In sei anni gli atti intimidatori sono aumentati del 153%

Secondo il Rapporto "Amministratori sotto tiro" di Avviso Pubblico il primato va a Campania e Centro-Nord con in testa la Lombardia. Nel mirino soprattutto i sindaci, ma sono in aumento le intimidazioni verso il personale della Pubblica amministrazione.

In sei anni gli atti intimidatori sono aumentati del 153%

Sono 537 gli atti intimidatori, le minacce o violenze nei confronti di amministratori locali censiti nel 2017: uno ogni 16 ore.
Nel 2011 erano 212, ciò significa che l’aumento è stato del 212 per cento.

L’anno scorso per la prima volta sono state coinvolte tutte le regioni italiane
Il primato di intimidazioni va alla Campania, nel Centro-Nord quella dove se ne sono registrate di più è la Lombardia. Nel mirino soprattutto i sindaci, ma sono in aumento le intimidazioni verso il personale della Pubblica amministrazione.

Sono alcuni dati che emergono dal settimo Rapporto «Amministratori sotto tiro” di Avviso Pubblico presentato il 20 aprile nella sala Walter Tobagi della Federazione nazionale della stampa italiana a Roma.
«Esaminando i casi censiti - si legge nel Report - si è potuto constatare che resta immutato, rispetto al 2016, il profilo dell’amministratore sotto tiro: ricopre la carica di sindaco di un Comune medio-piccolo del Sud Italia con una popolazione fino a 50 mila abitanti, a cui ignoti bruciano nottetempo l’auto parcheggiata in una via pubblica nei pressi dell’abitazione o nel cortile di casa».
Il 13 per cento delle intimidazioni ha colpito donne, minacciate con le stesse metodologie utilizzate per gli uomini.

La situazione regionale

Quasi 7 atti intimidatori su 10 si concentrano al Sud e nelle Isole. La Campania è la regione più colpita con 86 casi censiti (+34  per cento rispetto al 2016). Segue la Sicilia (al primo posto nel 2014 e 2015) con 79 episodi. Al terzo posto si trovano Calabria, prima regione per intimidazioni nel 2016, e Puglia, che nel 2017 registra una recrudescenza del fenomeno con 70 casi. Quarta è la Sardegna con 48 intimidazioni.
La Lombardia è sesta (28 i casi) ed è la prima regione del Centro-Nord davanti a Lazio (24), Piemonte (21), Emilia-Romagna (20) e Veneto (19).
«A parte il Lazio – prosegue il Report – dove il dato è sostanzialmente stabile, nelle altre regioni si è registrato un sensibile aumento dei casi».

A livello provinciale, nel 2017 i territori più colpiti sono state le province di Napoli (34 casi), Avellino (22), Reggio Calabria, Siracusa e Cosenza (18), Roma e Foggia (17), Milano e Bari (16). I comuni coinvolti sono soprattutto quelli medio-piccoli, in alcuni casi già sciolti per mafia.
Il 72 per cento dei casi censiti sono avvenuti in comuni con un numero di abitanti inferiore a 50 mila: il 31,5 per cento in comuni fino a 10 mila abitanti, il 41 per cento in comuni da 10 a 50 mila abitanti. Il restante 28 per cento riguarda comuni medio-grandi, superiori a 50 mila abitanti. Sono 49 i Comuni che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa, in cui nel 2017 sono stati registrati atti di intimidazione e minaccia verso amministratori locali.
«Un dato – si legge nel Report – che induce a pensare a un possibile collegamento con una matrice mafiosa».

L'identikit dell’amministratore sotto tiro

Tra i soggetti maggiormente presi di mira si confermano gli amministratori locali: rappresentano il 65 per cento dei casi.
Tra questi, in particolare ci sono i sindaci (61 per cento), seguono consiglieri comunali (20 per cento), assessori (10 per cento) e vicesindaci (6 per cento).
Sono in aumento le minacce verso il personale della Pubblica amministrazione (il 21 per cento dei casi), come ex amministratori (6,5 per cento), amministratori regionali (4 per cento) e candidati alle elezioni amministrative (4 per cento).
Nel 76 per cento dei casi le intimidazioni censite nel 2017 sono state di tipo diretto (+4 per cento rispetto al 2016) ovvero amministratori locali e personale della Pa sono stati minacciati come persone.
Nel 24 per cento dei casi le minacce erano indirette: sono stati colpiti municipi, uffici e strutture di proprietà comunale o sono state distrutte e danneggiate strutture e mezzi adibiti al ciclo dei rifiuti, a servizi sanitari, idrici, elettrici e di trasporto pubblico.   

Che tipo di intimidazioni?

La tipologia più utilizzata tra i 537 casi del 2017 (in continuità con gli anni precedenti ma con un’incidenza percentuale in calo rispetto al 2016, dal 33 per cento al 28 per cento) è l’incendio, seguono lettere, biglietti e messaggi minatori (13 per cento), aggressioni fisiche (10,5 per cento), danneggiamenti a strutture e mezzi (10 per cento), minacce verbali o telefonate minatorie (9 per cento). L’uso dei social network è passato dal 3 per cento del 2016 al 9 per cento del 2017.

«La piazza virtuale – si legge nel Rapporto – rappresentata principalmente da Facebook, è progressivamente diventata lo sfogatoio di frustrazioni personali, disagio e malcontento sia per questioni socialmente rilevanti sia per decisioni prese dagli amministratori locali. La convinzione che sui social si possa dire ciò che si vuole, che viga una sorta di impunità nella diffusione sia di parole permeate di odio sia di notizie false, nascondendosi dietro una tastiera anonima anziché confrontarsi faccia a faccia con un sindaco, un assessore o un consigliere, si trova presumibilmente alla base di questo aumento».

Una minaccia su 4 non ha matrice criminale

«Si è registrato – spiega il  Rapporto – un costante aumento dei casi in cui non sono le mafie a colpire o altre organizzazioni criminali ma singoli cittadini o gruppi di essi, che sfogano il proprio disagio e, in alcuni casi, i propri istinti più bassi, verso il politico o il dipendente pubblico fisicamente più raggiungibile».
Fra le minacce/intimidazioni non criminali (146 in totale nel 2017), un terzo trae origine dal malcontento suscitato da una decisione sgradita, il 23 per cento è riferibile a un disagio sociale (la richiesta di un sussidio economico o di un lavoro), l’11 per cento riguarda casi di «violenza politica, in un periodo storico in cui in Italia alcuni estremismi sono tornati a farsi sentire su alcuni territori del Paese».

Nel 21 per cento dei casi sopra citati la possibilità di accogliere migranti o la loro presenza sul territorio ha creato tensioni che sono sfociate in minacce verso gli amministratori locali.

«Quella dell’immigrazione – si legge nel Report –  è una questione attuale e delicata in molti territori del Paese e in diversi Stati dell’Ue, con diverse gradazioni di intensità. L’immigrazione è una questione che suscita paura, incertezza, rabbia, violenza generati spesso da un deficit di conoscenza del fenomeno e da una certa informazione, preoccupata più di parlare alla pancia che alla testa delle persone».

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)