Il discorso di Conte. Diritti sì. E i doveri?
Il discorso del presidente del consiglio alle Camere ha parlato molto di diritti. Ma alla base di una compiuta democrazia non può non esserci la consapevolezza che l’essere cittadino comporta anche precisi doveri
Il card. Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha invitato i politici a non soffiare su rabbia e frustrazione degli italiani. Integrando la sua raccomandazione, personalmente inviterei i politici anche a non insistere solo sui diritti, ma anche sui doveri.
Prendiamo il discorso alle Camere del nuovo presidente del Consiglio Giuseppe Conte: un discorso nel quale si parla molto di diritti, ma poco, troppo poco, di doveri. Viene da chiedersi: come fa un premier a garantire i diritti di cui parla se non a partire dal suo dovere di reperire le risorse necessarie per assicurarne il rispetto e la realizzazione?
C’è pero una seconda domanda che non chiama in causa solo il primo ministro e il suo governo, ma la società intera nelle sue varie articolazioni: come promuovere nella coscienza degli italiani la consapevolezza che l’essere cittadino in tutte le sue accezioni non comporta solo diritti, ma anche doveri?
La risposta e relativamente semplice: aiutando i cittadini a riflettere sul fatto che a ogni diritto corrisponde un dovere. Ad esempio, al diritto allo studio corrisponde il dovere di studiare; al diritto di essere curati corrisponde il dovere di aver cura di se.
Ciò aiuta a comprendere concretamente quanto qualsiasi forma di convivenza civile sia fondata sulla responsabilità di ciascuno nel rivendicare i propri diritti, ma anche nell’assolvere ai propri doveri.
Potrebbe essere utile a tal fine inventariare i vari diritti riferiti ai diversi contesti sociali (casa, scuola, lavoro, assistenza…) individuandone la relazione con i rispettivi doveri e ricordando che diritti e doveri (ma forse l’ordine giusto è “doveri e diritti”) costituiscono un binomio inscindibile.
Le società umane si basano da sempre sull’adempimento di doveri da parte dei loro componenti e sul riconoscimento agli stessi di una serie di diritti.
Se ho il dovere di curare la salute, ho anche il diritto di disporre dei mezzi necessari e sufficienti per poterlo fare. Purtroppo tanto sono vaste la legislazione e la letteratura sui diritti, quanto sono ridotte quelle sui doveri dei cittadini. La stessa nostra Costituzione, molto dettagliata in tema di diritti, e piuttosto asciutta per quanto concerne i doveri.
Essa ha due richiami di carattere generale: all’articolo 52, al ≪dovere di difendere la Patria≫; e all’articolo 54 al ≪dovere di osservare la Costituzione e le leggi≫. L’articolo 54 contiene anche un richiamo al dovere di chi svolge funzioni pubbliche: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore». Dunque, bando alla trascuratezza e alla disonesta. Solo a due doveri la nostra Costituzione dedica altrettanti articoli specifici: il dovere del lavoro, nel senso di «svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» (articolo 4); e «il dovere di prestazioni patrimoniali (leggi: imposte) per concorrere alle spese pubbliche, in proporzione alla propria capacita contributiva» (articolo 53).
C’è infine un altro dovere, il più fondamentale di tutti, su cui vorrei richiamare l’attenzione ed e il dovere di coltivare l’educazione civica dei cittadini. Un dovere d’importanza essenziale, visto che i cittadini – salvo i più fortunati – non ricevono né dalla famiglia ne dalla scuola né dell’ambiente in cui vivono una qualsiasi forma di educazione in questo senso.
Come si sa, l’educazione civica venne introdotta nelle scuole italiane come materia obbligatoria oltre 50 anni fa da Aldo Moro. Ma la sua scelta illuminata e rimasta purtroppo sulla carta. Anzitutto perché una volta affidata indistintamente a tutti gli insegnanti, non e stata poi praticata da nessuno. E in secondo luogo per tre mutamenti profondi intervenuti nel frattempo nella scuola italiana.
Il primo e il passaggio storico e impetuoso da una scuola per pochi a una scuola “per tutti”: le sue dimensioni si sono triplicate. Il secondo e conseguenza dell’entrata in campo di nuove e potenti agenzie formative (televisione, internet, industria del tempo libero ecc.) che operano in concorrenza con la scuola e spesso in dissonanza, visto che non hanno responsabilità educative.
Il terzo e che il tessuto sociale del passato (famiglia, chiesa, partiti) si e molto indebolito negli ultimi anni.
Un fatto e certo (non condivido lo scetticismo di molti che considerano “complici” tutti indistintamente gli italiani): far osservare i doveri significa conquistare la simpatia e la fiducia della maggioranza dei cittadini, amareggiata nel non veder premiata la propria onesta e correttezza, ne punita la disonesta e scorrettezza altrui.