Non si inganna l’attesa. Fatti di cronaca tengono vivo il confronto tra la paura e la speranza
I ragazzi che si buttano senza attendere i soccorsi nel lago per salvare l’amico ghanese sono il segno della speranza.
All’ultimo giorno di scuola con gli amici euforici si getta nella gelida acqua del lago di Como. Il ragazzo, quindici anni, non sa nuotare e annega. Disperato il tentativo degli amici di salvarlo. Immenso il loro dolore per la morte di Maxwell che, da alcuni anni in Italia, veniva dal Ghana.
Il pensiero si sposta da questo ragazzo e dai suoi compagni di scuola a quanti sono annegati e ancora annegano in mare oppure muoiono di stenti e di torture sulla terra.
Situazioni assolutamente diverse sul Lario e sul Mediterraneo ma le notizie, che mai sono frammenti, si raccolgono nella mente di chi legge o ascolta.
E in questa rete, tirata ai bordi della coscienza. appare il libro “Corriere di notte” (La nave di Teseo) della scrittrice libanese Hoda Barakat vincitrice del Booker Prize per la fiction araba.
In un’intervista apparsa di recente su un quotidiano nazionale, riferendosi ai morti annegati nel Mare nostrum, la scrittrice afferma che tra questi ci sono “giovani che sanno esattamente come stanno le cose in Europa ma che si affidano spesso ai trafficanti, rischiano la vita, perdono tutto.
E’ difficile da capire: quanto devono detestare casa loro per affrontare l’inferno in piena coscienza? Le due rive del Mediterraneo non parlano, non si capiscono, tanti buoni progetti europei di cooperazione con l’Africa sono falliti, hanno arricchito regimi sempre più corrotti”.
E’ difficile pensare che queste considerazioni possano incrinare i muri di una paura che, commenta la scrittrice, “è comprensibile” se riferita alla gente ma “non lo è” se riferita ai politici.
In una stagione di chiusure e diffidenze, aggiune, “forse la speranza è il lettore: chi legge si prende del tempo per capire”.
Non si tratta tanto di leggere un libro quanto di leggere i segni dei tempi, il cammino dell’umanità verso il futuro. Ci vorrà tempo per capire, vi saranno purtroppo ancora errori e morti, ma verrà un giorno in cui la paura e i muri cadranno.
Non si può tuttavia ingannare l’attesa. Non si può rinunciare all’onestà intellettuale e alla schiena diritta. Anche se ritenuti perdenti non si può tacere il rischio di “anti umanizzazione”.
“Siamo diventate – scriveva nei giorni scorsi il vescovo Luigi Bettazzi – persone che pensano: ‘prima di ogni altra persona, o cosa, ci sono io’ e mi spiace che questa ondata antiumanitaria sia arrivata anche nella nostra terra”.
I ragazzi che si buttano senza attendere i soccorsi nel lago per salvare l’amico ghanese sono il segno della speranza.
E’ lo stesso segno che lascia chi non si arrende, non inganna l’attesa e, accettando di essere considerato un perdente, risponde alla forza della paura con la debolezza del ribelle per amore. Ribelle per amore della verità.
Paolo Bustaffa