Gusto mediterraneo. La gelateria solidale

Il progetto di impresa sociale “BarConi” ha debuttato a giugno dello scorso anno ed è stato promosso da Moltivolti con l’obiettivo di integrare giovani palermitani insieme a donne e uomini migranti, provenienti dall’Africa centrale e dal Maghreb.

Gusto mediterraneo. La gelateria solidale

“Desidero essere una storia bella da raccontare, una storia di speranza”.

Alagie Malick Ceesay ha 22 anni. E questa è la sua storia.

Soma è una vivace città mercato a sud del fiume Gambia. Ma in quello che è il centro economico della regione diventa difficile vivere e sopravvivere quando, nel giro di poco tempo, perdi entrambi i genitori.

È poco più di un ragazzino Alagie Malick, quando deve fare i conti con la vita. “Le mie giornate hanno iniziato ad essere un po’ difficili”, racconta ai microfoni di Radio Fantastica in un’intervista rilanciata anche su Fb. “Mi sono detto: se la vita sarà sempre così difficile, allora cerco di cambiarla e mi sono deciso a partire”. E così decide di mettersi in viaggio. Lascia il Gambia e arriva in Senegal. Da qui, mentre si trova sul pullman che lo avrebbe portato in Mali, sente tanti che parlano della Libia. Decide così di cambiare destinazione. “Sono andato e ho pagato più di duemila euro per arrivare in Europa – ricorda –. A Tripoli sono rimasto più di due mesi, ho visto scene indicibili, l’orrore assoluto. Anche io sono stato maltrattato, ma sono stato più fortunato di altri”. Una notte di marzo del 2017, insieme ad altre 500 persone, sale su un barcone. “Di quel barcone ricordo poco, a parte la partenza, a mezzanotte. Stavo così male che sono rimasto privo di conoscenza quasi tutto il tempo”. Ha 16 anni quando – 6 anni fa – gli scafisti lo sbarcano al porto di Pozzallo. Di lì arriva per caso a Palermo. Lui, minore non accompagnato, sognava di andare a Roma. Nel capoluogo siciliano Malick inizia a frequentare corsi di italiano e consegue la licenza media. “Ho iniziato a studiare e a partecipare ad alcuni progetti. Alla fine ho deciso di rimanere a Palermo”. Frequenta un istituto tecnico commerciale e a giugno dello scorso anno consegue la maturità. Mentre frequenta la scuola media conosce i ragazzi di Moltivolti, impresa sociale che opera nel cuore di Ballarò. Inizia a collaborare con loro in un progetto per la promozione turistica.

Fino a pochi mesi fa non pronunciava volentieri la parola ‘barconi’. “Per me la parola ‘barconi’ è associata a ricordi molto brutti, al mio viaggio nel Mediterraneo. E quando raccontavo la mia storia non parlavo mai dei barconi, perché quella parola creava distanza in chi mi ascoltava”.

Poi quella parola è stata spezzata. Ed è allora che si è trasformata in una parola che oggi, per Malick, significa speranza.

Una speranza che è tornata a fiorire nel Mediterraneo. Quello di piazzetta Mediterraneo, luogo nel cuore di Ballarò che la comunità del quartiere ha strappato all’incuria, ripulendolo da detriti e immondizie e tenendolo in vita con l’apertura di nuove botteghe artigianali. In quel fazzoletto di città, crocevia di culture e lingue diverse, è approdato il “BarConi”, un bar gelateria che lo scorso 1° aprile ha riaperto i battenti dopo la chiusura invernale. Responsabile di questa speciale gelateria che, come logo, ha un cono gelato nato dal rovesciamento dell’immagine stilizzata di un barcone, è proprio Malick, che di anni oggi ne ha 22. Con lui, dietro al bancone, ci sono anche Essi Armelle Christine e Chacou Leslie. Entrambe provengono dalla Costa d’Avorio ed entrambe, dopo anni di fatiche e dolorose difficoltà, hanno iniziato ad intravvedere grazie al “BarConi” un orizzonte di serenità.

Prima di servire il gelato ai clienti, Malick ha dovuto imparare come si fa a riempire un cono. E non solo. È stato necessario un anno di studio, formazione professionale, passione e dedizione. “Ho imparato molte cose nuove – racconta Malick –. Ho imparato a servire il gelato, a gestire la cassa, e tanto altro ancora. Ma la cosa che mi ha sempre colpito in questo tempo è la fiducia che ci è stata data fin dall’inizio. I migranti sono spesso visti soltanto come persone da aiutare, non come persone che possono fare qualcosa e che hanno un valore. Credo che durante questo anno siano cambiate delle cose dentro di me, ho conosciuto delle cose nuove di me e penso che questo lavoro mi valorizzi molto. Essere un responsabile significa prestare attenzione alle esigenze di tutti, cercare i doveri dall’alto che i bisogni dal basso. È necessario mettersi nei panni degli altri e questo è una cosa molto bella. Spero che un giorno BarConi possa aprire in tutto il mondo”.

Il progetto di impresa sociale “BarConi” ha debuttato a giugno dello scorso anno ed è stato promosso da Moltivolti con l’obiettivo di integrare giovani palermitani insieme a donne e uomini migranti, provenienti dall’Africa centrale e dal Maghreb. A sostenere il progetto la Fred Foundation con sede in Olanda e la Fondazione Svizzera Haiku Lugano. “BarConi è una parola che rimanda ai viaggi disperati dei migranti – racconta in un’intervista il coordinatore del progetto per Moltivolti Giovanni Zinna – ma che si trasforma, diventa un bar che fa coni gelato. E si riempie di speranza”.

A collaborare con il “BarConi” c’è anche Antonio Cappadonia, uno dei più importanti maestri gelatieri in Italia, che a gennaio scorso, ha ricevuto per il quinto anno consecutivo 3 coni sulla guida del Gambero Rosso. E proprio per il “BarConi” Cappadonia ha creato il gusto Moltivolti, un gusto che racconta il Mediterraneo: gelato al burro di arachidi leggermente salato con una variegatura di riso soffiato sabbiato con zucchero di canna integrale e arricchito dal profumo delle zeste di limone. Riuniti insieme, a regalare al palato una soffice e fresca carezza, il burro di arachidi, ingrediente fondamentale per la preparazione di tante ricette africane, il riso, cereale che accomuna tutte le culture alimentari del mondo, e il limone, che riporta ai profumi del Mediterraneo.

“Sto provando con tutte le mie forze a essere un esempio positivo per tutti i ragazzi che rischiano di morire per raggiungere l’Europa – sottolinea Malick in un’intervista – perché anch’io come loro ho rischiato la vita per costruirmi un futuro, per cambiare la mia vita e semplicemente perché non avevo alternative. Non potevo arrivare in Europa con l’aereo”. Non riesce, Malick ad ascoltare la quotidiana cronaca dei naufragi, interminabile resoconto di storie spezzate, di vite disperate che non ce l’hanno fatta. Il dolore è troppo grande. E la risposta al dolore è lavorare e costruire qualcosa di nuovo. Insieme agli altri e per gli altri. “Devo lavorare tanto, devo fare di più. Se l’impresa sociale cresce, potremo aprire altri punti vendita e allora altri ragazzi come me troveranno un lavoro regolare in Italia. Non posso permettermi di soffrire. Lo devo a loro”.

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Fonte: Sir