“Il volontariato rischia di chiudere”, l’allarme delle associazioni di Padova e Rovigo
Troppe le difficoltà nel gestire gli adempimenti introdotti con la Riforma del terzo settore. Il Csv di Padova e Rovigo: “In quest’anno le associazioni che hanno deciso di non procedere sono 180 e altre bloccheranno la procedura di trasmigrazione al Registro unico”
Arriva dalla Capitale europea del volontariato 2020 il grido d’allarme del mondo delle associazioni in difficoltà nel gestire gli adempimenti burocratici introdotti con la Riforma del terzo settore. Una situazione critica emersa nel corso dell’assemblea dei soci dell’ente gestore del Csv di Padova e Rovigo della settimana scorsa che ha portato alla luce le difficoltà di un tessuto associativo delle due province fatto di realtà non profit di piccole-medie dimensioni con un radicamento territoriale molto forte e legato a piccole comunità di riferimento. “È un grido di allarme e preoccupazione che stiamo ricevendo dalle associazioni già da alcuni mesi e il tema non può essere rimandato oltre - afferma Luca Marcon, presidente del Csv di Padova e Rovigo -. I contatti quotidiani, al di là dei dati, ci dicono delle enormi difficoltà dei volontari di Padova e Rovigo a conciliare l’impegno a favore della comunità con le procedure burocratiche che si stanno sempre più intensificando. Solo da inizio 2022 le associazioni in fase di trasmigrazione al Registro unico nazionale del terzo settore hanno dovuto scontrarsi con un nuovo schema di bilancio che implica una radicale trasformazione della tenuta della contabilità e stanno ricevendo in questi giorni richieste dagli organi competenti per ulteriori modifiche statutarie oltre a quelle già fatte tra il 2019 e il 2021 per l’adeguamento alla Riforma. Oltre a questo i volontari si stanno imbattendo con la necessità di adeguamenti informatici tra cui Pec e Firma digitale che, per quanto a prima vista banali, implicano un investimento di tempo e risorse. Tempo e risorse che le associazioni devono saper dosare molto bene vista la ristrettezza di entrambi. Non considerare questi campanelli d’allarme rischia di mandare in cortocircuito tutto il mondo del terzo settore”. Sono oltre 8 mila gli enti del terzo settore presenti nelle due province che da sole rappresentano circa un quarto di tutto il Veneto. Di questi, 6.570 si trovano nel territorio di Padova e 1.458 in quello di Rovigo. Tra questi, nel 2021, prima dell’avvio della trasmigrazione al Registro Unico Nazionale del terzo settore (Runts) si contavano nel padovano 493 Organizzazioni di Volontariato (Odv e 627 Associazioni di Promozione Sociale (Aps), in Polesine 288 Odv e 140 Aps. Ad oggi, le associazioni in fase di trasmigrazione risultano in totale 1.369 con una “perdita” del 10% delle Aps e del 15% delle Odv. “In quest’anno nel passaggio burocratico di anagrafica tra i registri regionali e il Runts - spiega una nota del Csv - le associazioni che hanno deciso di non procedere sono 180 e probabilmente altre bloccheranno la procedura di trasmigrazione per le incombenze richieste prima di arrivare all’esito finale. Ciò significa che queste associazioni non potranno più accedere al 5 per mille, accedere a fondi nazionali e regionali dedicati ai soli enti iscritti al Runts, avranno accesso solo in parte a regimi di esenzione o agevolazione e incontreranno maggiori difficoltà ad accedere a sovvenzioni o a relazionarsi con la Pubblica Amministrazione”. Per Marinella Mantovani, vicepresidente del Csv di Padova e Rovigo, se dall’oggi al domani il volontariato si fermasse gli effetti sarebbero tangibili. “Si interromperebbero, solo per fare alcuni esempi, migliaia di trasporti sociali e sanitari quotidiani, le attività di doposcuola per minori, i corsi di alfabetizzazione - spiega Mantovani —, la distribuzione di beni di prima necessità attraverso gli empori della solidarietà e le associazioni che si occupano della consegna casa per casa. E ancora pensiamo alle centinaia di volontari impegnati nei centri sollievo Alzheimer distribuiti capillarmente nel territorio, ai volontari che si occupano degli anziani soli, dei pazienti oncologici e ancora della tutela dell’ambiente e della donazione di sangue e derivati. Per non parlare di tutto il comparto delle associazioni culturali che rendono vivi i nostri territori. Sono dati e numeri difficili da rendicontare, ma se si pensa a uno qualsiasi dei servizi sociali, sanitari, ambientali e culturali attivi a livello comunale, dai capoluoghi di provincia ai comuni più piccoli, viene in mente almeno un’associazione coinvolta”. Per queste ragioni, spiega Mantovani, “il Csv vuole farsi portavoce della sofferenza che stanno vivendo le associazioni, a causa dei due anni di pandemia e di una Riforma che sta parificando dal punto di vista amministrativo e burocratico le Odv e Aps - che rappresentano una prima risposta qualificata a quelli che sono i bisogni dei cittadini - alle cooperative e alle imprese sociali. È un accanimento contro il mondo del volontariato che invece ha bisogno di rispetto e non può permettersi di chiudersi in un ufficio. Per questo non possiamo permetterci di perdere il capitale sociale che anima le nostre comunità e chiediamo anche a tutti gli attori istituzionali e del mondo profit di far proprio questo appello e contribuire ad individuare strategie per far superare queste difficoltà alle associazioni senza ulteriori incombenze”.