Non siamo più il Paese dell’automobile. Meno di mezzo milione di auto assemblate in Italia, un terzo della produzione spagnola

Perché ancor oggi non esistono nel patrio suolo stabilimenti produttivi di altre Case automobilistiche?

Non siamo più il Paese dell’automobile. Meno di mezzo milione di auto assemblate in Italia, un terzo della produzione spagnola

Pure la Maserati sta mestamente declinando: non verranno più prodotte le Levante a Mirafiori, grosso Suv di una gloriosa marca ormai ridotta al lumicino. Così come Alfa Romeo, in verità, e non parliamo di Lancia. Da quando (2021) il gruppo Fiat è confluito in Stellantis – assieme a Peugeot, Citroen, Ds, Opel… – è difficile parlare di “industria automobilistica nazionale”: la nuova Fiat 600 sarà costruita in Polonia con componenti interamente francesi.

Così gli stabilimenti italiani sparpagliata nella penisola (Pomigliano d’Arco, Menfi, Torino, Cassino, Atessa…) lavorano a passo ridotto ed è tornata pure la cassa integrazione. La realtà parla di meno di mezzo milione di auto assemblate in Italia, un terzo della produzione spagnola. E Stellantis è un gruppo cosmopolita che parla francese, laddove è Peugeot il vero marchio guida. Con alle spalle – anzi, nell’azionariato – pure il governo francese.

Da qui le (sbagliate) richieste di far entrare nella compagine pure il governo italiano, per “riequilibrare”. Forse è meglio destinare i soldi pubblici alla sanità e alla natalità. Il fatto è che c’erano state promesse di mantenere attivi i siti produttivi italiani, di assemblare un milione di vetture, di proseguire anche qui nella rivoluzione tecnologica che sta interessando un settore in radicale cambiamento con la trazione elettrica. Un fatto che interessa tutto il corposo indotto del settore, che comunque lavora con il gigante tedesco.

Ma non si capisce se quelle parole fossero appunto parole, e nulla di più. Le aziende guardano ad ottimizzare i ricavi, quindi sono relativamente interessate agli “equilibri interni” degli Stati in cui producono, preferendo produttività e redditività. La stessa Fiat aveva (e ha portato in dote) due ottimi stabilimenti, uno in Polonia e uno in Serbia laddove il costo del lavoro è inferiore al nostro. E produceva pure in Turchia, in Brasile, negli Stati Uniti…

La realtà è più oscura. Per ora le produzioni di punta sono a Menfi (Jeep). A Pomigliano si fanno le Alfa – ma appunto sono numeri piccoli – e l’ormai prossima al pensionamento Panda. Il resto appare marginale, la 500 elettrica stenta assai mentre a Termoli si costruirà una mega-fabbrica di componenti elettrici, stante il fatto che la produzione di motori a gasolio (ma anche a benzina) è ormai alla fine.

Il problema vero è un altro: perché ancor oggi non esistono nel patrio suolo stabilimenti produttivi di altre Case automobilistiche? C’è la Lamborghini – gruppo Volkswagen – e la Ferrari: fanno soldi a palate, ma si tratta di piccole produzioni. E i grandi gruppi tedeschi, americani, asiatici? E quelli cinesi che invadono l’Occidente con le loro auto elettriche a basso costo?

S’insediano nei Paesi “poco costosi” (Romania, Ungheria, Slovacchia), ma anche in Spagna e Gran Bretagna. Non in Italia. Magari è su questo che dovrebbe ragionare un governo che faccia un po’ di politica industriale. Senza l’auto, rischiamo di andare tutti a piedi.

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Fonte: Sir