Labirinti, divinità, nature morte. E al centro la creatura umana. La mostra di Alberto Bolzonella

A Padova, nelle ex Scuderie di Palazzo Moroni, fino al 29 settembre, l’artista padovano novantenne Alberto Bolzonella, espone una settantina di opere nella mostra “Tra l’onirico e il mito. Retrospettiva dal 1950 al 2023”. Dipinti e disegni ispirati ai miti antichi e non solo

Labirinti, divinità, nature morte. E al centro la creatura umana. La mostra di Alberto Bolzonella

Nella settantina di opere, tra dipinti e disegni, della retrospettiva aperta fino al 29 settembre alle ex scuderie di palazzo Moroni dedicata dal Comune al decano degli artisti padovani, Alberto Bolzonella, compaiono divinità e figure magiche, cosmici labirinti e piazze quotidiane, nature morte e impetuosi cavalli gonfi di vita. Ma alla fin fine il soggetto principe è sempre e soltanto uno, la creatura umana. Ce lo conferma l’artista stesso il quale, con una passione che smentisce i suoi novant’anni suonati, guardando indietro alla sua lunga e produttiva carriera, che ha impreziosito gallerie pubbliche e private, colmando insieme la sua villetta, cerca di offrire un filo conduttore, un senso, un itinerario creativo... Pur consapevole della difficoltà di dare conto senza forzature di un lavorio lungo 73 anni (questi sono almeno quelli scanditi dal titolo della mostra “Tra l’onirico e il mito. Retrospettiva dal 1950 al 2023”) Bolzonella non si nega all’autolettura, con accanto, silenziosa partecipe, la moglie Marisa, pittrice anch’essa, “allieva” e complice di un’avventura che mescola e trasfigura insieme l’arte e la vita. A partire da quel lontano 1945, quando un ragazzetto di dieci anni mise e tenne in tasca per un giorno intero una “penna” trovata dietro a un muro della caserma del 48° fanteria: quel gingillo luccicante gli scoppiò tra le mani costandogli la perdita definitiva della destra. Quale inizio più nefasto per chi cominciava a sentir nascere, insieme alla predisposizione per il disegno, la passione per le forme e i colori? Ma la disgrazia, che Bolzonella ha tradotto in impegno civile andando per lungo tempo a sensibilizzare i ragazzi sul pericolo delle bombe inesplose con l’Associazione mutilati e invalidi, è diventata piuttosto un’occasione, uno stimolo per frequentare prima gli istituti d’arte di Padova e di Parma, e poi il Magistero statale d’arte di Firenze e le Accademie di Firenze e Venezia. La scuola artistica, ribadisce Bolzonella, è stata fondamentale per apprendere le basi del “mestiere”, che nessuna passione autodidatta riesce a trasmettere completamente, a cominciare dall’uso dei colori, scelti anche in base alle loro caratteristiche chimiche. Sono le conoscenze che gli hanno consentito di usare anche la tecnica severa dell’affresco e di sorvegliare l’atossicità delle sostanze usate. Un’attenzione certo memore delle malattie causate da talune professioni come quella esercitata dal padre e dal fratello, tipografi entrambi. La figura umana, si diceva, centro del mondo poetico di Bolzonella: una figura trattata dapprima con chiaro realismo, come negli autoritratti degli anni Cinquanta, ma sempre più poi con stilemi che attingono al linguaggio dell’astrazione, brevemente frequentato nel suo percorso di ricerca della propria lingua espressiva, e tramati da una vena simbolica spillata dagli strati profondi dell’inconscio collettivo. Sono tutte suggestioni formali che guidano verso il riconoscimento della “deità” della natura umana, a contatto con i miti degli dei dell’Olimpo alle origini della nostra civiltà, e infine con l’Uomo-Dio del cristianesimo. «I miti antichi – confida Bolzonella – sono stati per me una fonte inesauribile di ispirazione, diventando un cardine tematico ricorrente e ancora attivo: una “mitologia onirica” perché attinge ai tanti lavori interpretativi compulsati, ma anche a una reinvenzione personale senza timori reverenziali. Anche qui ho voluto far emergere l’umanità del mito: nella temeraria incoscienza di Fetonte, che ho ritratto anche su una delle porte dipinte dell’istituto magistrale Duca d’Aosta; nell’orazione danzante dei riti solare e lunare, nell’audacia sfrontata di chi vuole ergersi a giudice della bellezza divina; nel mistero delle profondità marine germoglianti di creature...». Viene quindi, al culmine di una lettura del divino nell’umano, il confronto con la divinità del Signore nostro, che ha portato Bolzonella fin dai primi anni, quelli gloriosi della galleria La Cupola, tra le file dell’Ucai, Unione cattolica artisti italiani: «Difficile – sintetizza - trovare un soggetto prevalente perché il contatto tra l’uomo e Dio non ha limiti».

Bolzonella, un pittore, un artista, un insegnante
Alberto-Bolzonella-opera

La mostra di Alberto Bolzonella “Tra l’onirico e il mito. Retrospettiva dal 1950 al 2023”, allestita alle ex scuderie di Palazzo Moroni fino al 29 settembre, non rende omaggio solo a un protagonista del panorama artistico padovano, ma anche a un maestro che ha insegnato arte per quarant’anni nella scuola statale e per altri trenta nei corsi per la terza età del Comune.

L’arte sacra, elemento di ispirazione

Per Alberto Bolzonella l’arte sacra costituisce elemento costante d’ispirazione, espresso anche con opere di grandi dimensioni come il luminoso Crocifisso delle Padovanelle, il trittico realizzato per il Duomo dei militari, ora nella parrocchiale di San Giuseppe, i tre dipinti murali della cappella del cimitero di Voltabarozzo: Commiato (Ultima cena), Morte e Risurrezione. Ma la sua riflessione sull’umanità a confronto con il divino si è messa alla prova anche confrontandosi con un’opera canonica della cultura italiana come nei 120 disegni a china dedicati prima all’Inferno e poi alle altre due cantiche della Commedia dantesca. Senza rinunciare all’intimità della contemplazione dei misteri più alti della fede: la Trinità, ispirata dalle poesie dell’amico mons. Giuseppe Magrin, con cui condivide da lungo tempo la comunione d’ideali nell’ambito dell’Ucai, o lo strazio del sacrificio di Cristo, simboleggiato nel “terzo chiodo” della croce.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)