Lo Sciacchetrà del migrante. Alle Cinque Terre un progetto di integrazione e crescita del territorio
Un ettaro di terreno terrazzato, metà di proprietà della diocesi della Spezia Sarazana e Brugnato e metà dell’azienda agricola Possa di Heydi Bonanni, sta riprendendo vita grazie al progetto Integrazioni.
Baciati dal sole la mattina, coccolati dalla brezza del mare al pomeriggio, bagnati di tanto in tanto dal cielo. Così, per settimane e settimane, finché il profumo ambrato dei loro acini non annuncia che è giunto il tempo della vendemmia. I grappoli di vino bosco crescono solo nelle Cinque Terre. I vigneti si inerpicano sui pendii delle colline lungo la riviera, e dai loro terrazzamenti si affacciano sulla riviera ligure, al di sopra dei tetti delle case, testimonianza di un dialogo quotidiano tra uomo e natura, intriso di fatica e di sudore. Un dialogo che alla fine viene premiato con un nettare dalle caratteristiche uniche e irripetibili.
Lo Sciacchetrà è un vino passito Doc che si produce solo e unicamente con uve di tre vitigni – bosco, albarola e vermentino – coltivate sui celebri terrazzamenti che sovrastano gli abitati delle Cinque Terre. Dal colore giallo dorato con riflessi ambrati e dal profumo intenso di passito, con piacevoli note che richiamano il miele e un sapore armonico, con un retrogusto mandorlato, lo Sciacchetrà è un passito raro e di limitatissima produzione e, per questo, tra i più cari al mondo (una mezza bottiglia costa generalmente tra i 45 e gli 80 euro e, nel caso di riserve particolari, può arrivare a superare anche i 110 euro). Non deriva da uve aromatiche, come malvasie o moscati, ma ha come vitigno principale il bosco, che è “il” vitigno delle Cinque Terre. È il vino della festa, da assaporare in bicchieri piccoli a tulipano, con stelo alto, insieme alla pasticceria secca o anche da solo, come vino da meditazione. Questo nettare, che nel nome fa il verso al movimento che si compie per ottenere il vino – ‘sciacca’, ossia ‘schiaccia’, e ‘tra’, cioè ‘tira via’, vale a dire ‘schiaccia l’uva ed estrai il mosto’ – racconta la storia di un territorio e della gente che lo abita. Ancora oggi, alcune bottiglie di Sciacchetrà dell’anno di nascita fanno da dote per molte ragazze della zona.
Coltivare i vigneti per produrre questo nettare è molto faticoso – c’è chi parla di viticoltori eroici –, e per questo non di rado si incontrano oggi appezzamenti abbandonati. Finché non arrivano nuove braccia disposte a dissodare quei terreni, così da permettere loro di tornare a portare frutto.
È quanto sta accadendo, in queste settimane al Lavaccio, collina sopra l’abitato di Riomaggiore, dove un ettaro di terreno terrazzato, metà di proprietà della diocesi della Spezia Sarazana e Brugnato e metà dell’azienda agricola Possa di Heydi Bonanni, sta riprendendo vita grazie al progetto Integrazioni, nato dalla collaborazione tra la Caritas della Spezia, il parco nazionale delle Cinque Terre, la Fondazione Carispezia e le associazioni degli agricoltori Cia e Confagricoltura.
Da quella terra abbandonata nascerà lo Sciacchetrà del Migrante.
“Otto giovani migranti, desiderosi di imparare un mestiere tanto antico quanto affascinante – si legge in un post pubblicato sulla pagina Fb del Comune –, attraverso lo strumento delle borse lavoro, sono all’opera sui terrazzamenti nella costa di Riomaggiore per produrre il prestigioso vino la cui vendita servirà a finanziare l’ampliamento del progetto stesso”. Il lungo lavoro di ripulitura del terreno ha permesso di riportare alla luce vecchi filari di vigna abbandonati, accanto ai quali, in questi giorni, sono state piantate nuove barbatelle. Vecchie e nuove viti cresceranno così insieme e tra due anni saranno pronte per la prima vendemmia.
“Questo progetto – spiega il direttore della Caritas della Spezia don Luca Palei – si inserisce nel grande progetto Integrazioni, che riguarda circa 300 migranti. Questa è un’occasione perché, in tema di integrazione, si passi dalle parole ai fatti. Per questi giovani si apre una possibilità di futuro. Questi ragazzi si dedicano a queste attività con grande trasporto, loro coltivano la terra e la terra coltiva qualcosa nei loro cuori”.
Il coordinatore del progetto, Giovanni Pontali, sottolinea che la percentuale di inclusione lavorativa è altissima, anche perché le aziende locali sono alla costante ricerca di manodopera qualificata. “Per chi arriva da Paesi in cui la tradizione agricola è ancora molto viva – spiega – è più facile legarsi a questo tipo di attività”.
Il progetto Sciacchetrà del Migrante è stato presentato ufficialmente mercoledì scorso, 9 marzo. Alla presentazione era presente anche Moussa, trentenne senegalese arrivato in Italia nel 2015. Grazie al progetto Integrazioni ha imparato dagli anziani del paese a costruire i muri a secco, simbolo del progetto, ma anche di una cultura comune a molte parti del mondo. È rimasto per due anni nella Comunità dell’orto gestita dalla Caritas spezzina e, grazie a progetti sociolavorativi, si è inserito nell’azienda Possa, di cui oggi è dipendente. “Siamo partiti da un doppio bisogno – spiega Bonanini – il bisogno del territorio di avere persone disposte a lavorarlo, perché oggi facciamo fatica a trovare delle figure da inserire nelle nostre aziende. Dall’altra parte c’è la volontà della Caritas di integrare delle persone che arrivano qui in cerca di un futuro migliore. Il progetto prevede il recupero di questo ettaro di terreno, ma allo stesso tempo i ragazzi che vengono portati qui, diventano una specie di apprendisti, vengono formati e, di volta in volta, quando sono pronti, vengono segnalati ad altre aziende che ne hanno bisogno. E così si inizia la formazione di nuovi giovani”.
La dimensione dell’appezzamento scelto per questo progetto non è casuale. Essa, infatti, permetterà di richiedere al Parco nazionale delle Cinque Terre il permesso per la realizzazione di una monorotaia a cremagliera, che aiuterà ad affrontare con minor fatica il lavoro in pendenza e invoglierà i proprietari degli appezzamenti adiacenti al recupero dei terreni incolti. Nella speranza che, ettaro dopo ettaro, l’intera collina torni a fiorire.
Moussa con i suoi compagni scava nel terreno un solco dove saranno allineate, una accanto all’altra, le barbatelle, le giovani piante delle nuove viti. Alle sue spalle, in lontananza, si riesce a cogliere la carezza di un mare che – tra mille difficoltà e alterne vicende – lo ha portato fin lì, alle Cinque Terre, in una comunità dove oggi è diventato uno di casa. Lo Sciacchetrà del Migrante racconterà presto anche la sua di storia.