Non di solo Pil. La qualità della vita e le regole del mercato
La meno nota sigla Bil (benessere interno lordo) valuta la qualità della vita del singolo e della collettività, parte essenziale del bene comune
La sigla Pil compare spesso nelle informazioni dei media sulla situazione economica del Paese ed è diventata familiare. “Il Pil, prodotto interno lordo – dice l’enciclopedia Treccani – è il valore di tutto quello che produce un paese e rappresenta una grandezza molto importante per valutare lo stato di salute di un’economia, sebbene non comprenda alcuni elementi fondamentali per valutare il livello di benessere”. Già in questa sintetica definizione si viene invitati a un’osservazione più attenta, a non accontentarsi delle letture solo economiche e politiche della realtà.
Ed ecco che di quando in quando spunta la meno nota sigla Bil (benessere interno lordo) che valuta la qualità della vita del singolo e della collettività, parte essenziale del bene comune.
Pil e Bil non si contrappongono e quando tra i due come spesso accade si evidenziano uno strappo nel tessuto sociale e una crisi del modello di sviluppo. Occorre correggerlo e quindi aprire nuovi percorsi.
Di questo si è discusso dal 3 al 6 ottobre al Festival dell’economia civile tenutosi a Firenze. Nel corso dei lavori sono stati richiamati tre fondamenti sui quali costruire il futuro: la democrazia, l’equità sociale e la giustizia ecologica.
Le idee, i progetti, i “sogni” non sono rimasti a mezz’aria, hanno “preso terra” nei racconti delle sorprendenti buone pratiche che nel nostro Paese stanno segnalando il progressivo crescere di una coscienza sociale consapevole che se il dato economico non dialoga con quello umano si rischia di confermare se non aumentare le diseguaglianze, significa privare persone e popoli della loro dignità e dei loro diritti.
“Non tutto nasce dalla logica del mercato o dalla logica dello Stato – ha commentato l’economista equadoregno Alberto Acosta – la solidarietà, la reciprocità, l’empatia nascono dalle comunità. È quindi importante considerare un altro modo di vedere l’economia se vogliamo un mondo sostenibile in termini ambientali, un mondo giusto in termini sociali, un mondo democratico in termini politici”.
Sono percorsi che vivono di partecipazione e questo pensiero si è collegato con quello della Settimana sociale dei cattolici italiani tenutasi a Trieste nello scorso mese di luglio sulla crisi della democrazia come conseguenza della crisi della partecipazione.
Sono tracce e orme di un pensare e di un agire che mettono a confronto Pil e Bil senza sminuirli in una retorica contrapposizione ma riportandoli alla realtà e orientandoli al futuro. Sono segnali che vengono da uomini e donne impegnati in ambiti sociali, economici, culturali tra loro diversi ma uniti da una costante ricerca di felicità. In questo risveglio culturale e sociale c’è un riflesso del pensiero e del magistero sociale della Chiesa e c’è un richiamo alla responsabilità laicale perché ideali, principi e valori siano tradotti in buone prassi in una realtà complessa e in continua trasformazione. C’è il segnale di una speranza che diventa prassi per la costruzione del bene comune di cui la qualità della vita è parte essenziale.