Papa Francesco: “vigilare” su “cultura dello scarto e dell’odio”
Papa Francesco chiama a raccolta i penalisti con un discorso a 360 gradi in cui affronta le sfide dell'oggi ma anche quelle di un passato che rischia di ritornare, come ai tempi del nazismo. Alla fine un appello: "ripensare sul serio l'ergastolo".
“Vigilare” sulla “cultura dello scarto e dell’odio”, perché i fantasmi del passato, come il nazismo e il razzismo, ma anche le derive dell’oggi – come la legittima difesa utilizzata come arma impropria o il “peccato ecologico” – scompaiono dall’orizzonte. Quello rivolto dal Papa ai partecipanti al XXX Congresso mondiale dell’Associazione internazionale di diritto penale, ricevuti oggi in udienza, è un discorso a 360 gradi, ampio e dettagliato. Alla fine, un appello: “ripensare sul serio l’ergastolo”.
“La prima cosa che dovrebbero chiedersi i giuristi oggi è che cosa poter fare con il proprio sapere per contrastare” il fenomeno dell’idolatria del mercato, “che mette a rischio le istituzioni democratiche e lo stesso sviluppo dell’umanità”, esordisce Francesco, secondo il quale “la sfida presente per ogni penalista è quella di contenere l’irrazionalità punitiva, che si manifesta, tra l’altro, in reclusioni di massa, affollamento e torture nelle prigioni, arbitrio e abusi delle forze di sicurezza, espansione dell’ambito della penalità, la criminalizzazione della protesta sociale, l’abuso della reclusione preventiva e il ripudio delle più elementari garanzie penali e processuali”. “Il principio di massimizzazione del profitto, isolato da ogni altra considerazione, conduce a un modello di esclusione che infierisce con violenza su coloro che patiscono nel presente i suoi costi sociali ed economici, mentre si condannano le generazioni future a pagarne i costi ambientali”, il monito del Papa.
La criminalità organizzata, prosegue Francesco, compie “delitti che hanno la gravità di crimini contro l’umanità, quando conducono alla fame, alla miseria, alla migrazione forzata e alla morte per malattie evitabili, al disastro ambientale e all’etnocidio dei popoli indigeni”.
Ai penalisti internazionali, il Papa propone di considerare un nuovo reato, di cui si è parlato durante il recente Sinodo per l’Amazzonia: l’ecocidio o il “peccato ecologico”, come “azione oppure omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente”: “È un peccato contro le future generazioni e si manifesta negli atti e nelle abitudini di inquinamento e distruzione dell’armonia dell’ambiente, nelle trasgressioni contro i principi di interdipendenza e nella rottura delle reti di solidarietà tra le creature e contro la virtù della giustizia”.
“Dobbiamo introdurre – ci stiamo pensando – nel Catechismo della Chiesa cattolica il peccato contro l’ecologia, il peccato ecologico contro la casa comune, perché è in gioco un dovere”, aggiunge il Papa a braccio.
“Si tratta di una quinta categoria di crimini contro la pace, che dovrebbe essere riconosciuta tale dalla comunità internazionale”, l’appello ai giuristi e “a tutti i leader e referenti nel settore”, affinché “contribuiscono con i loro sforzi ad assicurare un’adeguata tutela giuridica della nostra casa comune”.
“In diversi Paesi sono state attuate riforme dell’istituto della legittima difesa e si è preteso di giustificare crimini commessi da agenti delle forze di sicurezza come forme legittime del compimento del dovere”.
Nel constatarlo, il Papa chiese che “la comunità giuridica difenda i criteri tradizionali per evitare che la demagogia punitiva degeneri in incentivo alla violenza o in sproporzionato uso della forza. Sono condotte inammissibili in uno Stato di diritto e, in genere, accompagnano i pregiudizi razzisti e il disprezzo verso le fasce sociali di emarginazione”. Altra pratica vista “con preoccupazione” da Francesco è “l’uso arbitrario della carcerazione preventiva”, che “contribuisce al deteriorarsi delle condizioni di detenzione ed è causa di un uso illecito delle forze di polizia e militari per questi fini”.
“La cultura dello scarto, combinata con altri fenomeni psico-sociali diffusi nelle società del benessere, sta manifestando la grave tendenza a degenerare in cultura dell’odio”.
Il passato può ritornare, ammonisce Francesco, facendo notare che oggi “si riscontrano episodi purtroppo non isolati, certamente bisognosi di un’analisi complessa, nei quali trovano sfogo i disagi sociali sia dei giovani sia degli adulti”.
“Vi confesso che quando sento qualche discorso, qualche responsabile dell’ordine o del governo, mi vengono in mente i discorsi di Hitler nel ’34 e nel ’36. Oggi”, aggiunge a braccio.
“Sono azioni tipiche del nazismo, che, con le sue persecuzioni contro gli ebrei, gli zingari, le persone di orientamento omosessuale, rappresenta il modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell’odio”. “Occorre vigilare, sia nell’ambito civile sia in quello ecclesiale, per evitare ogni possibile compromesso – che si presuppone involontario – con queste degenerazioni”, il monito. No anche al “lawfare”, che consiste nel “ricorso a imputazioni false contro dirigenti politici, avanzate di concerto da mezzi di comunicazione, avversari e organi giudiziari colonizzati”. In questo modo, osservato il Papa, “si strumentalizza la lotta, sempre necessaria, contro la corruzione col fine di combattere governi non graditi, ridurre i diritti sociali e promuovere un sentimento di antipolitica del quale beneficiano coloro che aspirano a esercitare un potere autoritario”.