I Neet: chi sono, chi non sono. Una ricerca per conoscere, oltre gli stereotipi

Hanno tra i 15 e i 34 anni, non lavorano e non studiano. Alcuni sono attivi, altri no. Presentati i dati del Report di Cgil e Actionaid. Nel 2020 i Neet erano più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. “Superare gli stereotipi per indirizzare politiche verso i giovani davvero efficaci e sostenibili”

I Neet: chi sono, chi non sono. Una ricerca per conoscere, oltre gli stereotipi

Hanno tra i 15 e i 29 anni, in Italia fino ai 34 anni, non lavorano, non studiano e non sono in formazione professionale: li chiamano Neet, ma non sono una categoria omogenea, tutt'altro. Diverse sono le condizioni, le ragioni, le intenzioni, le prospettive, diversi i bisogni e, di conseguenza, diverse dovranno essere le risposte, ovvero le politiche. A fare chiarezza e sgomberare il campo da giudizi e pregiudizi, arrivano i dati del Report di Actionaid e Cgil “Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, presentato oggi a Roma insieme alle raccomandazioni verso il nuovo Governo e Parlamento per indirizzare le politiche nazionali e territoriali per i giovani, a partire anche dalle lezioni apprese dai principali programmi di intervento, tra cui Garanzia Giovani. Nel 2020, in Neet in Italia erano più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni: numeri da primato europeo, per il nostro Paese. L’incidenza dei Neet raddoppia nel Sud rispetto al Nord, è maggiore tra le donne, nelle due fasce d’età più adulta, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%), più si cresce con l’età, più aumenta la loro quota. Un quadro preoccupante caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza. Un quadro variegato, perché le condizioni dei Neet possono essere molto differenti. “Un Neet può essere sia un soggetto che non è occupato, non è uno studente, e non è inserito in alcun percorso di formazione ed è attivamente alla ricerca di un’occupazione – si legge nel Rapporto - ma può anche essere un soggetto che ha smesso di cercare lavoro, o non lo hai mai cercato, per motivazioni diverse (scoraggiamento, mancanza di competenze, mancata conoscenza della domanda di lavoro e così via) ed è quindi considerato come soggetto inattivo. I due profili sono entrambi compresi dentro l’universo Neet. Solo facendo una distinzione fra quanti dei giovani Neet sono parte della popolazione attiva e quanti invece di quella inattiva, come per fortuna l’Istat fa da qualche anno, è possibile capire se quella condizione di Neet corrisponde ad un profilo di giovani che hanno ancora fiducia, hanno ancora le risorse materiali, psicologiche, culturali e familiari per adoperarsi nella ricerca di un lavoro, e quindi, è possibile fare ancora leva sulla loro attenzione, dinamicità, energia e capacità perché entrino nel mercato del lavoro, oppure se siamo di fronte a giovani che sono completamente fuori dal mercato del lavoro, o perché fuoriusciti precocemente o perché mai entrati e che dunque possono essere poco attrezzati in termini formativi, psicologici, materiali e familiari per rientrarci sui quali è dunque necessario e urgente un altro tipo di intervento”. Differenze importanti, quindi, che necessariamente “si configurano con bisogni e necessità molto diversi e dovrebbero essere destinatari di politiche differenziate”, si legge nelle prime pagine del report.

Da regione a regione, da uomo a donna

Nel Sud Italia c’è la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano: sono il 39% rispetto al 23% del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est. Tutte le regioni italiane superano l’incidenza media dei Neet sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud, con quote molto alte per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%). Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei Neet è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%).

I Neet sono per il 56% donne e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a dimostrare che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione. Le disuguaglianze di genere si riproducono anche osservando i ruoli in famiglia dei Neet: il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine; tra questi c’è un’ampia differenza tra donne e uomini che vede un 23% di madri Neet rispetto ad un 3% di padri Neet. La più alta percentuale di giovani Neet donne pari al 27% sul totale della popolazione Neet si concentra tra le persone inattive che non cercano e non sono disponibili; il 20% delle Neet sul totale della popolazione dei Neet italiani sono madri inattive.

Per lo più inattivi, ma perché?

La motivazione all’inattività è spesso legata alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro. I Neet italiani sono per la maggior parte inattivi – coloro che, scoraggiati, hanno smesso di cercare lavoro: il 66% del totale, quindi 2 su 3, e tra questi circa il 20% non cerca ma è disponibile. C’è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%). Rispetto ai disoccupati (coloro che cercano regolarmente un lavoro) il dato preoccupante è relativo al tempo: il 36,3% dei disoccupati è in cerca di un lavoro da più di un anno. Quasi 1 su 2 ha avuto precedenti esperienze lavorative e tra questi il 54,3% è donna. Un’ulteriore disuguaglianza attraversa il tema della cittadinanza e delle migrazioni. I giovani di origine straniera o senza cittadinanza italiana sono in numero inferiore rispetto agli italiani (il 18% del totale), ma anche tra questi c’è una maggioranza di donne (57%); la maggioranza delle e dei Neet con cittadinanza straniera (48,4%) ha solo la licenza media.

Destrutturare per comprendere

Nel Rapporto, l’analisi dei dati quantitativi (età, sesso, regione, etc) ha reso possibile la definizione di alcuni cluster (sottocategorie) che aiutano a raccontare e fotografare meglio il fenomeno Neet, tendenze e ricorrenze che aiutano a delineare gruppi al di là degli stereotipi e che potrebbero guidare alla definizione di politiche e interventi specifici e davvero efficaci.

Il primo cluster raccoglie i giovanissimi fuori dalla scuola: hanno dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi. Non percepiscono un sussidio, hanno soltanto la licenza media e vivono in un nucleo familiare composto da coppia con figli. Si tratta di un gruppo abbastanza residuale, ma allo stesso tempo significativo rispetto alla popolazione e trasversale a tutta l’Italia.

Il secondo racchiude i giovani dai 20 ai 24 anni, senza precedenti esperienze lavorative e alla ricerca di una prima occupazione. Sono residenti nel Mezzogiorno, hanno la cittadinanza italiana e il diploma di maturità. Sono in un nucleo familiare monogenitoriale, maschi e vivono in una città metropolitana o grande comune. Questo è il cluster più numeroso e mette in luce la fragilità del mercato del lavoro del Sud, dove nonostante le azioni di ricerca e l’immediata disponibilità, i giovani hanno difficoltà ad introdursi per la prima volta nel mercato occupazionale.

Il terzo gruppo descrive gli ex occupati in cerca di un nuovo lavoro. Hanno tra i 25 e i 29 anni, hanno perso o abbandonato un lavoro e ora sono alla ricerca. Sono principalmente maschi, con un alto livello di istruzione, appartenenti ad un nucleo familiare single e percepiscono un sussidio di disoccupazione. Vivono nelle regioni centrali del Paese. Infine, ci sono gli Scoraggiati: giovani dai 30 ai 34 anni con precedenti esperienze lavorative e ora inattivi. Sono principalmente residenti nelle regioni del Nord Italia e in aree non metropolitane. Incidono in questo gruppo il genere femminile e il nucleo familiare composto da una coppia senza figli.

Katia Scannavini, Vicesegretaria generale ActionAid Italia spiega: “Destrutturare il fenomeno Neet e decostruire gli stereotipi che per anni hanno ostacolato la realizzazione di politiche adeguate sono passi essenziali da fare. Servono politiche integrate, sostenibili nel tempo e che rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani, riconoscendo tra le cause della condizione di Neet le disuguaglianze che attraversano l’intero Paese. È necessario ripensare ai servizi, lavorare a stretto contatto con i territori, rafforzare le reti di prossimità, intercettare i giovani più lontani dalle opportunità. Prevenire e contrastare il fenomeno Neet significa per ActionAid garantire giustizia economica e sociale alle nuove generazioni, l’esercizio dei propri diritti, l’accesso ad eguali opportunità, indipendentemente dalla condizione socioeconomica di partenza, dal genere, dalla cittadinanza e dalla Regioni in cui si vive”.

Per il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari: “Occorre modificare la narrazione sui giovani nel dibattito pubblico, per ridare loro centralità nelle politiche e negli interventi dei prossimi anni. I giovani non sono il problema del nostro Paese, ma una straordinaria risorsa fin qui inespressa. Le condizioni di contesto, infatti, li hanno relegati troppo spesso in una situazione di esclusione sociale come quella dei Neet”. “È indispensabile partire - prosegue - dall’analisi delle politiche pubbliche che non sono riuscite a ridurre l’evidente svantaggio delle nuove generazioni, come la cosiddetta Garanzia Giovani. Contrasto alla precarietà nel lavoro, rilancio degli investimenti sul sistema pubblico di istruzione e formazione, pieno ed efficace utilizzo delle ingenti risorse che l’Europa sta mettendo a disposizione, dal Pnrr ai Fondi strutturali: sono questi gli ambiti prioritari su cui agire per invertire la tendenza”. “Solo così - conclude Ferrari - potremo ridurre le disuguaglianze e i divari che, in questi anni, si sono sempre più ampliati, valorizzando le nuove generazioni nel loro ruolo di leva per la crescita sostenibile e inclusiva del Paese”.

Le raccomandazioni

Il Rapporto di ActionAid e Cgil dimostra che le disuguaglianze strutturali del Paese incidono sulla condizione di Neet, ma rivelano anche quanto la sofferenza vissuta da un’intera generazione di giovani sia, purtroppo, trasversale, complessa e profonda. Nello stesso tempo, proprio per la pluralità dei fabbisogni e dei target, l’analisi evidenzia la necessità di costruire percorsi integrati multi misura di media-lunga durata, che siano sostenibili nel tempo e strutturati e sappiano cogliere i bisogni intersezionali delle nuove generazioni, soprattutto se si vogliono avere effetti sulle popolazioni giovanili più fragili. Percorsi che sappiano adeguatamente integrare misure di innalzamento delle competenze e eventualmente dei livelli di istruzione con interventi di accompagnamento e inserimento al lavoro.

Qui il video con le testimonianze di Neet

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)