"Padre, perdonami adesso..." Ci manca la confessione?
Questo tempo, in cui non è possibile (o quasi) accostarsi al sacramento della penitenza, ci provoca ad “avere cura”, ogni giorno, della comunione con il Signore. Ne parliamo con don Gianandrea Di Donna, liturgista e direttore dell’Ufficio diocesano per la liturgia
«Se non trovi un sacerdote per confessarti, parla con Dio, è tuo padre, e digli la verità: “Signore ho combinato questo, questo, questo... Scusami”, e chiedigli perdono con tutto il cuore, con l’Atto di dolore e promettigli: “Dopo mi confesserò, ma perdonami adesso”. E subito tornerai alla grazia di Dio. Tu stesso puoi avvicinarti, come ci insegna il Catechismo della Chiesa cattolica, al perdono di Dio senza avere alla mano un sacerdote».
Con queste parole – pronunciate il 20 marzo durante l’omelia a Santa Marta – papa Francesco ha voluto ricordare a tutti i fedeli che «l’amore di Dio supera ogni mediazione – spiega don Gianandrea Di Donna, liturgista e direttore dell’Ufficio diocesano per la liturgia – Quando Gesù salva la donna adultera dalla lapidazione, non ha bisogno di dirle: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Ma le dice: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11). Questo perché Dio è la fonte della misericordia e solo lui scioglie i peccati».
Confessione fai-da-te, quindi?
«A Pietro, Gesù dice: “Tutto ciò che legherai sulla terrà sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19); nella pentecoste giovannea, quando appare ai discepoli la sera di Pasqua dice loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,22-23): così il Signore ha voluto affidare alla Chiesa il suo potere di sciogliere i peccati. Potere che non è “della” Chiesa! Questa ha un potere di mediazione, sacramentale potremmo dire, che è necessario ed esclusivo in un tempo di normalità. Nessuno può ottenere da Dio il perdono dei peccati se non ha il proposito di confessarli sacramentalmente. Perché, quando è pentito e dice a Dio “mi dispiace per il male che ho fatto” guarda alla sua misericordia. È quello che il catechismo ci insegna a chiamare la “contrizione”, che è necessaria perché esprime il nostro amore a Dio: il cuore che si stringe perché si dispiace per il male che ha fatto. Se io, come cristiano, credo che Gesù ha affidato alla Chiesa il suo potere di sciogliere i peccati, non posso non volerli confessare sacramentalmente».
Desiderio di perdono nella confessione sacramentale, ma non si può... Che fare?
«Se una persona desidera essere perdonata da Dio, perché lo ama, ed è nell’impossibilità morale e fisica di accedere al sacramento, possiamo dire che “entra il gioco” il votum sacramenti, il desiderio del sacramento. Che non è “mi piacerebbe tanto confessarmi”, ma “desidero, per amore di Dio, essere in comunione con lui”. Dio, nel momento in cui vede un cuore che lo ama veramente, a cui davvero dispiace del male compiuto e che desidera con forza la confessione, concede il perdono anche dei peccati mortali. L’espressione supplet Ecclesia, la Chiesa supplisce, dice che la persona, dentro il corpo mistico della Chiesa, accede all’amore di Dio comunque. Ed è perdonata! Questa è la logica di Gesù! Non c’è niente di magico e non l’ha inventato la Chiesa, ora...».
Torniamo a parlare di peccato mortale...
In vista della Pasqua, un fedele potrebbe desiderare – soprattutto in presenza di peccato mortale, ma anche veniale – di accedere alla confessione sacramentale. È possibile? «Secondo quanto indicato dalla Cei, se un fedele, facendo una visita in chiesa, vedesse il proprio parroco e gli chiedesse l’assoluzione, ciò dovrebbe avvenire (a determinate condizioni: in un luogo di culto ampio, stando a distanza di sicurezza e usando la mascherina). Per chi desidera il perdono dei peccati mortali – che “conducono alla morte”, ricorda Giovanni (1 Gv 5,16), intendendo che rompere la comunione con Dio è entrare nella morte – la contrizione del cuore, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono e accompagnata dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati».
E in caso di peccato veniale?
«La Chiesa ne raccomanda la confessione sacramentale (detta “di devozione”), anche se – come dice il Catechismo della Chiesa cattolica – non è strettamente necessaria. Quando non ci sono libertà e volontà deliberata di compiere il male, questo non è peccato in senso pieno. Se alzo un po’ la voce con un fratello, ma continuo a relazionarmi con lui, non ho peccato in senso pieno. Diverso è se, dopo una lite furibonda, rompo completamente i rapporti e non desidero riconciliarmi. In questo caso ho rotto la comunione con lui. In presenza di peccato veniale – dove non c’è piena percezione e volontà di fare il male – non si richiede per sé un nuova infusione di grazia sacramentale, ma è sufficiente un atto di penitenza personale. Nessun peccato, quindi, viene rimesso senza un atto di penitenza personale, ma quelli veniali possono essere rimessi senza il sacramento della penitenza. Questo atto di conversione può essere: la partecipazione all’eucaristia, la preghiera del Padre nostro (in cui diciamo «Rimetti a noi i nostri debiti»), il Confiteor (Confesso a Dio onnipotente), la preghiera personale, l’Atto di dolore, la benedizione del vescovo... e soprattutto la carità e l’elemosina ai poveri che "copre una moltitudine di peccati" (1 Pt 4,8)».
Che sia un tempo favorevole, questo, per “recuperare” nelle nostre vite il senso profondo dell’essere in comunione con Dio?
«In questo tempo di sofferenza anche spirituale, ci aiutano le parole di Gesù, che leggiamo nel Vangelo di Matteo: “Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,6). Riusciamo, in un momento in cui siamo meno oppressi dalla corsa (forse...), a trovare cinque-dieci minuti in cui stare da soli e pregare il Signore? Riusciamo a far sì che la nostra vita spirituale non si esaurisca nella messa in tivù? “Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”: può esserci dono più grande? La ricompensa è perdono dei peccati, ma anche – nel caso dell’eucaristia vissuta in streaming o in televisione – la possibilità di esercitare la fede: il parroco, il vescovo, il papa stanno celebrando e io non posso accedervi, ma desidero la comunione con Dio. Questo atto, se fatto profondamente e realmente, ci dà gli stessi frutti spirituali della comunione eucaristica. Così è, in presenza del desiderio del sacramento, per la penitenza».
Atti di penitenza personale, di conversione
Nessun peccato viene rimesso senza un atto di penitenza personale: la partecipazione all’eucaristia, la preghiera del Padre nostro, l'Atto di dolore, la preghiera personale... e soprattutto la carità e l’elemosina ai poveri.
Un dono...
«Regaliamoci il tempo – ha scritto don Giampaolo Dianin per l’iniziativa #iorestoacasaepenso – per guardarci dentro, anche provocati da questa situazione che ci fa sentire tutti più fragili e bisognosi di Dio e della comunione con Lui e tra noi. La superficialità della nostra vita spirituale, le ferite delle relazioni, i cedimenti al male nella vita sociale e familiare, il bene che non facciamo, le troppe parole e giudizi… Queste settimane possono essere l’occasione per un buon esame di coscienza e per chiedere quel perdono che Dio sempre ci regala. E che la nostalgia del sacramento della penitenza abiti sempre più il nostro zoppicante cammino di vita cristiana».