Natalità. Farmindustria: “La nostra ricetta è flessibilità, smart working, incentivi, conciliazione famiglia – lavoro”
Nelle aziende farmaceutiche la percentuale di bambini dei dipendenti supera del 45% la media nazionale. Assistenza sanitaria integrativa, smart working, part-time, flessibilità oraria, congedi e aspettative per maternità più lunghi rispetto al contratto nazionale sono alcuni ingredienti della “ricetta” a sostegno della natalità. Un modello esportabile. Di questo ed altro si è parlato il 13 marzo a Roma in un convegno promosso da Farmindustria
“Aiutare chi vuole diventare genitore. È una delle mission delle imprese farmaceutiche per i propri dipendenti attraverso strumenti concreti di welfare, prevenzione e formazione. Misure che hanno contribuito a far registrare
nelle nostre aziende un numero di figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale”.
Lo ha detto Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, nel corso dell’evento “La natalità: una questione di coppia”, promosso il 13 marzo a Roma in occasione della Giornata della donna. L’iniziativa, giunta alla settima edizione, ha il patrocinio della ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità. A preoccupare il presidente di Farmindustria è lo “squilibrio demografico che mette a rischio la sostenibilità di lungo periodo del sistema sanitario”. “Nelle nostre imprese – spiega Cattani – le donne sono il cuore pulsante della ricerca, il 53%. Rappresentano il 45% del totale e il 46% di quadri e dirigenti. A dimostrazione che oggi la maternità è più diffusa dove l’occupazione femminile è più alta”. “L’organizzazione del lavoro è decisiva per rendere compatibile famiglia e lavoro – gli ha fatto eco Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria -. Vogliamo prestare attenzione alla coppia come formazione sociale perché lo ‘spread’ della natalità, il divario fra figli sperati e figli effettivamente generati, riguarda anche il lato maschile”.
Qual è allora la “ricetta” (vincente) delle industrie del farmaco per sostenere la natalità? Tutti i dipendenti sono coperti da assistenza sanitaria integrativa, oltre il 90% delle aziende applica da anni smart working, part-time, flessibilità oraria in entrata e uscita, permessi retribuiti per visite mediche in aggiunta al contratto nazionale, il 58% delle imprese offre asili nido e rimborsi spese per istruzione e baby sitter, il 47% congedi e aspettative per maternità più lunghi rispetto al contratto nazionale.
“Occorre investire su nidi, materne, elementari a tempo pieno per tutti, come si fa nei Paesi del nord Europa. Perché non lo facciamo anche noi che abbiamo pure un Pil superiore? È lì che si dovrebbe investire il Pil”. Non ha dubbi lo psichiatra e scrittore Paolo Crepet. “Un uomo e una donna mettono al mondo un figlio se sanno di essere tutelati e aiutati. Noi invece abbiamo un welfare-genitori che si chiama ‘nonni’: il nipote aspetta che il nonno muoia per ereditare l’appartamento”. Secondo Pier Francesco Bassi, professore di Urologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, gli uomini pensano di “essere fertili fino a 100 anni” e non immaginano di poter essere loro i responsabili al 50% delle difficoltà di concepimento. Eppure, ha avvertito, “diabete, obesità, fumo, alcol, droghe, infezioni, inquinamento e alcune patologie ne diminuiscono drammaticamente la fertilità”. Di qui un allarme:
“Nel 2070 i maschi saranno meno fertili del 50% rispetto al 2000”.
“La denatalità e l’invecchiamento demografico sono ormai un’emergenza che richiede interventi concreti”, ha osservato il ministro della Salute Orazio Schillaci. Per questo il ministero si è impegnato con decisione nel campo della prevenzione, dell’informazione e a tutela della salute: “Sappiamo che per invertire la rotta ci vorrà del tempo, ma il Tavolo tecnico sugli stili di vita per favorire la fertilità, che abbiamo voluto istituire e che si è insediato lo scorso luglio, sta già lavorando a numerose iniziative”.
Tra queste un cortometraggio rivolto a ragazze e ragazzi fra i 15 e 25 anni per spiegare quali siano le abitudini comuni che proteggono o al contrario mettono a rischio la salute riproduttiva, e incontri programmati nelle scuole e nelle università. “Proprio questo pomeriggio – ha annunciato il ministro – il Tavolo tecnico tornerà a riunirsi, per discutere e concordare altre iniziative su questi temi”. Nell’ambito del suddetto Tavolo tecnico, ha fatto sapere Maria Rosaria Campitiello, ginecologa e capo della segreteria tecnica del ministro della Salute, “stiamo pensando di offrire alle ragazze per fasce di età – 20, 25 e 30 anni – uno screening gratuito della fertilità con ecografia basale e dosaggio dell’ormone antimulleriano che indica la capacità riproduttiva. Per i ragazzi lo spermiogramma è già a carico del Ssn, ma occorre informarli”.
“Il problema demografico italiano è enorme e non si risolve soltanto con interventi di governo. Il governo ha fatto la sua parte e anche con buoni risultati: vediamo l’aumento dei posti di lavoro e dell’occupazione femminile. Siamo intervenuti sui congedi, sugli asili, sulla decontribuzione per le donne con due figli, perché sappiamo che la discriminazione e le dimissioni dal lavoro si intensificano proprio al secondo figlio”, ha detto Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità. Ma tutto questo non basta “se non c’è una
collaborazione con aziende, enti locali, sindacati, non profit, con chiunque in questo ambito possa giocare un ruolo”.
Per Roccella è importante “quello che molte aziende farmaceutiche fanno proprio per la conciliazione fra lavoro e vita privata: Farmindustria ha aderito anche al codice deontologico, che abbiamo lanciato. Abbiamo due iniziative, la certificazione di genere, su cui abbiamo già oltrepassato l’obiettivo che c’eravamo posti per il 2026 perché sono oltre 1.500 le aziende che hanno aderito, e sono ufficialmente certificate. L’altra è il lancio del codice deontologico che è invece ad adesione volontaria. Non prevede premialità, ma implica uno sforzo di collaborazione delle aziende per raggiungere l’obiettivo dell’incremento di natalità”.