Lotta alla povertà, l’asticella fissata dalla Banca Mondiale è “scandalosamente poco ambiziosa”

L'analisi di Philip Alston, già relatore speciale Onu sulla povertà estrema e i diritti umani, secondo cui gli indicatori usati sono fuorvianti: la soglia di povertà valutata a 1,90 dollari al giorno 

Lotta alla povertà, l’asticella fissata dalla Banca Mondiale è “scandalosamente poco ambiziosa”

Gli indicatori usati per valutare la lotta alla povertà sono sbagliati e ci danno l’illusione di avere fatto passi avanti, anche se non è così. A dirlo senza giri di parole nel suo ultimo rapporto è Philip Alston, Relatore speciale Onu sulla povertà estrema e i diritti umani dal 2014 al 2020. Un documento che è stato sottoposto il 7 luglio al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

I dati ufficiali. Alston denuncia innanzitutto la “trionfalistica narrativa mainstream” utilizzata prima dell’emergenza sanitaria, secondo cui la povertà era quasi stata sconfitta. Proclami che erano stati fatti in base a questi dati ufficiali: le persone sotto la soglia di povertà estrema sono passate da 1,9 miliardi del 1990 ai 736 milioni del 2015; detto in un altro modo, si è scesi dal 36% al 10% degli abitanti del pianeta in povertà.

La soglia sballata. Il punto dell’analisi di Alston sta proprio in questa valutazione: i dati si basano sull’International poverty line, un indicatore utilizzato dalla Banca Mondiale che considera la soglia di povertà a 1,90 dollari al giorno. Ma leggere tutto solo in base a questo dato, secondo Alston, dà un’immagine fuorviante. Il valore è calcolato in base alla soglia di alcuni Paesi più poveri al mondo ed esprime un valore assoluto, espresso in Parità di potere d’acquisto, senza considerare il costo dei beni essenziali. Un’impostazione criticata da molti economisti e ricercatori.
Uno studio dell’economista Robert Allen, per esempio, evidenzia come soddisfare bisogni primari, come una dieta di almeno 2.100 calorie al giorno e almeno 3 metri quadrati in cui abitare, costa molto di più rispetto all’asticella posta dalla Banca Mondiale: 2,63 dollari nei Paesi in via di sviluppo, 3,96 dollari in quelli ad alto reddito. Le soglie fissate a livello nazionale, inoltre, sono radicalmente diverse.
Qualche esempio: negli Usa, considerando 1,90 dollari come limite, si trova l’1,2% della popolazione, mentre per gli Stati Uniti i poveri sono il 12,7%; in Sudafrica si passa dal 18,9% al 55%; in Messico dall’1,7% al 41,9%.

Il commento. Per Alston, dunque, l’asticella fissata dalla Banca Mondiale è “scandalosamente poco ambiziosa”, tanto che non basta neppure per comprare da mangiare e pagarsi un posto in cui abitare. E non è un errore casuale. La soglia è “esplicitamente disegnata” per un livello di vita troppo basso, “ben al di sotto di ogni ragionevole concezione di una vita dignitosa”.

Il primo tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile è proprio quello relativo alla lotta alla povertà, ma gli sforzi su questo versante, secondo Alston, hanno portato solo “poster colorati e blandi report” e la crescita economica, considerata essenziale per raggiungere questi “goals”, dovrebbe essere messa in discussione. “Dopo decenni di crescita economica senza precedenti, i principali beneficiari sono stati i più ricchi. Invece di mettere fine alla povertà, la crescita sfrenata ha prodotto disuguaglianza estrema”, scrive Alston.

L’articolo integrale di Ilaria Sesana, Lotta alla povertà: il mondo sta perdendo la battaglia più importante, può essere letto su Osservatorio Diritti.  Foto: Cifa Onlus (via Portefaix: povertà e dignità

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)