Il punto Cnvf-Sir: “Il materiale emotivo” di Sergio Castellitto e “La scuola cattolica” di Stefano Mordini
È dedicato al cinema italiano il punto Cnvf-Sir di questa settimana. Anzitutto in sala c’è “Il materiale emotivo” diretto e interpretato da Sergio Castellitto. Direttamente da Venezia78 arriva nei cinema “La scuola cattolica” di Stefano Mordini
È dedicato al cinema italiano il punto Cnvf -Sir di questa settimana. Anzitutto in sala c’è “Il materiale emotivo” diretto e interpretato da Sergio Castellitto, che rielabora insieme con la scrittrice Margaret Mazzantini, un copione di Ettore Scola. Un omaggio al suo cinema, ma anche al valore del teatro e della letteratura. Direttamente da Venezia78 arriva nei cinema “La scuola cattolica” di Stefano Mordini, dramma che ripercorre il delitto del Circeo del 1975 prendendo le mosse dal romanzo Premio Strega di Edoardo Albinati.
“Il materiale emotivo”
Con “Il materiale emotivo” Sergio Castellitto firma la sua settima regia. Il popolare e pluripremiato attore romano da oltre vent’anni alterna interpretazioni di successo con riusciti lavori di regia, il più delle volte su copioni scritti dalla moglie Margaret Mazzantini, Premio Strega per “Non ti muovere”.
Questa volta la coppia rielabora un’idea originale di Ettore Scola, una sceneggiatura scritta dal grande maestro e mai realizzata al cinema, “Un drago a forma di nuvola”.
La storia. Parigi oggi, in un quartiere caratteristico si trova la libreria di Vincenzo (Sergio Castellitto), italiano da anni residente Oltralpe. Al primo piano dell’edificio c’è il suo negozio, uno spazio accogliente dal gusto rétro; al piano superiore l’abitazione, dove dimora anche la figlia ventenne Albertine (Matilda De Angelis), colpita da paralisi agli arti inferiori dopo un incidente. La vita di Vincenzo è chiusa in una routine tra i due piani: non c’è posto per altro, solo libri e Albertine… Un giorno fa irruzione nel negozio Yolande (Bérénice Bejo), attrice teatrale spumeggiante e impulsiva che lo costringerà a uscire dal suo guscio…
Castellitto sin dal principio stabilisce il perimetro del racconto, affidando a un sipario rosso l’immagine di apertura del film; questo ci permette di capire che la storia si snoda in una Parigi che sconfina dalla realtà al sogno, come una pièce teatrale.
Nel “Materiale emotivo” la carica di drammaticità e realismo è infatti tenuta a freno, spingendo il racconto sui sentieri della favola esistenziale.
Assistiamo così alle giornate ripetitive del libraio parigino che trova serenità unicamente tra pagine dei suoi libri, negli spazi vellutati della sua casa-negozio e accanto ad Albertine, figlia fragile e tanto amata. Vincenzo dedica tutta la sua esistenza a lei, abdicando a socialità e domani. L’arrivo della stravagante Yolande, che mette a soqquadro il suo negozio e il suo animo, lo risveglia dal torpore: si accorge che la sua esistenza non funziona, è decadente e, a ben vedere, che non compie neanche il bene di sua figlia. Albertine, infatti, ha scelto di non parlare da quando è rimasta paralizzata e, al pari di suo padre, ha fermato il tempo della sua esistenza scegliendo la non-vita, la rassegnazione.
Seguendo il tracciato della commedia romantica-esistenziale, il film di Castellitto mette a tema il riconciliarsi con se stessi e con la vita, il darsi una seconda opportunità, individuale e come padre-figlia. La sua regia è indubbiamente avvolgente ed elegante, dipingendo (con un poco di furbizia dal sapore gentile) una Parigi da cartolina, uno spazio dove le note dolenti virano sui toni luminosi del colore. Le interpretazioni, poi, dello stesso Castellitto, di Bejo e De Angelis contribuiscono a dare slancio all’opera, seguendo la rotta del sentimento e del sogno.“Il materiale emotivo” si conferma una suggestione che fonde romanticismo e poesia, un atto d’amore verso cinema, teatro e letteratura, che rendono il nostro vivere migliore.
Dal punto di vista pastorale il film è consigliabile, problematico e per dibattiti.
“La scuola cattolica”
Presentato fuori concorso alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, “La scuola cattolica” di Stefano Mordini esce ora nelle sale italiane. Il film mette a tema il massacro del Circeo avvenuto tra il 29 e il 30 settembre 1975, nel quale perse la vita Rosaria Lopez e ritrovata quasi esanime Donatella Colasanti.
Il film è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega nel 2016.
Al di là della complessità di ridurre in sceneggiatura un romanzo corposo che va oltre le mille pagine, la vera difficoltà dell’operazione riguarda il confronto con una delle vicende più sofferte e buie dell’Italia anni ’70.
Voce narrante del film è lo scrittore Albinati, compagno di scuola in un noto istituto cattolico della Capitale dei colpevoli delle violenze. Attraverso il suo sguardo entriamo pertanto nelle vite di quei ragazzi e delle loro famiglie alcune settimane prima della tragedia. Assieme al futuro scrittore si esplorano il tessuto relazionale di quei giovani, le paure, le angosce e i desideri, come pure il contesto educativo tra casa e scuola.
La pellicola cerca di mettere a tema una frattura del nostro passato, con l’intento sia di fare memoria dell’orrore sia di rintracciare la genesi del Male, le falle del sistema che hanno permesso che ciò accadesse.
Ma è proprio su quest’ultimo punto, probabilmente, che risiede anche una delle debolezze più insidiose dell’opera di Mordini. Sul banco degli imputati, infatti, insieme ai carnefici, finiscono tanto i padri biologici, ritratti come i grandi assenti (e in generale le famiglie poco solide), quanto i padri-educatori, i docenti religiosi che guidano il percorso formativo dei ragazzi. Il carico di colpe viene pertanto ripartito tra i figli “predatori” e l’orizzonte educativo tutto. E questo, purtroppo, senza appello.
Sorge però la domanda su dove sia nel film la cornice politica e sociale di quegli anni, così fortemente instabili e tumultuosi.
Si riconoscono all’opera di Mordini non pochi punti di pregio, tra cui la messa in scena accurata e la convincente prova del cast tutto – tra cui Valeria Golino, Fabrizio Gifuni e Benedetta Porcaroli –, come pure l’intenzione di fare memoria oggi di un avvenimento che ha segnato la storia del Paese.
A ben vedere, però, il film “La scuola cattolica” si muove in maniera non del tutto compatta, efficace; in particolare, si denota un certa discontinuità tra una lunga anticamera della tragedia e il frettoloso passaggio chiave finale.
Sia chiaro, non perché bisognava stare in maniera insistita sul male (anzi!), ma perché sembrano mancare dei collegamenti narrativi con il deflagrare del crimine. Non tutto pertanto risulta a fuoco, così il film sembra perdere in compattezza e completezza.
“La scuola cattolica” è da valutare come complesso, problematico e per dibattiti. Si segnala che il film esce nei cinema con il divieto ai minori di 18 anni su indicazione della Commissione ministeriale (Direzione generale Cinema e audiovisivo – MiC).