Oggi passaggio di testimone in consiglio pastorale diocesano
Nel pomeriggio si riunisce il consiglio pastorale diocesano. Arriva il momento dei nuovi delegati laici vicariali di iniziare il loro servizio quinquennale. Le "consegne" di Stefano Bertin, che si congeda dopo dieci anni come vice presidente.
“Passaggio di testimone” tra vecchi e nuovi membri: è questo il cuore dell’incontro del consiglio pastorale diocesano di oggi, sabato 22 settembre dalle 15 alle 18.30 in sala Barbarigo del museo diocesano. Un “passaggio di testimone” che si traduce in accoglienza e incoraggiamento per chi inizia il quinquennio e in gratitudine per chi conclude il proprio servizio. Tra chi si congeda c’è anche Stefano Bertin, che per dieci anni ha accompagnato il consiglio pastorale diocesano come vice-presidente. Più che un bilancio («non sono in grado… c’è ancora tanto da sedimentare»), gli chiediamo alcune “consegne” per chi comincia un nuovo cammino.
«Mi vengono in mente alcune parole-chiave. Poter servire la Chiesa è stato innanzitutto un grande dono. Così come avere la possibilità di conoscere il cuore della diocesi, di cogliere che c’è una chiesa diocesana dentro a quella universale, di vedere come questa si rispecchia nelle nostre parrocchie... Questa esperienza – spirituale, ecclesiale, di comunione, relazionale – è stata per me un cammino formativo. Anche nelle difficoltà! Mi ritrovo con un bagaglio immenso a fine incarico… La mia gratitudine è grande».
La seconda parola-chiave per Stefano è corresponsabilità battesimale: «Ho sperimentato che ci si mette a servizio della Chiesa non perché te lo chiede qualcuno, ma per rispondere alla vocazione insita nel battesimo. Scoprirlo è una ricchezza».
E poi... essenzialità. «Il seminatore che accompagna le “Tracce di cammino” per l’anno pastorale 2018-19 ci sollecita a tornare alle cose fondanti: cioè spezzare il pane della Parola con i fratelli. Questo è il cuore di tutto! Essenzialità vuol dire anche comprendere che una nuova stagione è già qui e che dobbiamo attrezzarci per viverla. Senza nostalgie, ma con la creatività evangelica delle “cose antiche e cose nuove”».
Tra le consegne di Stefano, contenute nel suo “bagaglio” di vice-presidente, c’è anche l’audacia. «Vuol dire sognare in grande, spendersi… anche sapendo di creare dissenso, incomprensione… Il seminatore non è ingenuo: sa che non tutta la semente porterà frutto. Questa consapevolezza vuol dire essere adulti. Adulti nella fede! I momenti di fatica, come quello che stiamo vivendo come Chiesa, fanno parte della condizione umana. Riconoscerlo è essere adulti, bandire la nostalgia e evitare idealizzazioni ingenue. Ci viene chiesto di saper abitare questa stagione. Anche ponendoci domande impegnative, ma centrali: come dire Gesù oggi? Come essere significativi? Come essere contagiosi?».