Mozambico e Sudafrica, gli auspici dei missionari per il nuovo anno
Sono tante le preoccupazioni di alcuni missionari che vivono a Beira e Nacala, in Mozambico e a Cape Town in Sudafrica: la pace che non è solo assenza di guerra ma opportunità di lavoro e educazione, la cura dei migranti e dei rifugiati, la libertà da forme di sfruttamento neocoloniale sulle risorse minerarie e altre materie prime, che in queste zone abbondano. Gli auspici per il nuovo anno
La pace, la giustizia, il lavoro, l’istruzione, l’accesso alla salute e all’acqua. Sono questi i principali auspici dei missionari in Mozambico e Sudafrica per l’anno 2022 che si è appena aperto. Nei due Paesi confinanti nel cono sud del continente africano le realtà sociali e politiche sono molto diverse, però per chi è in prima linea nelle missioni, a contatto con le popolazioni più povere, le priorità sono simili.
Il lavoro. In Mozambico “ l’augurio che tutti si fanno è che si aprano prospettive di lavoro – dice al Sir don Maurizio Bolzon, missionario fidei donum della diocesi di Vicenza a Beira – . Perché non si esce dalla miseria se non si ha la possibilità di lavorare. Qui nessuno conta più sugli aiuti dall’estero. Perciò il grande desiderio di tutta la popolazione per il 2022 riguarda il lavoro”. Il missionario auspica che le imprese che si sono fermate, anche a causa della pandemia, “ricomincino a lavorare e il Paese attiri nuovi investitori” ma precisa: “Non gli investitori che vengono a portare via solo le risorse. Bisogna realizzare opere e aprire fabbriche per la trasformazione di materie prime, in modo da creare occupazione”.
Altro imperativo primario è la scuola. Beira è stata la città più colpita dal ciclone Idai nel 2019, poi è arrivato il Covid-19 e i vari lockdown. In sintesi, un disastro dal punto di vista educativo. “Sono quasi tre anni che i ragazzi non imparano niente, e a quell’età tre anni sono una enormità – osserva il missionario -. Nell’ultimo anno sono andati a scuola 6 ore a settimana. Si torni a studiare, si torni nelle classi, che già erano scarse e di poca qualità”.
Riavvicinare i giovani. A livello pastorale nella sua missione a Beira emerge un altro desiderio e proposito di impegno. Dopo un lockdown che ha chiuso anche nel 2021 le chiese per sei mesi, don Bolzon auspica “che si trovino strade per riaffezionare i giovani, talvolta anche i bambini, che si sono persi”. “E’ chiaro che i giovani non mettono certo la religione in cima alle loro priorità – ammette -. Però se continua così la Chiesa si impoverisce troppo. per questo ci impegneremo molto in questo nuovo anno che viene”.
La pace vera. Più a nord del Mozambico, al confine con la provincia di Cabo Delgado, dove è in corso un durissimo conflitto dal 2017, un altro fidei donum veneto don Silvano Daldosso, della diocesi di Verona, alla guida della missione di Cavà-Memba nella diocesi di Nacala, invoca invece per il 2022 “la pace. Non quella delle poesie e delle feste. Quella che è sinonimo di alfabetizzazione, giustizia, lotta alla corruzione, opposizione al nuovo colonialismo, accesso alla salute e all’acqua”. Oggi anche la popolazione della diocesi di Nacala, dopo aver accolto decine di migliaia di sfollati, si trova a vivere in un clima molto teso, dovuto alla presenza a Memba di 300 militari dell’esercito mozambicano in assetto anti-terrorismo, arrivati alcune settimane fa.
In Sudafrica, da dove è partita la variante Omicron – la curva dei contagi si è ora ridimensionata notevolmente – i missionari scalabriniani hanno accolto il nuovo anno “pieni di entusiasmo e di speranze”. Padre Filippo Ferraro è parroco a Cape Town (Città del Capo). La seconda città più grande del Sudafrica è in queste ore assurta agli onori della cronaca per l’incendio al parlamento locale, per fortuna senza vittime. Alla Lawrence House, tramite l’Agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo che è il braccio operativo, sociale e culturale dei missionari scalabriniani, accolgono migranti e rifugiati che usufruiscono dei servizi promossi dallo Scalabrini center of Cape Town. Assistenza sanitaria è fornita anche a Johannesburg dall’Ambulatorio Medico St. Patrick. “Siamo stati fortemente colpiti dalla pandemia – dice padre Ferraro -. Ma non ci perdiamo certo d’animo e continuiamo il nostro lavoro quotidiano al fianco dei tanti migranti, rifugiati e delle tante persone con cui lavoriamo ogni giorno”.