli e dettato tempi stretti per arrivare a un “prodotto fatto e finito”. Ci ho dedicato le ferie per sviluppare un’app che funzionasse e …».
E l’esito è stato trionfale. Ma come funziona l’app Vite vere?
«Dal punto di vista tecnico, utilizziamo la capacità dell’intelligenza artificiale, opportunamente addestrata, a interpretare le immagini che ogni persona può fare con il suo smartphone e accompagna le persone con disabilità intellettiva nei loro percorsi di autonomia in casa, per strada, al lavoro. Io li chiamo “piccoli aiuti”, una sorta di “pacca sulla spalla” virtuale che aiuta a superare le insicurezze che si possono incontrare. L’app non sostituisce ma, attraverso l’analisi delle foto, supporta fornendo informazioni semplici in tre passaggi suddivisi in tre punti. Uno schema semplice che si ripete con un linguaggio inclusivo e sempre incoraggiante. Il feedback dato alla fine è oggettivo, permette alla persona che ha chiesto l’aiuto di migliorarsi e all’Ai di perfezionarsi».
L’app è già disponibile sul mercato?
«Siamo ancora alla fase sperimentale. Una cosa è il prototipo, un’altra è immettere in circolazione uno strumento che deve funzionare in tanti contesti diversi. Dopo il premio la visibilità è stata mondiale e ho chiesto supporto a Google perché la distribuzione a livello mondiale vada per il meglio. Prima di rilasciare l’app a livello globale servono test approfonditi, traduzioni efficaci e c’è tutto il capitolo dell’assistenza a chi utilizza l’app dopo averla scaricata».
Ora bisogna pensare a come far fruttare il premio, un compenso di 300 mila dollari. Qualche idea?
«Una parte servirà a sviluppare ulteriormente l’app e poi altri progetti con la cooperativa Vite vere. L’idea di fondo è quella di aiutare chi ha bisogno. Stiamo ricevendo chiamate da tutto il mondo e vorremmo che lo strumento fosse a disposizione di tutti».
Il sistema
L’app Vite vere pensata da Guido Marangoni sfrutta l’intelligenza artificiale di Google (Ai di Google Gemini) ed è realizzata con Flutter e sintesi vocale di Google cloud. L’applicazione è stata studiata e presto sarà disponile per generare consigli personalizzati, ascoltabili anche mentre si svolgono le attività suggerite, e favorire l’autonomia delle persone con disabilità intellettiva in casa, in occasione di spostamenti in città e sui mezzi pubblici e al lavoro. Il design prevede un’interfaccia intuitiva per una navigazione facile e la struttura delle indicazioni fornite è 3x3: suddivide l’attività da svolgere in tre azioni ciascuna da praticare in tre passaggi.