Messico: migranti haitiani in Chiapas. Chiesa impegnata negli aiuti, ma serve “una politica giusta e umana”
Una situazione sempre più insostenibile. È quella dei migranti haitiani giunti in Messico e bloccati nello Stato del Chiapas, soprattutto a Tapachula, tradizionale “porta” d’ingresso meridionale del Paese. “Abbiamo avviato una missione verso le persone migranti”, annuncia padre Julio López, segretario della Mobilità umana della Conferenza episcopale messicana (Cem), a nome anche della diocesi di Tapachula e degli Scalabriniani.
Sebbene rivolta a tutti, l’iniziativa sarà “particolarmente rivolta alla popolazione haitiana”, anche attraverso un accompagnamento pastorale specifico, grazie alla presenza di due Scalabriniani, uno dei quali haitiano. A partire da domenica prossima sarà celebrata una messa in lingua creola.
In questo contesto, è stata accolta con un certo disappunto, da parte della Chiesa messicana, la notizia data ieri dall’Istituto nazionale per le migrazioni dell’allestimento di un accampamento umanitario al quale collaborerebbero, oltre al Governo Messicano, la Chiesa e l’Onu, attraverso i funzionati dell’Unhcr. La Mobilità umana della Cem, in una nota, puntualizza che in realtà la proposta dell’accampamento umanitario è arrivata unilateralmente dal Governo, nel corso della recente Conferenza sulle migrazioni, senza che esista ancora alcun accordo con gli organismi ecclesiali. Piuttosto, “la Mobilità umana è preoccupata per le condizioni di affollamento, insicurezza, mancanza di lavoro” dei migranti. E, pur auspicando un dialogo con il Governo, si ribadisce che la soluzione è piuttosto quella di dare vita a corridoi umanitari, possibilità di mobilità e processi di regolarizzazione.
In una precedente nota, padre López, da un lato, apprezza il lavoro dell’Unhcr, in questi giorni sopraffatta dal gran numero di migranti, e, dall’altro, critica le politiche restrittive del Governo messicano. “Durante la nostra visita a Tapachula – si legge – abbiamo avuto modo di verificare che stiamo veramente affrontando una crisi migratoria di grande portata che mette sia la popolazione migrante sia la popolazione locale in situazioni molto difficili. Abbiamo verificato che la Chiesa locale di Tapachula, il suo vescovo e il suo presbiterio sono profondamente impegnati al servizio della popolazione migrante, la loro organizzazione e intervento di emergenza è un esempio di unità, impegno evangelico e carità umanitaria”. Le mense parrocchiali sono un sollievo per molti migranti, tuttavia, “gli sforzi della Chiesa non sono sufficienti, perché la situazione della popolazione migrante supera le capacità e le possibilità. Siamo di fronte a una realtà che, al di là delle mense e dei dispensari medici, richiede una politica dell’immigrazione giusta e umana che tuteli e difenda i diritti dei migranti”. Padre López ha riscontrato che molte persone non sanno dove andare, dormono in strada e cercano con ogni mezzo di uscire da Tapachula per proseguire il loro viaggio. “Assistiamo con dolore agli atti violenti delle autorità per l’immigrazione e della Guardia nazionale contro i migranti, in particolare contro coloro che hanno deciso di prendere la strada per uscire da questa situazione di contenimento”, denuncia il responsabile dell’organismo ecclesiale.