Myanmar, scontri tra esercito e ribelli: incendiato villaggio
Non si arrestano le violenze nel paese, dove l'esercito responsabile del golpe di febbraio scorso è chiamato a confrontarsi con i gruppi armati ribelli in varie zone. Oltre 5.000 i profughi in fuga verso la Thailandia
Non si arrestano le violenze in Myanmar, dove l'esercito responsabile del golpe di febbraio scorso è chiamato a confrontarsi con i gruppi armati ribelli in varie zone del Paese. Come riferisce la testata locale Irrawaddy, gli scontri sono iniziati lo scorso 22 dicembre nella città di Kale, nello stato nord-occidentale di Sagaing: tafferugli tra militari e milizie locali ha spinto l'esercito ad attaccare gli abitanti, sequestrandone alcuni, e innescando la reazione di tre gruppi locali: il Kale People's Defense Force, il Chinland National Defense Force (Kale) e il People's Defense Force.
Stamani, nel vicino villaggio di Natchaung, i soldati hanno dato alle fiamme diverse abitazioni. Dalla scorsa settimana, come riferiscono i ribelli, nei raid aerei oltre venti persone hanno perso la vita. Il conflitto però da settimane coinvolge soprattutto il Kayah e Karen, prossime al confine con la Thailandia. Qui, come avvertono anche i residenti condividendo foto e filmati tramite i social media, proseguono gli scontri a fuoco. Circa 5.000 persone hanno deciso di lasciare le proprie case per fuggire in Thailandia. A riattirare l'attenzione dei media internazionali sulla crisi birmana è stato però l'eccidio che alla Vigilia di Natale ha coinvolto 35 persone nei pressi del villaggio di Hpruso, nello stato di Kayah. I corpi delle vittime, tra cui anche donne e bambini, sono stati trovati carbonizzati lungo una strada in quella che è sembrata un'esecuzione.
I gruppi armati hanno anche richiesto alla comunità internazionale di condannare le violenze imponendo una no fly zone, ma al momento non è giunta nessuna risposta. Nel colpo di stato dell'1 febbraio scorso la giunta militare ha rovesciato il governo democraticamente eletto a novembre 2020 e preso il potere. Ne sono seguite forti manifestazioni di protesta, che i militari hanno represso con forza, arrestando decine di manifestanti. Tra questi anche il modello e attore Paing Takhon, che oggi un tribunale militare ha condannato a tre anni di reclusione e lavori forzati. Il giovane, già molto popolare, era divenuto un volto noto delle proteste. (DIRE)