Migranti, lo sportello che aiuta le donne in difficoltà

A Roma il servizio legale sociosanitario fornito da Pangea, che opera attraverso un approccio interculturale di genere. Nei primi 10 mesi di attività sono oltre 100 le donne assistite

Migranti, lo sportello che aiuta le donne in difficoltà

Uno sportello legale e socio sanitario per donne migranti che opera  attraverso un approccio interculturale di genere per accogliere, ascoltare e orientare le donne provenienti da ogni parte del mondo che fuggono da guerre, povertà o da situazioni violente. E’ stato aperto circa un anno fa da Fondazione Pangea per sostenere le donne nel percorso migratorio, sanitario e legale ma anche per l’emersione della violenza e il reinserimento socio lavorativo attraverso una serie di servizi specializzati.

“L’idea di aprire uno sportello specifico per donne migranti nasce dall’alto numero di ospiti straniere accolte nelle case rifugio e nella casa emergenza – afferma Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea –. Sono tutte donne con un percorso migratorio difficile alle spalle ma anche con un trascorso di violenza intra familiare molto forte, irrisolto e troppo spesso sottovalutato. Come Pangea sappiamo bene che nelle migrazioni le donne vivono percorsi differenti dagli uomini che vanno affrontati con strumenti e competenze specifiche”. Le donne che vivono percorsi migratori sono spesso sole con i figli e non conoscono sempre i loro diritti e i servizi che l’Italia offre. “Hanno contingenze e problemi impellenti, pensano siano insormontabili e spesso non hanno chi possa guidarle in quanto donne. Automaticamente non pensano a sé stesse, cercano di risolvere i problemi per i loro figli, per la casa, il lavoro e il loro status legale. Difficilmente pensano che stanno vivendo condizioni di violenza o se ne vergognano e non sanno come uscirne - continua Lanzoni -. Aprire uno sportello che riconosca tutti questi aspetti, con un focus specifico anche sulla violenza maschile nei confronti delle donne nei percorsi migratori, significa sostenerle a rafforzarsi e conoscere i servizi dei loro territori, ma anche prevenirne le conseguenze e aiutarle a riconoscerne i segnali della violenza prima ancora che si renda necessaria la protezione in una struttura di emergenza. Per questo lo Sportello lavora in stretta sinergia con gli altri servizi antiviolenza di Fondazione Pangea. Questo ci consente di avere un approccio multidisciplinare oltre che interculturale e di affrontare le diverse problematiche a cui una donna può andare incontro a prescindere dalla sua nazionalità”. 

Nei primi 10 mesi di attività sono oltre 100 le donne che si sono rivolte allo sportello, provenienti da diverse parti del mondo ma soprattutto dall’Afghanistan, dal sud America, dall’Africa e dal Pakistan per quanto riguarda i matrimoni forzati. Lo Sportello ha sede a Roma ma è possibile scrivere da tutta Italia. 

Le storie delle donne aiutate da Pangea

Luiz Maria è arrivata allo sportello perché irregolare. Proviene dalla Colombia, uno di quei paesi considerati “sicuri” dalle recenti modifiche legislative ovvero uno Stato dive vige il rispetto delle leggi democratiche e dove non vengono compiuti atti di discriminazione, torture, trattamenti disumani e degradanti.  Ma sappiamo che non è così perché la Colombia in realtà è teatro di criminalità che investe il narcotraffico a livello internazionale e vengono perpetrate violenze nei confronti delle donne mogli o familiari dei narcotrafficanti. Grazie a un’equipe in grado di affrontare i colloqui con un approccio multidisciplinare, abbiamo capito che la donna aveva subito violenze fin da piccola ed era stata venduta a uomini pedofili. Questi elementi, portati alla luce attraverso un percorso psicologico e riportati poi in una apposita relazione, hanno fatto sì che la donna ottenesse il cosiddetto asilo politico ovvero la forma più alta di riconoscimento di protezione internazionale nei confronti di una richiedente asilo. Il percorso di presa in carico continua ancora oggi e la donna è stata inviata anche allo sportello antiviolenza di Fondazione Pangea per la rielaborazione del suo vissuto. 

C’è la storia di Fatima, arrivata in Italia con il fratello minore da un piccolo paesino del Senegal perché suo padre e suo fratello maggiore lavoravano in Italia. Si stabilisce a Roma, frequenta la terza media di sera e durante il giorno trova un piccolo lavoretto. Arriva allo sportello impaurita perché è rimasta incinta di un ragazzo che aveva iniziato a frequentare qualche tempo prima. Ha 18 anni ma non sa bene cosa fare, non conosce i suoi diritti né i servizi a cui rivolgersi. Lo Sportello la segue nel percorso sanitario, la indirizza al consultorio, ai servizi per la salute materno infantile, le crea attorno una rete di supporto così che possa decidere in autonomia se tenere o meno il bambino, Quella sarà una sua scelta ma sa che Pangea ci sarà sempre per accoglierla e sostenerla.  

C’è poi la storia di Maria di nazionalità peruviana e di sua figlia Vanessa di 11 anni. Maria, dopo la scadenza del suo visto per motivi turistici, ha presentato la domanda di asilo politico presso la Questura di Roma. Un passaggio fondamentale ma estremamente lungo e burocratico, che avrebbe permesso alla donna, che lavorava come badante, di essere regolarizzata.

Una volta scaduto il visto, per lei e per sua figlia è iniziata una vita da irregolare con tutte le problematiche connesse: impossibilità ad avere un contratto di lavoro, un medico di base, ad iscrivere la figlia alla gita scolastica senza un documento in corso di validità, solo per dirne alcune.  Maria e Vanessa sono state seguite dallo sportello di Fondazione Pangea fin dall’inizio, accompagnandole passo dopo passo fino al rinnovo del permesso di soggiorno.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)