La maturità è una cosa seria. Il mondo della scuola ha il dovere di tornare a interrogarsi sull’importanza dell’esame di Stato
Uno dei problemi sotto la lente del Ministero è quello del ritorno degli scritti all’esame di maturità.
L’esame di maturità – sarebbe più corretto dire l’Esame di Stato – cioè la prova a conclusione del percorso scolastico complessivo delle secondarie superiori è una di quelle cose più soggette a riforma nel campo della scuola.
Basta dare un’occhiata alla storia recente e si scopre che ogni ministro che arriva in Viale Trastevere ha messo mano con più o meno intensità alla maturità. Ci sarebbe da domandarsi seriamente il perché. Forse un motivo è quello di restare al passo coi tempi(?) o forse semplicemente, da parte dei ministri così volatili, quello di lasciare un’impronta di sé nel mondo scolastico: modificare l’esame di maturità è forse la strada più semplice e veloce.
Ci sono poi – è il caso di questo tempo di pandemia – motivazioni che derivano da necessità oggettive: la scuola dimezzata, la famigerata dad, l’impossibilità di trovarsi in presenza e chi più ne ha più ne metta.
Di fatto, quella prova finale immaginata per certificare la (degna) conclusione di un complesso corso di studi – prova che talvolta era un vero e proprio spauracchio per gli studenti e le loro famiglie – quella prova che anche simbolicamente segnava (e segna ancora) il passaggio da una “minorità” ad una “maturità”, una condizione di prontezza per il prosieguo degli studi a livello universitario o per un primo ingresso nel mondo del lavoro, è andata via via perdendo peso e significato, diventando una tappa quasi scontata, un esame di cui non si può, ma si farebbe volentieri a meno.
Certo, la pandemia ci ha messo del suo, tuttavia il mondo della scuola ha il dovere di tornare a interrogarsi sull’importanza dell’esame di Stato e sull’opportunità che quest’anno, quando sembra che si possa tornare a una quasi normalità dei processi scolastici, la riflessione porti a decisioni che valorizzino un passaggio così delicato. Soprattutto per gli studenti, i quali di fatto avvertono il senso del “passaggio”, della valutazione e della misura che l’esame stesso può offrire.
Uno dei problemi sotto la lente del Ministero è quello del ritorno degli scritti all’esame di maturità. Il ministro Bianchi si è già espresso dicendo di volerci pensare, anche se, ancora per problemi di sicurezza sarebbe orientato a riproporre un esame senza scritti, da alcuni giudicato una “burletta”.
In proposito va segnalato l’appello del “Gruppo di Firenze”, che raccoglie nomi autorevoli di docenti universitari ed esperti, proprio per il ripristino degli scritti alla Maturità. “Nonostante i problemi causati dalla pandemia – scrive il Gruppo al Ministro – per far svolgere gli scritti in sicurezza a fine anno molte aule sono libere per ospitare piccoli gruppi di candidati. E che l’esame debba essere una verifica seria e impegnativa è nell’interesse di tutti. In quello dei ragazzi – per cui deve costituire anche una porta di ingresso nell’età adulta – perché li spinge a esercitarsi e a studiare, anche affrontando quel tanto di ansia che conferma l’importanza di questo passaggio. Solo così potranno uscirne con soddisfazione”. E aggiunge sottolineando l’interesse “della collettività” e la riconquista di “serietà” da parte della scuola.
Il problema non è solo, conclude l’appello del Gruppo, la “reintroduzione delle prove scritte, per molte ragioni indispensabile (insieme alla garanzia che non si copi e non si faccia copiare, come accade massicciamente ogni anno); ma di trasmettere agli studenti il messaggio di serietà e di autorevolezza che in fondo si aspettano da parte degli adulti”.