Il Festival che non ti aspett(av)i
Il vento del cambiamento ha attraversato anche il palco del teatro Ariston, portando ai tre primi posti un gruppetto di giovani e sdoganando i nuovi generi
La sessantanovesima edizione del Festival di Sanremo ha riservato al suo nutrito pubblico più sorprese che conferme. A partire dalla vittoria di Mahmood, il rapper italo-egiziano che ha cantato la non irresistibile “Soldi” ed è riuscito a ribaltare le previsioni e il voto popolare verso quello che molti hanno definito un “voto politico”. Se il suo primo posto serve a riaffermare la necessità di integrare le culture ben venga, anche se la qualità musicale del suo pezzo era inferiore a quella di altri in gara. Al secondo posto si è classificato Ultimo (“I tuoi particolari”) e al terzo il Volo (“Musica che resta”).
La votazione è stata eseguita attraverso il televoto degli spettatori (50%), il voto della giuria della Sala Stampa (30%) e quello della Giuria d’Onore (20%). Dopo le esibizioni dei 24 cantanti è stata stilata una classifica in base alle percentuali di voto ottenute nel corso delle cinque serate. Nella fase finale, una valutazione a sé è stata riservata alle 3 canzoni risultate ai primi 3 posti, ovvero quelle di Ultimo, del Volo e del citato Mahmood; il quale, pur avendo soltanto il 14,% del televoto (contro il 24,7%) di Ultimo, ha ottenuto dalle giurie un largo 63,7% (contro il 24,7% di Ultimo), che ha sovvertito il giudizio popolare.
I verdetti della kermesse sanremese riservano sempre qualche sorpresa e di conseguenza qualche polemica. D’altra parte, ormai da lustri non si tratta più di un Festival della canzone ma di uno spettacolo che mette in primo piano i cantanti e la loro attitudine ad accattivarsi il giudizio di pubblico e giuria più per la loro capacità di tenere la scena che per la effettiva qualità dei brani interpretati.
Simone Cristicchi (“Abbi cura di me”), Daniele Silvestri (“Argentovivo”, vincitore del Premio della Critica), Paola Turci (“L’ultimo ostacolo”) e Arisa (“Mi sento bene”) – solo per citarne alcuni – hanno proposto brani che avrebbero meritato migliore fortuna, ma tant’è. Il vento del cambiamento evidentemente ha attraversato anche il palco del teatro Ariston, portando ai tre primi posti un gruppetto di giovani e sdoganando i nuovi generi che oggi vanno per la maggiore soprattutto fra i giovanissimi.
Il tutto accompagnato da una conduzione alquanto ingessata da parte di Claudio Baglioni, intaccata soltanto parzialmente dai cambi di ritmo e dagli sprazzi di comicità di Claudio Bisio, un po’ sotto tono rispetto al suo solito) e Virginia Raffaele, comunque brava, anche se in panni per lei insoliti rispetto a quelli di imitatrice e caratterista.
Nonostante il calo rispetto alle medie record dello scorso anno, il Festival ha confermato il suo appeal sul pubblico televisivo nostrano, con ascolti intorno ai 10 milioni e uno share medio del 50%, più che lusinghiero. Molto hanno fatto i super-ospiti intervenuti durante le cinque serate, da Giorgia a Elisa, da Antonello Venditti a Ligabue, da Raf e Umberto Tozzi a Eros Ramazzotti, insieme alla piacevole serata dei duetti che ha riservato qualche sorpresa positiva.
Rispetto a molte edizioni precedenti, sono mancate le incursioni comiche (con la parziale eccezione della presenza di Pio e Amedeo) e i picchi di emotività o sensazionalismo. In complesso, l’edizione 2019 del Festival è stata più omogenea e meno densa di imprevisti di altre passate, nel segno di una normalizzazione che probabilmente è stata anche una scelta di fronte alle possibili polemiche sempre dietro l’angolo.
L’edizione del 2020 sarà quella del settantesimo ed è improbabile che veda ancora il Claudio nazionale nelle vesti di conduttore. Se, com’è facile prevedere, fra un anno sarà la volta di Carlo Conti si tornerà finalmente a distinguere il ruolo del conduttore da quello dei cantanti.
Marco Deriu