Migranti, regolarizzazione flop: a buon fine solo lo 0,7% delle 200 mila domande
I dati di un monitoraggio di Ero Straniero a 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. Le 207 mila richieste si sono tradotte in 1.480 permessi. “Provvedimento non sufficiente, nelle campagne mancano ancora lavoratori stranieri”
La regolarizzazione dei migranti, fortemente voluta dal governo precedente, rischia di essere un flop. A sei mesi dalla chiusura della finestra per accedere alla misura, solo lo 0,71 per cento delle oltre 200 mila domande si è trasformato in un permesso di soggiorno. Lo rileva un monitoraggio fatto dalla campagna Ero Straniero.
Nello specifico: al 31 dicembre 2020, su 207.000 domande presentate dal datore di lavoro per l’emersione di un rapporto di lavoro irregolare o l’instaurazione di un nuovo rapporto con un cittadino straniero (articolo 103, comma 1, del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020), in tutt'Italia erano stati rilasciati solamente 1.480 permessi di soggiorno (lo 0,71%). Al 16 febbraio 2021, dai dati del ministero dell’Interno, emerge che solo il 5% delle domande è giunto nella fase finale della procedura, mentre il 6% è nella fase precedente della convocazione di datore di lavoro e lavoratore per la firma del contratto in prefettura e il successivo rilascio del permesso di soggiorno. In circa 40 prefetture, distribuite su tutto il territorio, non risultano nemmeno avviate le convocazioni e le pratiche sono ancora nella fase iniziale di istruttoria.
Ritardi burocratici fermano il provvedimento
“Dati questi che trasportati nella realtà vogliono dire che 200.000 persone sono sospese, ancora in attesa di sapere se la propria domanda andrà a buon fine” spiega il rapporto. Dai dati ottenuti direttamente da prefetture e questure emerge che a Bari, a fine gennaio, delle 4.993 domande ricevute, sono solo 556 le istanze arrivate a conclusione, con il rilascio del permesso di soggiorno. “Quella di Bari è una delle situazioni migliori rilevate, ma, considerando che ogni giorno nel capoluogo pugliese, secondo quanto dichiarato dalla prefettura, vista l’emergenza sanitaria, possono essere convocate in sicurezza dalle 12 alle 15 persone, solo per la fase finale delle convocazioni di datori di lavoro e lavoratori per la firma del contratto di soggiorno ci vorranno pressappoco altri 300 giorni lavorativi, senza considerare la fase istruttoria”.
Peggiore la situazione di Caserta, territorio storicamente colpito da lavoro nero e caporalato: a metà febbraio, delle 6.622 domande ricevute (3.710 per lavoro domestico, 2.912 per lavoro subordinato nel settore agricolo), sono solo 10 le convocazioni effettuate per finalizzare l’assunzione, e non è ancora stato rilasciato alcun permesso di soggiorno. Guardando alle grandi città, il quadro è ancora più disarmante. A Roma, al 31 gennaio, su un totale di 16.187 domande ricevute, lo sportello unico della prefettura aveva 900 domande in trattazione, ma nessuna pratica era arrivata alla fase conclusiva della firma del contratto di soggiorno. La prefettura stima di poter effettuare in sicurezza nei propri locali 60 convocazioni alla settimana. Di questo passo, ci vorranno oltre 5 anni per concludere le procedure di emersione in corso. A Milano, a metà febbraio su oltre 26.000 istanze ricevute in totale, 289 pratiche risultano in istruttoria e non c’è stata ancora nessuna convocazione in prefettura. Per rispettare le regole di sicurezza, si sta procedendo con 16 convocazioni a settimana: abbiamo calcolato che servirebbero più di 30 anni per portare a termine tutte le domande. Altre Prefetture interpellate hanno confermato che non potranno ricevere nei propri locali più di 4-5 persone al giorno, con previsioni di tempi ancora più lunghi.
Quanto al secondo canale di accesso previsto dal provvedimento (comma 2 dell’art. 103 del decreto rilancio), che prevedeva che - in caso di precedenti esperienze lavorative nei settori interessati dalla misura - fosse il lavoratore, e non il datore di lavoro, a chiedere direttamente alla Questura un permesso di soggiorno temporaneo, la situazione nelle questure italiane è decisamente migliore: 8.887 permessi di soggiorno erano stati rilasciati al 31 dicembre su 12.986 domande presentate, il 68%, e di questi permessi temporanei, 346 sono stati successivamente convertiti in permessi di soggiorno per lavoro. “Tuttavia, occorre ricordare quanto fossero restrittivi i criteri individuati per accedere a tale procedura, apparsa da subito inutile ai fini di incidere sull’irregolarità: le poche migliaia di domande arrivate ne sono stata una dimostrazione - spiega Ero Straniero -. Le conseguenze di tali enormi ritardi sono molto pesanti non solo sulla vita di chi ha fatto richiesta di emersione e aspetta una risposta e un permesso di soggiorno, costretto a restare ancora nell’incertezza e nella precarietà. Ma la situazione appare grave anche nella prospettiva della campagna vaccinale anti-Covid in corso nel nostro Paese: è fondamentale che il maggior numero di persone in possesso dei requisiti venga regolarizzato il prima possibile ed esca dall’invisibilità, in modo da poter garantire una più efficace programmazione vaccinale e una quanto più ampia copertura della popolazione”.
E nelle campagne mancano ancora i lavoratori stranieri
Infine, le associazioni della campagna ricordano che l’anno scorso, proprio a marzo, dopo lo scoppio in Italia della pandemia, il lockdown e la chiusura delle frontiere, si è alzato il grido d’allarme delle associazioni di categoria sul rischio di uno stop al comparto agroalimentare senza l’arrivo di lavoratori stranieri stagionali impossibilitati a entrare nel nostro Paese. “Da qui è partita la richiesta al governo da parte del mondo produttivo, delle associazioni, dei sindacati e della società civile per un provvedimento straordinario di regolarizzazione che a fine maggio si è concretizzato. A un anno di distanza, Coldiretti Puglia ha segnalato che nel 2020 la carenza dei lavoratori stranieri, a causa della chiusura delle frontiere, ha causato la perdita di 30 mila giornate lavorative e che il problema nei prossimi mesi è destinato a ripetersi. Sarebbe paradossale, di fronte a tale rischio, non portare a conclusione rapidamente, nelle prossime settimane, le pratiche di emersione e regolarizzazione di migliaia di lavoratori che sono in attesa, insieme ai datori di lavoro, di firmare il contratto di assunzione. Per evitare di ritrovarsi nuovamente al punto di partenza e vanificare gli effetti del provvedimento straordinario di emersione, serve un intervento immediato da parte del ministero dell’interno”.
Ero straniero ribadisce che non è sufficiente un provvedimento straordinario per affrontare l’irregolarità, come abbiamo visto accadere negli ultimi vent’anni. Serve uno strumento che risolva a lungo termine la questione, una regolarizzazione su base individuale degli stranieri “radicati”, e cioè una procedura di emersione sempre accessibile che dia la possibilità a chi è senza documenti di mettersi in regola a fronte della disponibilità di un contratto di lavoro o della presenza stabile sul territorio, come accade, per esempio, in Germania o in Spagna.
E serve, più a monte, introdurre canali di ingresso per lavoro che facilitino l’incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori dei Paesi terzi, governando i flussi verso il nostro Paese, senza costringere chi migra a farlo attraverso rotte irregolari sempre più pericolose. Soluzioni, queste, previste nella proposta di legge di iniziativa popolare della campagna Ero straniero dal titolo Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari, depositata in Parlamento il 27 ottobre 2017 con oltre 90.000 firme e ora all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera. Una proposta legislativa che rappresenta un forte segnale di discontinuità rispetto alla normativa esistente, la quale ha dimostrato ormai di essere del tutto inefficace per gestire le politiche di ingresso e soggiorno nel nostro Paese. Una riforma di cui c’è sempre più bisogno, ma che il Parlamento fatica a fare propria.