L'Italia della pandemia e della povertà educativa: il “prezzo alto” pagato dai bambini
Per la Giornata dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, Con i bambini presenta l'indagine su “vissuti, percezioni, bisogni emergenti dell'opinione pubblica”. Due italiani su tre sono convinti che i più piccoli pagheranno un costo sociale ed evolutivo molto alto. Per il 91% degli italiani la diffusione della povertà educativa è un fenomeno grave
Insieme all'emergenza sanitaria, avanza nel paese un'emergenza sociale che colpisce non gli anziani, ma i bambini: è la povertà educativa, procurata dalle limitazioni imposte dalla pandemia. La chiusura delle scuole e la didattica a distanza sono il segno più evidente, ma anche la riduzione degli spazi fisici, delle risorse materiali ed immateriali intorno ai minori rappresentano e rappresenteranno, a lungo termine, il costo sociale ed evolutivo imposto ai minori dal Covid-19. Ad accendere i riflettori su questa realtà, che richiede la massima attenzione, è la Fondazione Con i bambini, che in occasione della prossima Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza presenterà, oggi pomeriggio, l'indagine svolta dall'Istituto Demopolis “Gli italiani e la povertà educativa minorile nell’era Covid: vissuti, percezioni, bisogni emergenti dell’opinione pubblica”.
L'indagine è stata condotta dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, per l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, su un campione nazionale stratificato di 3.360 intervistati, statisticamente rappresentativo dell’universo della popolazione italiana maggiorenne. La rilevazione quantitativa, preceduta nel mese di ottobre da un’ampia fase di colloqui aperti qualitativi, è stata realizzata dal 3 al 12 novembre 2020.
La ricerca focalizza l’impatto sui più giovani della crisi pandemica ed analizza le percezioni dell’opinione pubblica sul più ampio tema della povertà educativa minorile, individuando un’urgenza confermata in tutti gli snodi dell’indagine: è il momento di restituire rilevanza sociale e centralità ai più piccoli, come risorsa della comunità intera. Ne è consapevole, da quel che emerge, un terzo degli italiani: tanti ritengono infatti che proprio i più piccoli rischiano di pagare il prezzo più alto dell'emergenza sanitaria.
“Con le limitazioni imposte dall’urgenza sanitaria e con la sospensione traumatica della continuità scolastica – spiega il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento – si profila molto alto il costo sociale ed evolutivo imposto ai minori dal Covid-19. A pagare il prezzo degli effetti a lungo termine dell’emergenza Coronavirus saranno i più piccoli: ne sono convinti oggi i due terzi degli italiani. Tra gli effetti del Covid, i cittadini segnalano il peso crescente delle disuguaglianze fra i minori nel nostro Paese: il 72% ritiene che siano ulteriormente aumentate nell’ultimo anno. Serve oggi un’alleanza 'con i bambini' per contrastare i danni generazionali della pandemia”.
“La pandemia ha aggravato ancora di più le disuguaglianze nel nostro Paese - ha spiegato Francesco Profumo, presidente di Acri -. Su tutte, quella innescata dalla povertà educativa minorile, che condanna i nostri concittadini più giovani sin dai primi anni della loro vita. Se un ragazzo o una ragazza era a rischio di abbandono scolastico prima della pandemia, lo è ancora di più oggi, con la chiusura delle scuole e soprattutto delle attività extra-scolastiche. Negare l’accesso all’educazione significa negare in futuro il diritto a una vita dignitosa. Di questo gli italiani sono consapevoli, come dimostra l’indagine di Demopolis: due terzi degli intervistati sono convinti che a pagare gli effetti a lungo termine dell’emergenza saranno proprio i più piccoli. Per questo, il lavoro del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile è ancora più cruciale oggi di quanto lo sia mai stato e per questo è fondamentale promuovere la continuità degli interventi ritenuti più promettenti e offrire evidenze e indicazioni utili per progettare ampie politiche strutturali permanenti di contrasto della povertà educativa”
Covid, le preoccupazioni rispetto ai minori
Una delle preoccupazioni più diffuse è evidentemente la scuola: il 73% cita lo scarso apprendimento scolastico, preoccupazione cresciuta significativamente (20 punti) nell’ultimo anno, anche in ragione della prolungata chiusura delle scuole. Il 69% stigmatizza la dipendenza da smartphone e tablet, dispositivi che hanno vissuto processi di ulteriore “sdoganamento”, fino ad essere a disposizione anche dei bambini più piccoli, con l’affermazione della didattica a distanza.
Quasi i due terzi degli italiani, intervistati da Demopolis, citano il rischio di isolamento e di riduzione della vita sociale a causa del Covid. Considerando – in termini generali – le principali apprensioni relative ai minori, meno della metà del campione focalizza l’impatto più fragoroso e già misurabile dell’epidemia da Coronavirus: le crescenti disuguaglianze e la marginalizzazione (49%), nonché la riduzione degli stimoli nella crescita, a seguito dell’emergenza Covid (47%). Nel confronto con i valori rilevati nel 2019, subiscono una rilevante contrazione le apprensioni relative ai consumi di alcol e narcotici, nonché alle dinamiche di aggressività, alla violenza ed al bullismo, tutti fenomeni che sembrano ridimensionarsi in ragione della socialità limitata dei minori.
Valutando in dettaglio gli effetti dell’emergenza pandemica, gli italiani segnalano il peso crescente delle disuguaglianze fra i minori: il 72% ritiene che siano aumentate nell’ultimo anno, mentre solo un quinto non individua variazioni rispetto al 2019. Con il Covid, nella percezione dei cittadini, alcuni problemi sono emersi o si sono aggravati a carico dei più piccoli: in prima istanza, 6 cittadini su 10 citano le conseguenze dell’incremento della povertà materiale in molte famiglie, ma anche l’esclusione dei più fragili (poveri, disabili, figli di genitori stranieri).
La maggioranza assoluta cita anche la regressione degli apprendimenti e del metodo di studio (55%) e le disuguaglianze nell’accesso a dispositivi informatici ed a connessioni adeguate (53%). Di contro, poco meno della metà individua la problematicità di una delle conseguenze della didattica a distanza: l’eccesso di digitalizzazione dei minori, che trascorrono troppo tempo su smartphone e dispositivi assimilabili (48%). Più di 4 su 10 mettono in evidenza i rischi di isolamento dalla vita sociale o di abbandono scolastico dei minori. È infine del 36% la percentuale degli italiani che, fra i problemi a carico dei più piccoli, emersi o aggravati dalla pandemia, segnala la riduzione degli stimoli esterni alla scuola.
Scuola e Covid
Centralità e limiti del ruolo della scuola nella crescita delle nuove generazioni emergono netti nell’indagine condotta dall’Istituto Demopolis. Gli italiani restano convinti che le opportunità dell’istruzione non siano oggi garantite equamente per tutti nel nostro Paese: per il 65% lo sono, ma con livelli di qualità differenti, e con forti divari, anche in seno ai medesimi contesti regionali ed urbani. Il 23% dichiara siano garantiti solo per alcuni. Appena il 9% crede che la scuola italiana garantisca oggi opportunità equamente per tutti.
E l’emergenza da Covid-19 è stata un’aggravante pesantissima sulle dinamiche di una scuola disuguale. È minoritaria, del 43%, la quota di intervistati che plaude a quanto è riuscita a fare la scuola, nella primavera scorsa, in pieno lockdown, per garantire parità di accesso a tutti gli studenti con la modalità a distanza, in lezioni, contatti con gli insegnanti, dimensioni di apprendimento. Ma il 49% è di parere opposto. Del resto, gli italiani hanno scoperto le asperità della didattica a distanza, anche nei casi in cui non fossero direttamente interessati: il 54% ha sentito, nel proprio contesto familiare o relazionale, di bambini o ragazzi che hanno trovato difficoltà a seguire la Dad nei mesi della primavera pandemica e, nuovamente, in questi giorni di seconda ondata.
Il vissuto dei genitori: non solo scuola
L’indagine condotta dall’Istituto Demopolis ha focalizzato quattro target significativi per l’analisi delle dinamiche di percezione della povertà educativa in Italia: accanto alla popolazione italiana nel suo complesso, sono stati infatti effettuati focus campionari fra rappresentanti degli enti del Terzo Settore e insegnanti, ma anche in seno ad un segmento significativo di genitori italiani con figli minorenni. L’approfondimento di ricerca ha esaminato l’inedita coesistenza, dilatata e coatta, nelle case italiane, di adulti e bambini durante le settimane del lockdown, ma anche le complesse dinamiche di apprendimento da casa.
Quasi 8 genitori su 10 hanno avuto esperienza diretta di Dad, che – nelle testimonianze degli intervistati – è stata vissuta dai figli utilizzando in prevalenza tablet e pc (77%). Ma in una dimensione non residuale di casi (20%) i ragazzi hanno seguito le lezioni e svolto la didattica attraverso un comune smartphone. La mancanza di dispositivi informatici adeguati e di connessioni idonee si è rivelata un problema nel 14% dei casi, dato che cresce al 22% nel Sud e nelle Isole. Ma nell’esperienza degli intervistati, le difficoltà di bambini e ragazzi nel seguire la didattica a distanza sono state, in prevalenza, d’altra natura: principale problema, indicato dal 45%, la scarsa capacità di attenzione nell’apprendimento a distanza, realizzato integralmente nell’ambiente casalingo.
Non a caso, dunque, solo una minoranza di genitori si dichiara soddisfatta dell’esperienza; il 54%, di contro, se ne dichiara scontento. Ed in questi mesi di pandemia, un vastissimo orizzonte di opportunità, occasioni di crescita, dimensioni relazionali e di apprendimento è stato precluso ai minori. Ed i genitori testimoniano i servizi che più sono mancati ai figli, e che – presumibilmente – continueranno a lungo a mancare. 7 su 10 citano le attività ludiche e ricreative, quella dimensione fertilissima del gioco compromessa dalle apprensioni per la necessaria sicurezza sanitaria. Il 65% ricorda la rinuncia a palestre, centri sportivi ed all’attività motoria necessaria nelle fasi di crescita. Inoltre, il 42% dei genitori intervistati ricorda quanto sia mancata ai figli la partecipazione a laboratori e ad altre attività educative extrascolastiche.