La stanza della rabbia. Il successo delle "Rage Room", dove si trasforma la rabbia in violenza

I giovani sono disposti a pagare circa 35 euro per trascorrervi in solitudine dai 15 ai 30 minuti rompendo e devastando tutto ciò che vi trovano all’interno.

La stanza della rabbia. Il successo delle "Rage Room", dove si trasforma la rabbia in violenza

Si chiamano Rage Room e le hanno inventate i giapponesi circa dieci anni fa: sono le cosiddette stanze della rabbia.
Dopo aver riscosso un discreto successo negli Stati Uniti, ora sono approdate anche nella nostra Penisola. In realtà, l’esperimento Rage Room era già stato avviato nel 2013 da un imprenditore di Forlì. Una iniziativa passata un po’ in sordina. Oggi le Rage Room si stanno diffondendo a macchia di leopardo e diventano addirittura un franchising.
I giovani le apprezzano. Sono disposti a pagare circa 35 euro per trascorrervi in solitudine dai 15 ai 30 minuti rompendo e devastando tutto ciò che vi trovano all’interno. Al momento della prenotazione è anche possibile scegliere il contenuto della stanza (stoviglie, mobili e altri oggetti), che in genere viene fracassato con una mazza da baseball, una spranga o un piede di porco, il tutto ovviamente “in sicurezza”, ai clienti infatti viene fornito un abbigliamento antinfortunistico comprensivo di casco antiurto.

Viene da chiedersi: come mai tutto questa richiesta? E poi, è sufficiente davvero entrare in una di queste Rage Room e trasformare la propria rabbia in violenza per esorcizzarla e finalmente liberarsene?
Verosimilmente il sollievo sarà estemporaneo e i rumorosi minuti trascorsi nello “sfogatoio” saranno serviti a divertirsi più che altro. Almeno per chi riesce a provare divertimento nel rompere le cose.

Volendo approfondire sui testi di psicologia (e uscendo dal profilo “spettacolare” dei sentimenti che il nostro tempo tende a rimarcare, e non solo quando si parla di rabbia) si scopre che la rabbia può assumere diverse connotazioni. Può essere: “malevola”, quando esprime disprezzo o desiderio di vendetta; “sfogo”, quando scarica una tensione estemporanea; e, infine, “costruttiva” quando, oltre a far valere le proprie ragioni, agisce come stimolo verso il riscatto e diventa una motivazione a risolvere le proprie difficoltà e a migliorare se stessi.
Insomma, più che “essere sfogata” la rabbia andrebbe “ascoltata”, ricercandone le origini. “Prendersi cura” delle emozioni e dei sentimenti che proviamo significa capire se stessi e crescere davvero.
La rabbia diviene negativa e distruttiva proprio quando non viene riconosciuta, addirittura negata. Pertanto il fiorire di queste Rage Room forse ci suggerisce l’ennesima emergenza emotiva, soprattutto giovanile. Continuiamo a trascurare le cause del malessere giovanile e a dare spazio alle sue più eclatanti manifestazioni, in quest’ultimo caso qualcuno ne fa addirittura un business.
Siamo ancora in balia di un diffuso analfabetismo emotivo che potrà generare gravi conseguenze se non sarà presto colmato. La rabbia di oggi, può diventare frustrazione e degenerare in uno stato depressivo in un futuro prossimo. E’ fondamentale, quindi, riconoscere la rabbia nei nostri giovani e comprenderne le ragioni, accoglierla per curarla. Più che spaccare oggetti sarà bene cercare una via di comunicazione per tentare di ristabilire il perduto equilibrio interiore.
Il confronto sarà momento prezioso per “educarci” reciprocamente alle nostre e altrui emozioni.
La rabbia va esplorata, vissuta in profondità. Custodisce il dolore e non si cura certamente scagliando piatti e bicchieri contro un muro. Soprattutto, non si cura nella solitudine di una stanza in quindici-trenta minuti.

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Fonte: Sir