Migranti. Giovane condannato per “scafismo”: Baobab Experience annuncia ricorso
L’organizzazione ricostruisce l’accaduto, fin dai fatti del 2015, e annuncia ricorso contro la condanna di Alaji, accusato di essere lo scafista “di un gommone che non ha mai guidato, sulla base di una singola testimonianza e senza tenere conto degli elementi di prova a suo favore”
“Alaji è un ragazzo a cui lo Stato italiano ha rubato 7 anni di vita”. L’affermazione è dell’organizzazione Baobab Experience, che richiama l’attenzione sulla vicenda del giovane – Alaji, appunto - condannato come scafista di un gommone “che non ha mai guidato – precisa Baobab Esperience -, sulla base di una singola testimonianza e senza tenere conto degli elementi di prova a suo favore”.
L’organizzazione ricorda che il giovane “è stato accusato da una sola persona, tra le oltre 100 sbarcate con lui, la quale, tra l’altro, non si trovava neanche sul suo stesso gommone”.
Un vicenda assurda, accaduta nel 2015 e che ha portato alla condanna del presunto scafista. Condanna contro la quale, a breve, Baobab Experience presenterà il ricorso per ottenerne l’annullamento.
Gli eventi
E’ la stessa organizzazione a ricordare le tappe della vicenda.
“20 novembre 2015: nemmeno il tempo di accorgersi di essere ancora in vita, Alaji viene accusato di scafismo e portato in carcere – ricorda Baobab -. Alaji è stato condannato a una pena definitiva di 8 anni di reclusione, giudicato colpevole di aver effettuato il trasporto di stranieri nel territorio italiano. Ma Alaji quel gommone – sul quale hanno perso la vita per asfissia sette donne e un uomo - non l’ha mai neppure guidato. Le accuse gli sono state rivolte da un uomo nigeriano che su quel gommone neanche c’era e che su quel gommone ha perso una sorella, dopo averne vista morire un’altra nell’attraversamento del deserto. Alaji parlava solo la lingua mandinga. Non sapeva leggere né scrivere. Eppure, agli atti del processo, non solo risulta che lui parlasse la lingua wolof ma al suo interrogatorio – su indicazione del giudice – l’interprete traduce tutte le domande in francese, inglese e arabo, idiomi che Diouf ignorava completamente. Questa Enorme violazione del diritto alla difesa si è riprodotta durante tutto il processo”.
“3 luglio 2023: Baobab Experience vuole ricontattare le persone che si trovavano sul barcone con Alaji così da ottenere la loro ricostruzione di quanto avvenuto durante l’attraversamento del Mediterraneo, soprattutto rispetto a chi fosse davvero al comando dell’imbarcazione. Chiede, quindi, alla Questura e alla Prefettura di Taranto di ottenere gli elenchi delle persone sbarcate e le informazioni relative ai centri di accoglienza dove erano state trasferite”.
Ancora: “24 luglio 2023. La Prefettura di Taranto risponde che la richiesta è ‘poco efficace’ perché trascorsi ormai otto anni dall’evento. Tuttavia, sia pur con riluttanza, il Prefetto interroga il Garante per la Privacy e l’avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce sulle corrette modalità di condivisione dell’elenco richiesto dal difensore, al fine di bilanciare il diritto di accesso agli atti del difensore ed il ‘diritto alla riservatezza’. Il prefetto quindi si pone il problema di tutelare la riservatezza di possibili testimoni. Ma il diritto alla privacy non può mai prevalere sul diritto di tutte e tutti alla difesa, ovvero sul diritto di Alaji di chiedere l’annullamento della sua condanna. Ma la cosa più importante è che, sicuramente, il 24 luglio non c’è traccia di sparizione delle informazioni richieste”.
“ 24 ottobre 2023: tutto tace. L’avvocato difensore di Alaji reitera la richiesta di accesso agli atti evidenziando che non vi è stata risposta”.
“4 gennaio 2024: la Prefettura di Taranto risponde ma cambia versione: ci dispiace ma ‘a seguito di ripetute ricerche anche negli archivi di deposito di questa Prefettura, non sono stati rinvenuti gli atti relativi allo sbarco di migranti avvenuto a Taranto in data 20/10/2015’”.
Baobab Experience e le “parole che fanno impressione”
Nell’affermare che farà presenterà ricorso contro la condanna del giovane Alaji, Baobab Experience conclude: “All’indomani del caso Iuventa, queste parole fanno ancora più impressione. Era lo stesso anno, il 2015, quello dei ‘taxi del mare’: l’anno del ribaltamento della realtà, in cui le Ong di mare e di terra hanno iniziato ad essere chiamate ‘amiche dei trafficanti’ e in cui migranti presi a caso al momento dello sbarco hanno iniziato ad essere il capro espiatorio delle politiche migratorie fallimentari e criminali di Italia e Unione Europea. Baobab Experience stessa è stata trascinata nel buco nero dei processi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per aver acquistato 9 biglietti del bus a persone di origine sudanese e ciadiana. Il meccanismo perverso è lo stesso. Ciò che cambia è il diverso livello di tutela legale che si possono permettere gli attivisti e le persone migranti, appena giunte in territorio italiano, prive di una rete sociale di riferimento, che non conoscono la lingua e le leggi del posto: le vittime sacrificali perfette. La risposta della Prefettura di Taranto dimostra ancora una volta l’importanza della Campagna ‘Capitani Coraggiosi’”.