Il senso dell’insieme
Quel che finora è sembrato mancare è uno spirito autenticamente unitario in tutte le posizioni che si assumono.
“La più grande virtù politica è non perdere il senso dell’insieme”. Lo affermava Emmanuel Mounier, il grande filosofo del personalismo comunitario di cui proprio in questi giorni ricorre il 70esimo anniversario della morte. In tempi di ansia e di disorientamento come quelli che stiamo vivendo, mentre si sperimentano risposte inedite a una sfida senza precedenti, ricorrere alla profondità del pensiero di chi ci ha preceduto non è una fuga nel passato, ma una risorsa per interpretare il presente.
Della virtù di cui parla Mounier oggi c’è un enorme bisogno nella politica a tutti i livelli, a cominciare da quello internazionale, in cui le spinte positive che pure non mancano devono fare i conti con un contesto di relazioni devastato dagli egoismi nazionali. Arrivati fino al punto di cercare di accaparrarsi preventivamente un vaccino che gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando.
Anche ai politici del nostro Paese si deve chiedere di non perdere il senso dell’insieme. E’ una virtù che in una certa misura riguarda tutti, nell’assumere comportamenti responsabili a tutela di se stessi e dei più fragili, pensando con la mente e con il cuore a chi è impegnato in prima linea nel quotidiano duello tra la vita e la morte e a chi piange i propri cari deceduti senza neanche la possibilità di un saluto. Ma per chi fa politica si tratta di una virtù specifica, che qualifica il proprio impegno. Se la politica non è capace di guardare all’insieme, a che cosa serve?
Purtroppo l’evidenza dei fatti ci dice che anche in questa drammatica emergenza troppi soggetti sembrano pensare a un tornaconto di parte, magari legittimo in alcuni casi, ma che viene portato avanti in modo assoluto. Perdendo il senso dell’insieme, appunto. E questo vale sia a livello di partiti, che di istituzioni. Di tutto c’è bisogno in questo momento tranne che di polemiche e qui non si intende accusare nessuno in particolare. Non fosse altro perché il virus ha investito anche esponenti politici, nazionali e non, e molti amministratori sono in campo in prima persona nei loro territori. Ma talvolta pare di assistere a una gara per dimostrare chi è più bravo, chi fa di più, oppure a una sorta di gioco al rilancio sganciato da criteri di realismo e di ragionevolezza. Non è questo ciò che serve al Paese, tanto più se diventa il pretesto per delegittimare chi è portatore di una linea diversa o non perfettamente coincidente con la propria. Con effetti potenzialmente pericolosi in una fase in cui agli italiani vengono richiesti sacrifici impensabili fino a poche settimane fa.
Tanto per essere chiari, il problema non è la presenza di una dialettica costruttiva dell’opposizione nei confronti del governo e non sono neanche le iniziative autonome delle Regioni in sé considerate. Siamo una grande democrazia e dobbiamo rivendicarlo con orgoglio anche in un frangente che richiede decisioni eccezionali. Quel che finora è sembrato mancare, piuttosto, è uno spirito autenticamente unitario in tutte le posizioni che si assumono, la consapevolezza che l’insieme conta più del particolare, anche se non lo cancella.