Governo diviso su tutto. Rischio “stand by” fino a maggio
Le forze che sono al governo appaiono divise su tutto, dalle priorità dell'economia alle autonomie regionali, dalla politica estera alle scelte sulle grandi infrastrutture, dai rapporti tra politica e giustizia alle nomine pubbliche
La sensazione di un Paese bloccato non arriva soltanto dai dati dell’economia. È dal versante della politica che giungono i segnali più preoccupanti in questo senso. “Mancano un progetto e un’idea condivisa di Paese”, scriveva l’Eurispes nel suo ultimo rapporto, neanche un mese fa. Le forze che sono al governo appaiono divise su tutto, dalle priorità dell’economia alle autonomie regionali, dalla politica estera alle scelte sulle grandi infrastrutture, dai rapporti tra politica e giustizia alle nomine pubbliche. Il problema non sono tanto le singole opzioni, su cui naturalmente è possibile avere nel merito opinioni diverse.
Ma l’emergere sempre più evidente, in ogni snodo cruciale della vita pubblica, di due sistemi ideologici sostanzialmente incomponibili. Il “contratto” tra M5S e Lega si sta rivelando per quel che effettivamente era sin dall’inizio: uno stratagemma formale per sbloccare l’impasse nella formazione del nuovo esecutivo. Non è mai diventato un programma condiviso e, a ben vedere, non doveva neanche diventarlo, nelle intenzioni dei suoi promotori. Gli stessi due provvedimenti di bandiera, reddito di cittadinanza e quota 100, messi in campo con una fretta che giustifica molte incertezze sugli effetti della loro attuazione, non individuano una direzione di marcia comune, ma rispondono ai rispettivi interessi dei due partiti al governo. Anche quando Salvini è riuscito a imporre la sua agenda, come nel caso dell’immigrazione, i due “mondi” sono rimasti separati, almeno a livello di gruppi dirigenti.
È una sottolineatura doverosa, perché a livello di sommovimenti dell’opinione pubblica, invece, l’osmosi tra l’elettorato del M5S e quello della Lega è molto più intensa di quel che potrebbe apparire a uno sguardo superficiale. E proprio l’avvicinarsi della grande scadenza elettorale europea spingerà – anzi, sta già spingendo – i due partiti a rimarcare con ancora più energia le reciproche differenze, facendo leva sui temi che caratterizzano le rispettive identità ideologiche. Tanto più che manca anche il pungolo delle opposizioni, che sul piano nazionale non sono state finora capaci di offrire un’alternativa credibile all’attuale assetto di governo.
Il rischio è che il Paese resti in stand by fino al prossimo maggio, tirato un po’ di qua e un po’ di là, mentre la congiuntura economica interna e quella internazionale richiederebbero interventi mirati per rilanciare gli investimenti, l’occupazione, le politiche per la famiglia. Ma più di tutto è necessario recuperare la capacità di “pensarsi dentro un futuro comune, da costruire insieme”, per riprendere le parole del Presidente della Repubblica nel discorso di fine anno. Ci aspettano tempi complicati e affrontarli con un Paese diviso e bloccato renderebbe tutto ancora più difficile.