Giovanni Paolo I. Parla suor Margherita Marin, ultima servitrice in vita: "I miei 33 giorni con il papa beato"

Suor Margherita Marin, l’ultima religiosa in vita ad aver servito papa Luciani e ad aver trovato il suo corpo dopo la morte improvvisa

Giovanni Paolo I. Parla suor Margherita Marin, ultima servitrice in vita: "I miei 33 giorni con il papa beato"

È l’ultima testimone in vita del drappello di quattro suore che servirono per 33 giorni il card. Albino Luciani, divenuto papa Giovanni Paolo I e che, dopo la sua prematura morte, hanno ricevuto la consegna del silenzio, durato quattro lunghi decenni. Così è stato, fino a un anno fa, quando con l’avvicinarsi della beatificazione di Albino Luciani di domenica 4 settembre in piazza san Pietro, è stato tolto il velo di mistero sulle ultime ore di vita del papa. Suor Margherita Marin, 81enne di Riese Pio X (Tv), delle Suore di Maria Bambina, è emozionata per la beatificazione del papa conosciuto da vicino. Suora dal carattere dolce, dall’accento ancora veneto, ci riceve nell’eremo di Ghirla, incastonato tra valli e laghi del varesotto, dove la congregazione ha una casa di spiritualità.

Suor Margherita, come vive questa sua eredità storica?
«Non c’è nulla di straordinario per una suora. Abbiamo fatto voto di obbedienza e servizio, per cui sento la responsabilità di ciò che ho vissuto prima con Giovanni Paolo I, e poi con Giovanni Paolo II, sebbene per il breve periodo di due mesi, come una chiamata al servizio della mia Chiesa!».

Sessanta giorni che l’hanno portata al centro della storia.
«Questo ha voluto il Signore. Lo stesso che poi mi ha riportata in uno sperduto convento, dove vivo con serenità questa responsabilità che oggi mi vuole ultima testimone di quelle quattro consorelle che nel 1978 vennero chiamate a servire il papa».

Con lei c’erano suor Elena Maggi, suor Vincenza Taffarel e suor Cecilia Tomaselli. Ci racconta la vostra chiamata a servizio del papa? 
«Io ero assistente giovanile nel nostro convento di Vittorio Veneto. Ricevetti una chiamata dalla madre generale di recarmi a Roma per un servizio speciale al papa. Era l’indomani dell’elezione di Albino Luciani sul soglio di Pietro. Pensai a un errore! Poi invece mi venne prospettato il compito cui eravamo chiamate. Anche se Luciani fu il vescovo che ci accolse come professe alcuni anni prima, di lui sapevo solo che era diventato patriarca di Venezia e niente più. Mai mi sarei immaginata che in un battibaleno sarei passata dalla piccola Vittorio Veneto al palazzo apostolico, per servire il papa!».

Un drappello di giovani suore a fianco del nuovo papa.
«Io dovevo occuparmi del guardaroba e della sacrestia, preparavo la cappellina dell’appartamento per la messa mattutina. Suor Cecilia era la cuoca, suor Vincenza l’infermiera, che poi condividerà con me la scoperta della morte del papa, mentre suor Elena coordinava il nostro lavoro, era la capogruppo. Suor Vincenza Taffarel, la più anziana, conosceva il papa e lo assisteva già da molti anni». 

Prima di riportarla alle ultime ore cruciali, c’è da ricordare il “peso” del silenzio che voi avete dovuto sopportare per tutti questi anni. Prima dell’inizio del processo canonico per la beatificazione, lei non ha mai raccontato a nessuno quanto ha visto?

«A nessuno, mi creda, neanche ai miei familiari. Ognuna di noi sapeva quello che gli veniva chiesto e doveva rispettarlo. I segretari, qualche ora dopo la morte del papa, ci dissero, chiedendoci il silenzio, che non era opportuno si dicesse che erano state delle suore a trovare il corpo».

Ma non è stato chiedervi troppo? Una forma di discriminazione in quanto donne?
«Quando ci consacriamo, sappiamo di fare voto di obbedienza. Sappiamo che non è facile, ma è una scelta che facciamo liberamente onorandola sempre. Ecco perché a titolo personale le posso assicurare di aver vissuto con serenità questo “silenzio”. Oggi magari sarebbe diverso, molto sta cambiando all’interno della Chiesa. Mi ha sorpreso che si sia tornati a riparlare di questa storia, dopo tutti questi anni. Se aspettavano ancora un po’ saremmo morte tutte!».

La cosa non le fa piacere?
«Non sono così vanitosa. Non vivo quei ricordi quotidianamente. So di essere stata chiamata a un compito. Di aver servito al meglio il papa, che nella quotidianità ci parlava in dialetto veneto, con fare familiare, dicendoci di non affannarci troppo per lui. A me disse: “Suora, vi faccio lavorare tanto. Fa caldo e io sudo parecchio. Non perda troppo tempo a stirarmi le camicie, basta soltanto il colletto e i polsi, il resto non si vede mica”».

In questi anni, alcuni hanno gridato al complotto altri hanno parlato di morte naturale. Come sono andati i fatti il 28 settembre 1978?
«Fu una giornata normale. La messa del mattino era alle sette, in cappella. Poi il papa diede un’occhiata ai quotidiani e si ritirò nel suo studio, doveva scrivere un documento per i vescovi, trascorrendo il resto della mattinata alla sua scrivania. Poi ci fu il pranzo: mangiava quello che suor Cecilia preparava per tutti noi con la spesa che veniva portata in appartamento con l’ascensore alle 5.30. Non faceva diete particolari. Non era affatto preoccupato, si era inserito bene nel nuovo compito. Ripeto, nessuna preoccupazione! Lavorava molto, girava per l’appartamento, lo vedevamo molto preso dai suoi impegni, ma mai affannato. Aveva tanta fiducia. Ci diceva: “Pregate suore! Pregate perché il Signore mi ha dato un compito grande, ho bisogno delle preghiere di tutti, e anche delle vostre”».

Ricorda ancora fin nei dettagli quei momenti?
«Come non potrei, parliamo di un papa e di un santo. Io stavo nella stanza guardaroba e stiravo. Poi a un certo punto si è fermato e si è appoggiato sul mio tavolo per scrivere qualcosa».

Arrivò quindi la sera. L’ultima…
«Ha recitato come suo solito i vespri in cappellina con i segretari, in inglese, per impratichirsi con la lingua. Ha cenato normalmente. Prima di ritirarsi aveva parlato al telefono con il card. Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano. La telefonata era durata una mezz’oretta, poi è venuto a dare la buonanotte a noi suore in cucina. A me chiese che messa avevo preparato per la mattina successiva, dì che era la ricorrenza dei Santi Angeli. Lui mi rispose: “Bene, così domani mattina, se il Signore vuole, celebriamo insieme”. Era sereno, tranquillo, non appariva affaticato. Ha fatto per allontanarsi, ma si è fermato sulla porta e ci ha salutato ancora».

Fu l’ultimo suo saluto. 
«Appunto, senza che nulla lasciasse presagire ciò che sarebbe successo di lì a breve. Fu un saluto con un gesto di mano, cosa che non faceva spesso, e proprio per questo mi rimase impresso».

Il giorno dopo nulla sarebbe stato più come prima.
«Noi suore ci svegliavamo alle 5, alle 5.15 eravamo in piedi. Suor Vincenza preparava il caffè. A quell’ora, di solito, il santo padre andava a prendere il caffè nella sacrestia della cappellina e poi si fermava in preghiera fino alle 7 per la messa. Quel giorno il papa non era uscito. Suor Vincenza aveva visto che il caffè non era stato toccato. Eravamo entrambe nel corridoio dell’appartamento, le dissi: “Forse sarebbe meglio bussare alla sua porta, visto che non è ancora uscito”. Lei bussò, ma nessuno rispose. La consorella aggiunse “vieni, vieni…”, forse aveva qualche presentimento. Entrò per prima, e pochi secondi dopo l’ho sentita dire: “Santità, lei non doveva farci questo scherzo!”. Mi chiamò ed entrai anch’io. Suor Vincenza da infermiera aveva già capito tutto. Il papa era immobile disteso sul letto, con gli occhiali, il pigiama, e la luce ancora accesa, con tre fogli dattiloscritti che contenevano alcuni capitoli del Vangelo di Matteo 11,18-19 che avrebbe letto all’udienza generale del mercoledì. Le sue mani erano appoggiate sul petto, come accade a chi si addormenta mentre sta leggendo. Ricordo la faccia serena, con un abbozzo di sorriso e per niente sofferente. Una morte improvvisa e indolore, avvenuta forse poco dopo averci salutato la sera prima».

Sappiamo poi dei sospetti che sarebbero stati alimentati su questa improvvisa morte...
«Guardi, non ho mai avuto dubbi sulle cause di quella morte. Mai una volta mi è passato per la testa il dubbio che il papa sia stato ucciso. Mi creda».

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