Gli italiani all’estero ai tempi del coronavirus, tra discriminazioni e fake news

Da quando l’Italia si è confermata tra i paesi al mondo più colpiti dal Covid-19, sono molti gli stati che hanno chiuso le frontiere ai nostri connazionali, mentre altri hanno imposto la quarantena a chi torna dal nord Italia: un piccolo viaggio per chiedere agli italiani residenti all’estero come i comportamenti nei loro confronti sono cambiati

Gli italiani all’estero ai tempi del coronavirus, tra discriminazioni e fake news

“I giorni scorsi abbiamo vissuto una vera e propria piscosi contro di noi. Da quando sono stati registrati nuovi casi anche qui, i toni si sono leggermente abbassati, ma continuano a mantenere le distanze dagli italiani”. Marco Cesario, giornalista e scrittore di origini napoletane che da anni vive a Parigi, non usa giri di parole quando racconta dell’atteggiamento, decisamente peggiorato, dei francesi nei confronti degli italiani ai tempi del coronavirus. “Ieri parlavo con un collega italiano, tutti ci guardavano storto. A un certo punto abbiamo deciso di cominciare a parlare in francese, per evitare di farci riconoscere. Una collega di Verona, che da mesi non torna a casa, da giorni è al centro delle discussioni nel suo ufficio, perché per molti colleghi dovrebbe mettersi in quarantena”. Da quando l’Italia si è confermata tra i paesi al mondo più colpiti dal Covid-19, sono molti gli stati che hanno scelto di chiudere le frontiere ai nostri connazionali: Giordania, Israele, Iraq e altri vanno via via aggiungendosi. Una situazione inusuale per gli italiani, che in questa veste di “ospiti indesiderati”, dopo una prima fase di spaesamento, cominciano a stare scomodi. Abbiamo deciso di fare un piccolo viaggio – virtuale, anche perché, come stiamo raccontando, reale sarebbe molto difficile da organizzare – attraverso alcuni Paesi europei (e non) per chiedere, agli italiani residenti all’estero, se i comportamenti nei loro confronti sono cambiati.

Marco Cesario, Parigi. “I media francesi hanno puntato il dito contro gli italiani, a loro dire incapaci di gestire la situazione. Marine Le Pen si è detta favorevole a controlli alla frontiera con l’Italia. Il ministro della salute Olivier Véran ha detto che ‘il coronavirus è alle porte’, riferendosi direttamente ai cugini d’oltralpe. Tutto ciò non ha favorito un atteggiamento distensivo”. Per ora a Parigi gli unici con obbligo di quarantena sono le persone che, nell’arco delle ultime due settimane, sono passate da Lombardia e Veneto. Questo fa sì che ci siano anche molti francesi in isolamento. “Ieri mia moglie è rientrata da Napoli – aggiunge Cesario –, è atterrata al Charles De Gaulle. Per lei, come per tutti gli altri passeggeri, nessun controllo, nemmeno quello della temperatura. L’ha raccontato pochi giorni fa anche una collega rientrata da Teheran: niente, nessuna valutazione. Fino a un paio di settimane fa non erano stati bloccati nemmeno i voli provenienti da Wuhan”. Il perché, spiega, va ricercato in un approccio completamente diverso da quello italiano: “Qui in Francia contano molto sul senso civico, sull’autodenuncia e l’eventuale conseguente isolamento volontario. Ma le cose stanno cambiando: i media hanno già cominciato a parlare di un imminente ‘scenario all’italiana’”. Oggi, intanto, Emmanuel Macron sarà a Napoli per il vertice Italia-Francia: “Un importante segnale di distensione”, conferma Cesario.

Ilaria La Corte, Lisbona. “Sono tornata in Portogallo alla fine di gennaio, quando la situazione ancora era tranquilla”. Ilaria La Corte, architetto italiano di origine abruzzese, per lavoro si divide tra la capitale portoghese e Piacenza, dove oggi si contano 63 casi di coronavirus. “Facevo la pendolare, ma ho dovuto rallentare, è stata una scelta personale”. Ilaria, infatti, aspetta un bambino: “Avevo già comunicato alle università con cui collaboro che non avrei cominciato il secondo semestre”. Con il senno di poi, è stata una scelta lungimirante: le realtà con cui collabora sono il Politecnico di Milano e l’Iuav di Venezia. In entrambe, al momento, le attività sono state sospese. “Al momento i comportamenti dei portoghesi nei nostri confronti non sono cambiati. Va detto che sono un popolo molto solidale: per esempio, si sono molto indignati per gli episodi discriminatori degli italiani verso i cinesi delle ultime settimane”. Ilaria racconta che, ogni giorno, i tg nazionali dedicano almeno 20 minuti all’emergenza sanitaria italiana e le mascherine sono esaurite, ma di casi ancora non se ne registrano. “Ieri mio marito, portoghese, ha ricevuto una mail dalle risorse umane della multinazionale per cui lavora con base in Francia che invitava tutti i dipendenti di ritorno dall’Italia o che avessero avuto contatti con gli italiani a rimanere a casa. Nel weekend era venuta a trovarci mia mamma: l’ha comunicato, ma non ci sono stati problemi, considerata la zona di provenienza. Ci è sembrato strano: per la Cina non avevano seguito una prassi simile”. La mail si chiudeva con l’invito a portarsi a casa, ogni giorno, il pc per lo smartworking: “In caso di necessità – quarantena inclusa – non vogliono farsi trovare impreparati”.

Giandomenico Padovan, Pechino. “Sembra assurdo ma ho ricevuto una chiamata dalla polizia cinese, che mi ha chiesto se di recente sono stato in Italia. Siamo alle tragicomiche”. Giandomenico Padovan si è trasferito nella capitale cinese cinque anni fa: oggi si occupa di progetti culturali tra cui workshop artistici, mostre d'arte e conferenze con artisti stranieri. “Mi ha chiamato anche il community manager e mi ha chiesto se ultimamente fossi tornato in Italia. Per il resto non ci sono stati annunci ufficiali del governo, né indicazioni su come comportarsi per chi torna dalle zone a rischio. Qui a Pechino è da un mese che stiamo vivendo l’epidemia, l’ansia è andata scemando: penso sia naturale che ora vinca la stanchezza più che la psicosi”.

Flavio Di Pietro, Heilbronn (Germania). “I media stanno amplificando moltissimo la notizia del coronavirus, creando un panico immotivato. Ieri mattina addirittura il telegiornale del mattino del canale di Ntv ha trasmesso una fake news colossale: dicevano che nove regioni italiane del nord erano state messe in quarantena, con le persone obbligate a notificare il proprio arrivo in altre regioni non infette e mettersi in auto isolamento per 14 giorni. Tutto ciò corredato dall’esempio di una coppia di Bologna che non si era attenuta alla prescrizione ed era stata trattenuta”. Al momento sono 18 le persone contagiate in Germania, tra cui un 25enne che ha contratto il coronavirus presumibilmente a Milano: il governo tedesco ha parlato di un “inizio di epidemia”. Flavio si è trasferito in Germania a gennaio per lavoro: è impiegato in una grande azienda automobilistica. “Un mio collega, anche lui italiano, è andato in trasferta in Ungheria per un meeting: l’incontro è stato cancellato, anche se lui era già atterrato là”.

Giulia De Maria, Amsterdam. “Per il momento qui sono tutti abbastanza tranquilli qui, dall’aeroporto di Amsterdam dicono che anche se ci sarà un contagio, sapranno tenerlo sotto controllo”. Giulia De Maria, originaria di Bologna, vive ad Amsterdam dal 2017. “Il Ministero della salute olandese ha fatto uscire una comunicazione che invita a non visitare il nord Italia in questo periodo, inclusa l’Emilia-Romagna e anche il Lazio. È uscita la notizia di un controllo di gruppo su 40 olandesi appena rientrati dall'Italia, ma nessuno è risultato positivo al tampone. I voli Ryanair sono sempre più vuoti, e una ragazza italiana che doveva andare a Milano ieri ha rinunciato per paura di non riuscire più a rientrare in Olanda”. Intanto, secondo il sito d'informazione locale Nu.nl, una scuola di Assen ha già deciso di cancellare il programma di scambio che aveva con una scuola italiana, mentre le autorità scolastiche di Drenthe hanno invitato le persone che di recente hanno visitato l'Italia di fare il test ai propri figli prima di rimandarli a scuola.

Alessia Ranieri, Londra. “Qui a Londra c’è la quarantena per chi è stato in una zona a rischio, ma ancora noi italiani non stiamo subendo discriminazioni”. Alessia Ranieri vive a Londra da cinque anni, dove lavora come psicologa e sta finendo un dottorato all’università di Reading. Le autorità inglesi hanno chiesto a chi torna dal nord Italia di mettersi in quarantena volontaria in presenza dei sintomi del coronavirus, mentre chi è stato nelle zone del focolaio acuto come Codogno deve stare in quarantena anche in assenza di sintomi. Per ora sono 15 i casi di coronavirus accertati in Gran Bretagna. “Il governo italiano è miope, non si può creare questo allarmismo – afferma Alessia –. Se facessero i tamponi a tappeto anche qui in Inghilterra ci sarebbero solo 15 infetti?! Ovviamente no, ce ne sarebbero molti di più. Ma non lo fanno e non creano il panico, per evitare che la gente smetta di venire a Londra. Invece noi italiani siamo sempre pronti a tirarci la zappa sui piedi”.

Erika Martello, Madrid. “Qui la situazione è molto tranquilla: né io né il mio ragazzo, né tantomeno i miei amici italiani siamo stati vittime di episodi di razzismo. Proprio ieri comunque ho ricevuto una mail dal mio capo in cui mi diceva che, se avessi avuto in programma di andare in Italia, avrei dovuto mettermi in contatto con il nostro manager: immagino che mi farebbero annullare il viaggio”. Erika Martello ha studiato filosofia a Barcellona e ora vive e lavora nella capitale spagnola. “Il numero dei contagi in Spagna sta aumentando e ora siamo arrivati a 15: poche ore fa sono stati confermati due nuovi casi a Madrid. Il governo ha incluso l’Italia nella lista di Paesi a rischio, insieme a Cina, Giappone, Corea del Sud e Iran. Vedremo adesso come si evolverà la situazione”.

Ambra Notari e Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)