Lampedusa, nell'hotspot centinaia di migranti: "Attivare ponti aerei"

La testimonianza di Marta Barabino operatrice di Mediterranean Hope da un anno nell'isola: “Avviare pratiche sostenibili a lungo termine: se non possono essere garantiti trasferimenti via mare, ci si adoperi con i ponti aerei”. Minori stranieri soli, "dall'estate costituiscono almeno il 10% degli arrivi"

Lampedusa, nell'hotspot centinaia di migranti: "Attivare ponti aerei"

Grande preoccupazione per le condizioni di accoglienza delle centinaia di persone migranti dentro l'hotspot che, dopo gli ultimi sbarchi a Lampedusa, sono molto al di sopra della capienza ordinaria di 250 persone. Si tratta di uomini, donne e minori arrivati dalle coste tunisine e per lo più libiche, che sono in un forte stato di deperimento fisico e psicologico. "Chiediamo che le persone migranti che arrivano sull’isola siano trasferite nel più breve tempo possibile sulla terraferma, anche utilizzando aerei. Chiediamo che durante il periodo in cui sono a Lampedusa stiano in un luogo dignitoso e accogliente": è l’appello delle chiese evangeliche. 
A confermare la situazione è Marta Barabino, l'operatrice di Mediterranean Hope, progetto sulle migrazioni della Fcei, che è presente da un anno nell'isola. Attualmente sono presenti sul posto, oltre a lei, due volontari, che presto verranno raggiunti da un altro operatore. "Dal 9 novembre scorso sono arrivate 500 persone su 8 imbarcazioni di fortuna diverse. Al momento dentro l'hotspot ci sono centinaia di migranti e questo per noi è davvero insostenibile. - spiega - I migranti non sono numeri ma persone, che meritano la giusta attenzione. Sarebbe dovuta arrivare una nave quarantena che non è venuta, rimandando ulteriormente i trasferimenti. Ci sono pure minori stranieri non accompagnati di 12, 13 e 15 anni che, non appena arrivati, ci hanno chiesto il telefono per rassicurare le loro madri sull'arrivo in Italia. Questi, ormai, dall'estate costituiscono almeno il 10% degli arrivi. Molti di loro soprattutto maschi, arrivano dalla Tunisia ma anche dall'Egitto e dal Bangladesh. Sono arrivate anche alcune donne, molte in gravidanza e con bambini a seguito, davvero stremate. Inoltre, molti uomini hanno sul corpo cicatrici e lividi che sono, purtroppo, segni forti ed evidenti di violenze, percosse, ustioni e torture subite in Libia. In questo momento non vogliamo parlare assolutamente di emergenza, rispetto a ciò che ormai da decenni interessa Lampedusa. Chiediamo, pertanto di avviare pratiche sostenibili a lungo termine: se per le condizioni meteo avverse non possono essere garantiti i trasferimenti via mare ci si adoperi per i ponti aerei in modo da snellire l'hotspot".  

"Noi siamo un osservatorio sulle migrazioni che si occupa principalmente di monitorare il flusso di persone migranti che arrivano sull'Isola – dice Marta Barabino -. Naturalmente, poiché abbiamo l'accesso al molo, possiamo, proprio durante lo sbarco delle persone, assisterle con beni di prima necessità ma anche interloquire con loro e, spesso in maniera diretta, ci raccontano le situazioni tremende che hanno vissuto. A noi interessa incontrare queste persone soprattutto per ascoltarle, curarle e proteggerle sul piano dei diritti umani. Due giorni fa abbiamo parlato con un ragazzo della Guinea che spontaneamente ci ha raccontato di avere vissuto 3 anni in Libia che è un luogo terribile dove ha visto uccidere persone davanti a lui".

"La condizione di vulnerabilità fisica e mentale di quanti sbarcano sulle nostre coste dopo un viaggio lungo e rischioso, spesso anche ricco di esperienze traumatiche, richiede, ad uno Stato civile come il nostro, uno sforzo ulteriore per garantire standard di accoglienza più alti e un quanto più veloce inserimento delle persone migranti nel circuito di accoglienza ordinario. - si sottolinea in un documento Fcei - Occorre trovare soluzioni definitive, non emergenziali, alle ormai ben note difficoltà logistiche legate all’insularità: il ritardo nei trasferimenti degli ospiti dell’Hotspot causa non di rado pericolose situazioni di sovraffollamento e promiscuità, soprattutto per i più vulnerabili come donne e bambini. Laddove le condizioni meteo non consentissero il trasferimento via mare, favorire i trasferimenti con ponti aerei potrebbe essere una via percorribile”.

Serena Termini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)