Giovani e droga. Bolognese: “Informazione e prevenzione l’unica strada. Efficace la peer education”
“Negli anni Settanta, c’erano centinaia di migliaia di ragazzi che partecipavano ai vari concerti e in quelle occasioni circolavano molte sostanze, ma da allora è cambiata la percentuale di principi psicoattivi che ci sono in queste sostanze create apposta per determinare una immediata dipendenza”, spiega l’esperto al Sir. Per questo “è necessario far conoscere i rischi sin da piccoli”. Anche l’aumento di episodi violenti legato all’uso di sostanze
Un invito a non restare indifferenti “di fronte alla tragica situazione della tossicodipendenza di milioni di persone in tutto il mondo” e “allo scandalo della produzione e del traffico illecito di tali droghe”. È venuto da Papa Francesco, durante l’udienza generale di mercoledì 26 giugno, in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Onu, che ha avuto quest’anno per tema “Le prove sono chiare: bisogna investire nella prevenzione”. Il Pontefice è stato diretto: “I trafficanti di droga sono trafficanti di morte”, sono “assassini”. E ha anche evidenziato: “Una riduzione della dipendenza dalle droghe non si ottiene liberalizzandone il consumo”. A sua volta, la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia del 2024 ha evidenziato che lo scenario della diffusione e del consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope in Italia è caratterizzato, nel 2023, “da trend in aumento: in rapporto sia ai consumi, sia ai reati penali”, “sia alla domanda di trattamento”. In particolare, “si conferma la crescita del consumo di sostanze psicoattive tra i giovani tra i 15 e i 19 anni rispetto all’anno precedente”. Di tutto questo parliamo con Antonio Bolognese, professore onorario di Chirurgia alla Sapienza e responsabile scientifico della Commissione dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Roma e Provincia per la valutazione, prevenzione e divulgazione delle conseguenze dell’uso della cannabis e di altri disturbi dell’area delle dipendenze.
Professore, le parole del Papa sono state chiare ed è grande l’allarme per l’uso di sostanze da parte di giovani e giovanissimi…
Le dipendenze da sostanze d’abuso, ma anche da gioco d’azzardo, da smartphone e dai social, hanno in comune un denominatore: quello che viene definito come il disagio dei giovani. Questa è una situazione reale, ma non bisogna nascondersi dietro questa parola:
è necessario evidenziare la disinformazione su quello che queste sostanze da abuso determinano.
Faccio un esempio: è vietata la vendita di alcol ai giovani fino ai 18 anni, perché da un punto di vista fisiologico e anatomico manca ai ragazzi sino a 18 anni, soprattutto ai più giovani, un enzima a livello epatico che contribuisce a limitare i danni che l’alcol fa sull’organismo, per questo il coma etilico è più frequente in un ragazzo di 14/15 anni di quanto non sia in un adulto. Eppure, pochi ne sono informati ed è abitudine tra i giovani bere.
Qual è il modo più efficace di informare ragazzi e giovani su questi rischi?
Un esempio virtuoso è la campagna di prevenzione nelle scuole e nei centri sportivi che l’Ordine dei medici di Roma ha lanciato come progetto pilota. Stiamo portando avanti da due anni la campagna, con la finalità di informare in modo semplice ma molto puntuale i ragazzi e i giovani, a partire dall’età di 9 anni fino ai 14/15 anni, quindi già dalla quinta elementare fino a tutte le scuole medie. È
un’informazione che noi offriamo già da piccoli per evitare che i ragazzi possano non conoscere i danni derivanti dall’abuso di sostanze, alcol, azzardo, a causa della disinformazione che corre sui social o anche parlando con dei compagni che a loro volta sono stati disinformati.
Sull’uso di droghe da parte di giovani e giovanissimi incide solo la disinformazione o anche altro?
Queste cose ci sono sempre state, già negli anni degli “hippy”, negli anni Settanta, c’erano centinaia di migliaia di ragazzi che partecipavano ai vari concerti e in quelle occasioni circolavano molte sostanze, non era un uso limitato, ma da allora è cambiata la percentuale di principi psicoattivi che ci sono in queste sostanze create apposta per determinare una immediata dipendenza.
Facciamo un esempio semplice, parliamo della cannabis: il contenuto del principio attivo Thc nella cannabis è aumentato dal 3% degli anni Settanta a circa il 30% attuale. È come se un ragazzo, abituato a bere una birra, con 2 o 3% di unità alcoliche all’interno, si ritrovasse a bere una birra con un 60/70% di unità alcolica, che è la percentuale di un superalcolico. Volutamente si è aumentata la percentuale di sostanze psicoattive perché la dipendenza comporta la necessità di acquistare sempre più frequentemente quella sostanza, è il “mercato” che determina questo aumento.
I trafficanti di morte, di cui ha parlato il Papa…
Certamente, sono degli assassini… Rispetto a chi assume sostanze, ma non solo:
queste sostanze producono l’incapacità di comprendere, nella sua interezza, l’entità dell’offesa che si provoca, con un determinato atto, nei confronti dell’altro. Ecco perché ci sono tutte queste esasperazioni di violenza.
Non è il disagio attuale sociale che determina queste violenze, ma l’uso di queste sostanze, al centro di molti di questi casi di cronaca, ha determinato la perdita della percezione dell’atto offensivo nei confronti dell’altro. Non si comprende che dare un pugno in faccia può determinare un effetto traumatizzante sul cervello, non si comprende che dare una coltellata può determinare la morte, non si comprende che andando a cento all’ora si può determinare un incidente stradale uccidendo anche altri.
La mancanza di empatia, anche in giovanissimi, verso le proprie vittime, in delitti recenti, può essere, quindi, legata all’uso di sostanze?
Sicuramente sì. Quando andiamo nelle scuole, con la nostra campagna, a fare peer education, per informare e educare i giovani, vediamo che sono i ragazzi stessi, una volta resi consapevoli del danno che possono provocare sotto l’effetto di una sostanza da abuso, che dicono ai coetanei che incontrano di non bere, di non prendere sostanze, di non credere all’amico che dice di prenderla perché fa sentire bene.
Insomma, sono loro stessi a porre l’accento sui rischi che queste sostanze e stili di vita possono determinare. Detto da un ragazzo a un suo pari ha molta più importanza ed effetto di quello che può essere detto da una mamma o un papà, da un educatore; infatti, l’educazione tra pari funziona e più giovani sono più riesce a impedire che avvenga un contatto con queste sostanze.
Anche la difficoltà che hanno i ragazzi di uscire dal tunnel delle droghe e delle sostanze dipende dalla forte percentuale di principi psicoattivi che danno la dipendenza?
Esattamente ed è per questo che la criminalità aumenta la percentuale di sostanze psicoattive nel loro interno perché creano una dipendenza più immediata e che richiede sempre un aumento frequente di abuso di sostanze: è un cerchio che la criminalità non desidera che si interrompa perché così si creano dei clienti che cominciano dall’età di 10/11 anni e saranno tali per tutta la vita.
L’unica strada, allora, è la prevenzione, come dicono il Papa e l’Onu…
Noi non vinceremo mai contro la criminalità organizzata, ecco perché l’Onu, il Papa, i medici, le società scientifiche dicono che la possibilità di fermare l’uso si ottiene attraverso una prevenzione primaria precoce.
Dico sempre che bisogna andare nelle scuole e nelle famiglie a dire ai bambini che hanno 8/9 anni che è importante sapere a cosa si va incontro se ti offrono fuori del portone della scuola quel cioccolatino che ha, all’interno, una sostanza drogante.
Informazione e prevenzione camminano insieme…
Costantemente. Nella nostra campagna abbiamo coinvolto la diocesi di Roma attraverso il vicegerente, mons. Baldassarre Reina, e altre personalità stanno collaborando attivamente.
Il nostro obiettivo è rendere nazionale il nostro progetto pilota con il coinvolgimento delle istituzioni del mondo istruzione, dello sport e della salute, concentrando la nostra attenzione a tutti quei consessi in cui i giovani sono più presenti e più attivi.
Il nostro è un intervento che si basa su evidenze scientifiche, non abbiamo ideologie politiche e strumentali, noi divulghiamo un messaggio semplice, scientificamente valido in tutto il mondo. La legalizzazione, come ha detto il Papa, non è un metodo che può limitare l’uso, come dimostra il fatto che molti ragazzi ci chiedono nelle scuole: ma se è legale significa che non fa male? Queste domande aprono scenari pericolosi. Ora molti mondi in cui è stato legalizzato l’uso di queste sostanze stanno facendo marcia indietro. Quello che è destabilizzante è quanto sta avvenendo in Germania dove il 1° aprile hanno legalizzato l’uso della cannabis senza tener conto delle critiche del mondo scientifico