Migranti, 440 su Sea Watch in attesa di un porto sicuro: “Stillicidio”
Evacuazione medica nella notte per una giovane incinta e altre tre persone. “Non si possono continuare a negare i diritti” Dopo 11 giorni assegnato porto di Augusta alla Geo Barents. Unhcr stima 2500 le morti nel Mediterraneo e rotta Africa- nord occidentale
La più piccola tra i minori non accompagnati è una bambina di 8 anni che viaggia con la sorella, anche lei minorenne. Il più piccolo dei bambini che viaggiano con i genitori è, invece, un neonato di venti giorni. Sono in tutto 440 le persone che, a bordo della Sea Watch3, aspettano un porto sicuro di sbarco. Ieri notte, sono state evacuate quattro persone: una giovane donna incinta, sua sorella minore, un uomo con problemi di salute e suo figlio.
“Siamo di fronte al solito stillicidio - sottolinea Tiziana Cauli di Sea Watch -. E’ ridicolo, crudele e disumano proseguire con le evacuazioni mediche negando quello che è un diritto. Il 24 dicembre abbiamo effettuato il primo soccorso e chiesto subito un porto a Malta e Italia. Siamo ancora in attesa. Le persone a bordo sono tante, abbiamo raggiunto il limite massimo di spazio sul ponte della nave. Stanotte alcune persone sono state esposte alle intemperie”. Un’attesa che si ripete ormai a ogni rescue. “All’inizio, con il nuovo governo, abbiamo sperato in un miglioramento del rispetto dei diritti umani ma questo cambiamento non lo abbiamo visto. Anche se se ne è parla meno, le persone continuano a essere tenute in ostaggio per giorni in situazioni di pericolo - aggiunge Cauli -. Nella missione precedente abbiamo dovuto addirittura dichiarare lo stato di necessità perché la nave era nel mezzo di una bufera. Non è più tollerabile questa situazione, non è degna di un paese civile”.
Ed è arrivata questo pomeriggio, dopo 11 giorni di stallo, l’assegnazione del Pos (place of safety) ad Agusta per la Geo Barents, la nave umanitaria di Medici senza frontiere. “La situazione a bordo era diventata sempre più complicata, ora dopo ora. Le persone erano esauste, in molti hanno subito violenze nei centri di detenzione in Libia” sottolinea Caroline Willemen, project coordinator di Msf. In tutto sono 558 le persone salvate in mare in 8 diverse operazioni. Dalle prime visite del personale di bordo in tanti hanno malattie della pelle, come la scabbia. I superstiti del secondo rescue, sia uomini che donne, hanno raccontato agli operatori a bordo di avere subito violenze sessuali nei centri in Libia. Sui loro corpi sono ancora evidenti i segni degli abusi.
Intanto nel Mediterraneo si continua a morire. Il 21 e il 24 dicembre tre naufragi sono avvenuti nel Mar Egeo e almeno 31 persone hanno perso la vita, mentre un numero sconosciuto di persone risulta tuttora disperso. “È straziante che, per disperazione e in assenza di canali sicuri, rifugiati e migranti si vedano costretti ad affidare le loro vite a trafficanti senza scrupoli. È necessaria un’azione più risoluta per frenare il traffico di persone e fermare coloro che sfruttano la miseria e la disperazione umana. È scoraggiante vedere il ripetersi di tragedie evitabili come queste. Non dovremmo abituarci a vedere i corpi recuperati dal mare”, ha detto Maria-Clara Martin, rappresentante dell’Unhcr in Grecia. Il primo naufragio è avvenuto al largo dell’isola di Folegandros il 21 dicembre, con 13 persone salvate e i corpi di tre uomini recuperati. Secondo la testimonianza di un sopravvissuto alla guardia costiera ellenica sarebbero state fino a 50 le persone a bordo dell’imbarcazione priva di qualsiasi attrezzatura di sicurezza. Il secondo naufragio, a nord dell’isola di Antikythera, ha causato la perdita di 11 vite, mentre 88 persone sono state salvate. Inoltre, la vigilia di Natale, una barca che trasportava almeno 80 persone si è rovesciata al largo dell’isola di Paros, causando la morte di 17 persone, tra cui un bambino. Sessantatre sopravvissuti sono stati salvati e portati sull’isola di Paros, dove le autorità locali e gli abitanti dell’isola si sono precipitati ad assisterli con coperte, cibo e vestiti. In tutto l’Unhcr stima che da gennaio alla fine di novembre di quest’anno, più di 2.500 persone sono morte o scomparse in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa, attraverso il Mediterraneo e la rotta marittima dell’Africa nord-occidentale.