Myanmar: il “grido” di padre Celso Ba Shwe (Loikaw), “non usate monasteri e conventi come depositi di armi e basi militari”
La richiesta ai gruppi militari e a tutte le forze armate affinché “i monasteri, le moschee, le chiese, i conventi, gli ospedali, le scuole e tutti i luoghi pubblici non vengano usati come depositi di armi e basi militari da cui si espande ulteriore violenza”.
A lanciarla ieri in un appello è padre Celso Ba Shwe, vicario generale della diocesi cattolica di Loikaw, facendo esplicito riferimento alle Convenzioni di Ginevra sulla protezione dei beni culturali e dei luoghi di culto in merito alle quali “è vietato compiere atti di ostilità diretti contro i monumenti storici, le opere d’arte o i luoghi di culto che costituiscono il patrimonio culturale o spirituale dei popoli, e di utilizzarli in appoggio allo sforzo militare”.
Nel testo dell’appello, padre Celso dà voce alle sofferenze della popolazione del Kayah, presa di mira dai militari. Dalla presa del potere con il colpo di Stato, si stanno intensificando gli attacchi indiscriminati contro le diverse etnie, non solo in Kayah. Vengono bruciate le case, uccisi anche donne e bambini, bombardati luoghi di culto come chiese, conventi e monasteri buddisti. “Il popolo sta fuggendo in luoghi lontani, nella giungla per ripararsi ma nessun posto è al sicuro”, scrive padre Celso che chiede – ed è il secondo appello – ai cattolici di tutto il Paese di recitare ogni sera alle 19 il Rosario “per la pace e per il ritorno della stabilità in Myanmar”.
Al Sir, padre Maurice Moe Aung, missionario birmano che opera però in Italia, spiega che purtroppo “i militari non si fermano davanti a niente. Arrivano anche dentro le Chiese, entrano, depositano i camion, i cecchini salgono sui campanili, sparano e poi ripartono. Stanno attaccando anche ospedali e campi profughi, luoghi in cui si stanno rifugiando anziani e persone vulnerabili. La popolazione è allo stremo. I sacerdoti e lo stesso padre Celso sono molto impegnati, corrono tutto il giorno e stanno facendo un lavoro immenso per portare aiuto. Il rischio è la diffusione di malaria e dissenteria a causa della mancanza di igiene e dell’acqua sporca”.
Domenica 6 giugno, la chiesa di Nostra Signora della pace della parrocchia di Dongankha, nella diocesi di Loikaw, è stata attaccata e gravemente danneggiata. È la sesta volta in due settimane che le chiese cattoliche in Myanmar vengono prese di mira. I precedenti attacchi violenti si sono avuti nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, nel villaggio di South Kayanthayar, colpita da un colpo di artiglieria che ne ha distrutta l’ala sinistra, provocando 4 morti sul posto e molti feriti; la cattedrale del Sacro Cuore di Gesù, nella diocesi di Phekhon; la chiesa cattolica di San Giuseppe, parrocchia di Deemoso; la chiesa di Nostra Signora di Lourdes, parrocchia di Domyalay, chiesa di nuova costruzione e non ancora benedetta; e infine, l’irruzione nel Seminario maggiore intermedio (dove si trovano 1.300 persone) dove è stato ucciso un volontario.